Le procedure fiscali di vendita a consumatori finali si differenziano in funzione della destinazione dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE.
Le vendite relative al commercio elettronico indiretto effettuate in Italia sono esonerate:
In pratica, sono escluse dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi.
Sul punto la Risoluzione n. 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate afferma che “Ai fini Iva, la vendita online di beni materiali con spedizione della merce tramite vettore o spedizioniere (c.d. commercio elettronico indiretto) é assimilabile alla vendita per corrispondenza con conseguente esonero dall'obbligo di certificazione fiscale, fermo restando l'obbligo di registrazione dei corrispettivi ai sensi dell'art. 24 D.P.R. n. 633 del 1972”.
Tali concetti sono stati ribaditi dalla Risposta a interpello del 19 Giugno 2019 n. 198.
Poiché il cliente può chiedere l’emissione della fattura, è necessario che il sito Internet dell’impresa venditrice sia predisposto in modo tale che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione, tra i quali il suo codice fiscale. A partire dal 1° gennaio 2019, la fattura (se richiesta dal cliente al momento di effettuazione dell’operazione) deve essere emessa in modalità elettronica con sua trasmissione allo SDI.
Riguardo all’obbligo di richiedere la fattura l’articolo 22, comma 3, del Dpr n. 633/1972, afferma che: “Gli imprenditori che acquistano beni che formano oggetto dell'attività propria dell'impresa da commercianti al minuto ai quali é consentita l'emissione della fattura sono obbligati a richiederla”.
Al riguardo si osserva quanto segue:
In pratica:
Se non viene emessa fattura, il venditore si limita ad annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, Iva compresa, nel registro dei corrispettivi (art. 24 del Dpr 633/1972). L’annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. Valgono altresì le disposizioni recate dal DM 11 agosto 1975, in tema di maggiore termine di registrazione per i soggetti che si avvalgono di sistemi informatici (cfr. Risoluzione n. 228/E del 6 giugno 2008). L’operazione si considera effettuata all’atto della consegna o della spedizione dei prodotti, salvo che anteriormente venga eseguito il pagamento del corrispettivo o venga emessa fattura. Nel caso di utilizzo della carta di credito, il pagamento del corrispettivo si considera effettuato quando il cliente inserisce i dati della sua carta di credito nel formulario informatico messo a disposizione dall’impresa venditrice e, cliccando il tasto invio, dispone il pagamento. Tuttavia, se nelle condizioni generali di vendita viene, ad esempio, previsto che “Il prezzo per l'acquisto dei prodotti e le spese di spedizione e consegna, come indicato nel modulo d'ordine, saranno addebitati sulla tua carta di credito o sul canale di pagamento prescelto, al momento della spedizione dei prodotti acquistati.», è da ritenere che l’operazione si consideri effettuata all’atto della spedizione dei prodotti (coincidente con l’addebito della carta di credito del consumatore finale e l’accredito del conto corrente bancario aziendale dell’impresa venditrice).Se a richiesta dei clienti o per scelta aziendale viene emessa fattura:
Alla luce di tale evoluzione, è consigliabile adottare la soluzione indicata nella citata risposta a interpello.
Secondo l’opinione prevalente è da ritenere che:
In presenza di vendita di beni soggetti ad aliquote d’imposta diverse, è possibile adottare una delle seguenti soluzioni:
Alla luce delle considerazioni sopra delineate, in caso di impresa italiana che ceda i propri beni (mediante internet):
è necessario, pur nell’ambito della medesima attività, adottare due procedure distinte:
Non mancano comunque imprese che preferiscono non operare tale distinzione procedurale, emettendo, volontariamente, fatture elettroniche nei confronti della propria clientela, indipendentemente dal fatto che si tratti di consumatori finali o di operatori economici. In tal caso l’impresa deve annotare le fatture emesse nel registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 del Dpr n. 633/1972. Nel momento in cui anche le imprese che svolgono attività di commercio elettronico saranno tenute a memorizzare e a trasmettere i dati dei corrispettivi giornalieri, è da ritenere che le imprese che hanno volontariamente scelto di emettere fattura elettronica potranno continuare ad adottare tale procedura.
Nel caso di reso di merce, in conseguenza dell’esercizio del diritto di recesso (ove non sia stata emessa la fattura di vendita) il venditore è abilitato a rettificare in meno l’Iva dovuta solo se è possibile individuare il collegamento tra la vendita originaria e la successiva restituzione della merce. Nella Risoluzione 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate viene affermato che, a tale scopo, il venditore deve tenere i documenti dai quali risultino:
Inoltre, mediante la corretta tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, in sede di verifica fiscale, deve essere possibile rilevare la movimentazione fisica del bene che è stato oggetto di restituzione.
Sembra ragionevole ritenere che la procedura sopra indicata possa essere espletata anche nel caso di imprese non tenute alla contabilità di magazzino. Ove, invece, sia stata emessa fattura di vendita, l’impresa venditrice è abilitata a recuperare l’Iva addebitata mediante emissione di nota di variazione in diminuzione, secondo quanto previsto dall’art. 26 del Dpr 633/1972.
