2.2 - Le diverse forme di cooperazione commerciale con partner stranieri


2.2 Le diverse forme di cooperazione commerciale con partner stranieri

La collaborazione commerciale e produttiva con un partner straniero può strutturarsi con modalità molto diverse, che dipendono dalle dimensioni delle imprese, dal settore merceologico, dal Paese straniero e naturalmente alle opportunità e alle scelte. Le possibili soluzioni sono spesso tra loro connesse e suscettibili di evoluzione nel tempo.

In concreto accade spesso che le imprese italiane inizino a vendere i loro prodotti ad alcuni clienti stranieri con cui sono entrate in rapporti in maniera sostanzialmente casuale, magari tramite un procacciatore d’affari, per poi acquisire un certo interesse per determinati mercati stranieri e quindi nominare uno o più agenti commerciali che promuovano stabilmente affari in quei Paesi. A volte invece può accadere che l’impresa inizi nominando un distributore all’estero, per poi decidere di voler essere presente direttamente in quel Paese con una propria società commerciale o addirittura produttiva. Può infatti succedere che un cliente straniero proponga all’impresa italiana di realizzare all’estero una joint venture produttiva o distributiva.

Il contratto di vendita, di cruciale importanza per la sua grande diffusione, è oggetto dei successivi capitoli 4 e 5. Dato il grande impatto che, negli ultimi anni, eventi imprevisti quali la pandemia di COVID-19 e la guerra in Ucraina hanno avuto sui contratti, specie internazionali, si è ritenuto d’interesse dedicare un approfondimento alle norme che regolano queste situazioni e alle clausole che possono risolvere i problemi connessi. Per questo approfondimento si rimanda al capitolo 4 della presente guida.

Più oltre in questo capitolo si esporranno gli aspetti essenziali dei contratti di agenzia, distribuzione e procacciamento d’affari oltre a qualche cenno su alcune altre forme di cooperazione commerciale e produttiva che prevedono una maggiore integrazione tra imprese.

I principali legami contrattuali tra imprese, che realizzano forme di decentramento produttivo

Il concetto di lavorazione per conto, con cui si intende in generale la committenza di fasi di lavorazione del prodotto, normalmente per mezzo di tecnologia propria dell’impresa incaricata, si differenzia dal concetto di subfornitura, che indica i rapporti con i quali il committente affida a un’altra impresa lavorazioni su semilavorati o su materie prime da esso fornite oppure la produzione, in base alla tecnologia del committente, di prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o utilizzati nell’ambito dell’attività del committente (in Italia oggetto della legge 192/1998). Con OEM (Original Equipment Manufacturer) si intende invece la fabbricazione di prodotti standard con il marchio del committente.

Si parla di contratti di trasferimento di tecnologia per indicare rapporti di cooperazione anche complessi, nei quali, in vario modo, si trasferiscono al partner straniero conoscenze che rendono possibili nuove attività o nuove metodologie di lavoro (ad esempio tramite licenze di know how, di brevetti, vendita di macchinari o di servizi di consulenza e di assistenza).

Nell’arricchirsi della complessità dei rapporti tra imprese, si utilizza il generico termine di joint venture contrattuale per indicare contratti di collaborazione senza contenuti predeterminati. Si definisce joint venture societaria quel progetto di cooperazione che prevede la costituzione, all’estero, di una società tra il/i partner italiano e quello/i straniero/i per la produzione o la vendita di beni o per la prestazione di servizi o per la realizzazione di altre attività. La società così formata potrà essere legata da contratti di vario tipo con le società partner (ad esempio, acquisto macchinari, vendita semilavorati, licenze marchio, di brevetto, di know-how, contratti di distribuzione).
Nell’intraprendere iniziative produttive o commerciali all’estero si consiglia comunque, salvo brevi fasi esplorative, la costituzione di una società di diritto locale di forma corrispondente alla nostra società a responsabilità limitata, che consente, con costi contenuti, di evitare rischi di imputazione diretta, sotto profili legali e fiscali, delle attività svolte in loco dall’impresa italiana.

In generale, si consiglia comunque all’impresa italiana di formalizzare gli accordi esistenti tra le parti, non solo al fine di dare prova della loro esistenza e di regolamentare adeguatamente i relativi contenuti, ma anche al fine di evitare pericolose riqualificazioni dei rapporti da parte del giudice in caso di eventuali contenziosi. Infatti il Giudice, nella sua attività di ricostruzione delle fattispecie, potrebbe accertare l’esistenza di un rapporto diverso da quello voluto dalle parti.

Esempio pratico per illustrare la problematica

Nel nostro ordinamento possono essere costituite società di persone anche per fatti concludenti ossia in assenza di un atto costitutivo per iscritto: è il fenomeno delle cosiddette società di fatto. Quindi, se tra due o più soggetti (addirittura società di capitali, secondo l’orientamento più recente della giurisprudenza), si venissero a creare dei legami commerciali piuttosto stretti nei quali ci sia addirittura una compartecipazione ai guadagni o, magari, al rischio di impresa, una condivisione di strumenti o altri elementi tali da connotare una particolare “integrazione” tra le parti, vi è il rischio di una riqualificazione del rapporto in società di fatto, con la conseguenza che dei debiti di tale società di fatto risponderebbero illimitatamente tutti coloro che, secondo il giudice, siano da considerarsi soci. Pertanto la corretta formalizzazione dei rapporti, oltre all’impiego di un adeguato linguaggio e di un adeguato assetto organizzativo, possono dare certezza ai rapporti giuridici ed evitare di ritrovarsi in scenari imprevisti e rischiosi.

 

Condividi su:
Stampa:
Stampa capitolo in un file PDF:
05/09/2023 - 11:58

Aggiornato il: 05/09/2023 - 11:58