L’articolo 38-bis del Dl n. 331/1993, detta la definizione di vendite a distanza affermando che:
Sono altresì escluse dall’ambito di applicazione delle vendite a distanza le cessioni di beni d’occasione e di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato e le cessioni di mezzi di trasporto d’occasione, assoggettati al regime del margine (articolo 37, comma 2, del Dl n. 41/1995, come modificato dal D.Lgs. n. 83/2021).
In base alla definizione sopra riportata risulta che le vendite a distanza di beni in ambito comunitario, si caratterizzano per due elementi:
Alla luce di tale disposizione, in ambito UE, la vendita a distanza NON riguarda soltanto l’ipotesi di vendita mediante un sito internet (e, cioè, il “commercio elettronico indiretto”), ma anche:
Al riguardo la Circolare n. 20 del 13 giugno 2006, afferma che:
“Ciò che caratterizza, in base alla disciplina comunitaria, le cosiddette "vendite a distanza", oltre alla circostanza che l'acquirente e' un "privato", non e' il mezzo tecnologico (fax, telefono, e-mail, ecc...) utilizzato per la conclusione del contratto, ma il fatto che il trasporto della merce venga effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto a destinazione del cliente in un diverso Paese membro.”
E ancora:
“In altre parole, ciò che essenzialmente qualifica, in base alla disciplina comunitaria, le cosiddette "vendite a distanza", é che il trasporto della merce é effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto nei confronti di un acquirente che opera come "privato consumatore", e non tanto la circostanza che nella conclusione del relativo contratto il cliente e il fornitore si avvalgono di mezzi tecnologici di comunicazione a distanza (fax, telefono, e-mail, ecc...). Ne consegue che le cessioni di beni sono ammesse al regime di non imponibilità e devono essere assoggettate ad imposta nello Stato membro di destinazione - anche se concluse presso il punto vendita del fornitore - quando il trasporto a destinazione dell'acquirente in altro Stato membro viene eseguito ad opera del cedente, configurandosi come accessorio all'operazione principale di cessione.” Riguardo ai destinatari di tali vendite occorre distinguere a seconda della tipologia dei beni venduti:
Nel caso di vendita di prodotti NON sottoposti ad accisa, le regole delle vendite a distanza possono essere applicate nei confronti dei seguenti soggetti:
I soggetti in questione se, nel loro Paese, superano la soglia di acquisti intracomunitari di 10.000 euro/anno ci comportano, a tutti gli effetti, come operatori economici; in tale evenienza nei loro confronti tornano applicabili le regole previste per i rapporti B2B. Al riguardo si ricorda che le vendite a distanza NON generano acquisti intracomunitari per i soggetti acquirenti, bensì acquisti interni al Paese di consumo. Di conseguenza, la soglia in questione è generata da altri acquisti effettuati da tali soggetti nel loro Paese di stabilimento.
Nel caso di vendita di prodotti sottoposti ad accisa, le regole delle vendite a distanza possono essere applicate nei confronti dei seguenti soggetti:
N.B. : Per quanto concerne l’applicazione dell’Iva riguardo alle vendite a distanza, occorre tenere presente la soglia comunitaria di protezione di 10.000 euro anno. In pratica:
Al riguardo si osserva che si tratta di una soglia comunitaria e, quindi, nel caso di vendita a distanza di beni fisici e/o di beni digitali per 7.000 euro nei confronti di consumatori finali francesi e di 4.000 euro nei confronti di consumatori finali tedeschi, la soglia si intende superata.
In corso d’anno, la vendita che comporta il debordo della soglia deve essere assoggettata all’Iva del Paese di destinazione; le vendite precedenti restano sottoposte all’Iva del Paese di partenza.
In caso di superamento della soglia nel corso dell’anno, le operazioni già eseguite nel periodo anteriore al superamento si intendono effettuate nello Stato membro di origine. L’imposta verrà applicata secondo il principio di destinazione soltanto a partire dalla cessione che ha determinato il superamento della soglia.
Nel caso di imprese che vendono i propri prodotti sia a operatori economici (B2B) sia a consumatori finali (B2C), il superamento della soglia viene calcolato solo con riferimento a tali ultime tipologie di vendite.
La soglia di 10.000 euro / anno NON si applica:
Nel caso in cui la soglia NON trova applicazione, occorre applicare l’Iva del Paese di consumo qualunque sia l’importo delle operazioni poste in essere.
N. B. : Al fine di applicare l’Iva del Paese di destinazione sono previste due diverse procedure:
Informazioni dettagliate ed esempi fatture sono disponibili nelle seguenti due schede dedicate:
Nel caso di vendita a consumatori finali di Paese extra Ue, l’impresa italiana venditrice:
L’art. 8, primo comma, del Dpr 633/1972 afferma che costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili "Le cessioni [...] eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti".
N.B: La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico).
Al fine di verificare la corretta compilazione della dichiarazione dell’esportazione, è opportuno chiedere allo spedizioniere doganale anche il tracciato del Documento Amministrativo Unico (DAU). In conseguenza del processo di reingegnerizzazione AIDA, il DAU verrà sostituito. Comunque la necessità di controllare il contenuto della dichiarazione di esportazione resta immutata. Riguardo alla merce spedita a mezzo corriere rapido, la Circolare n. 16/D dell’11 maggio 2011, afferma che: “Nel caso di spedizioni di merce in paesi extra-UE le dichiarazioni di esportazione sono intestate normalmente al Corriere Espresso con codice 8 o 9 nella casella 2 (esportatore/speditore) della dichiarazione doganale e ad essa è allegata, come prescritto dalla nota prot. 31544 del 10 ottobre 2008, la distinta dei soggetti intervenuti nella transazione ed altri elementi di identificazione della spedizione. Dall’istruttoria condotta risulta che, una volta effettuata l’operazione di esportazione, i Corrieri espressi inviano ai soggetti intestatari delle fatture presentate a corredo delle dichiarazioni di esportazione, una comunicazione, di regola in formato elettronico, recante, tra gli altri elementi, gli estremi della relativa fattura ed il numero di riferimento della esportazione (M.R.N.), al fine di consentire la verifica sul portale dell’Agenzia delle Dogane dello stato dell’operazione di esportazione. Nel caso in cui da tale verifica il M.R.N. relativo risulti chiuso (uscita conclusa), le fatture ad esso associate sono da considerarsi vistate ai fini della non imponibilità IVA.” 6. la merce giunge nel Paese di destinazione; ove la condizione di resa sia DDP (Delivered Duty Paid) - Incoterms 2010, l’impresa italiana, a mezzo di spedizioniere doganale di tale Paese (o altra figura professionale prevista in tale Paese) deve provvedere a sdoganare la merce, pagando l’eventuale dazio e l’eventuale imposta sugli scambi prevista nel Paese estero (Iva o altra imposta sui consumi) e a recapitare la merce al consumatore finale.
Stante la peculiarità delle normative nazionali, nel caso considerato (vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE), è opportuno condurre un’analisi preventiva caso per caso.
Esempio di fattura di vendita ALFA SRL Corso Palestro n. 5 10122 Torino Capitale sociale 500.000 euro interamente versato Registro imprese, codice fiscale e partita Iva IT ……………………….
Torino, 28 luglio 2022
Fattura n. 350 Egregio Signor Jean Balmat Rue du Mont Blanc, 15 Généve (Svizzera)
Ordine n. ….. del …………. Merce resa DAP - Delivered at place . abitazione del cliente
A Vostro debito per: • piccozza modello Aiguille du Dru: 100,00 euro • ramponi modello Dôme des Neiges 200,00 euro • spese di trasporto e altre spese 10,00 euro Totale a nostro avere 310,00 euro
"Operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del DPR 633/1972"Pagato a mezzo carta di credito in data odierna.
L'esportatore delle merci contemplate nel presente documento (autorizzazione doganale n. ...) dichiara che, salvo indicazione contraria, le merci sono di origine preferenziale unionale.
Annotazione della fattura nel registro fatture emesse: Registro fatture emesse italiano: Totale NI 8/1/a FC IVA 310,00 310,00 0
Jean Balmat, ....
Nel caso in cui il consumatore finale, una volta visionati i beni, receda dal contratto e restituisca gli stessi (in tutto o in parte) all’impresa italiana, a spese di quest’ultima, questa dovrà provvedere a:
In tale evenienza, l’impresa italiana, ai sensi dell’art. 26, c. 2, Dpr 633/1972, ha la facoltà di:
Riguardo alla gestione doganale dei resi, l’Agenzia delle Dogane, con la Determinazione n. 419205/RU del 19 novembre 2020, ha provveduto introdurre una procedura semplificata. L’operatore economico ove rispetti le condizioni soggettive e oggettive previste in tale provvedimento, a seguito di sua specifica istanza:
L’Agenzia delle Dogane ha illustrato la procedura in questione con la Circolare n. 46 del 30 novembre 2020.
A partire dal 1° ottobre 2021 valgono le disposizioni indicate nell’articolo 15 del DM 21 luglio 2021 (vendite a distanza), il quale afferma che:
1. Le vendite di beni diversi dai mezzi di trasporto nuovi, spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione di acquirenti che non agiscono nell'esercizio di imprese, arti e professioni, scontano l'imposta nel Paese di destinazione, quando il cedente nel corso dell'anno solare precedente ha posto in essere vendite a distanza nei confronti di soggetti dell'altro Stato per un ammontare complessivo superiore a 28.000 euro e sempreché tale limite non sia stato superato nell'anno in corso. Al di sotto della predetta soglia, tuttavia, il cedente può optare per l'applicazione dell'imposta nel Paese di destinazione dei beni. 2. Gli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Italia esercitano l'opzione per il pagamento dell'imposta nella Repubblica di San Marino secondo le modalità e i termini previsti dall'art. 41, comma 1, lettera b), quarto periodo, del decreto-legge n. 331 del 1993.