3.2.1 - Vendita di beni a consumatori finali


Le procedure fiscali di vendita a consumatori finali si differenziano in funzione della destinazione dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE.

Vendita a consumatori finali italiani 

Le vendite relative al commercio elettronico indiretto effettuate in Italia sono esonerate:  

  • dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 22, c. 1 del Dpr 633/1972)
  • dall’obbligo di memorizzazione e di trasmissione dei dati dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate; nulla vieta, tuttavia, che l’impresa provveda ad eseguire tale adempimento in via volontaria (Risposta a interpello n. 416 del 28 settembre 2020)
  • dall’obbligo di emissione del documento commerciale (DM 10 maggio 2019, come modificato dal DM 24 dicembre 2019)

In pratica, sono escluse dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi.

Sul punto la Risoluzione n. 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate afferma che “Ai fini Iva, la vendita online di beni materiali con spedizione della merce tramite vettore o spedizioniere (c.d. commercio elettronico indiretto) é assimilabile alla vendita per corrispondenza con conseguente esonero dall'obbligo di certificazione fiscale, fermo restando l'obbligo di registrazione dei corrispettivi ai sensi dell'art. 24 D.P.R. n. 633 del 1972”.

Tali concetti sono stati ribaditi dalla Risposta a interpello del 19 Giugno 2019 n. 198.

Poiché il cliente può chiedere l’emissione della fattura, è necessario che il sito Internet dell’impresa venditrice sia predisposto in modo tale che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione, tra i quali il suo codice fiscale. A partire dal 1° gennaio 2019, la fattura (se richiesta dal cliente al momento di effettuazione dell’operazione) deve essere emessa in modalità elettronica con sua trasmissione allo SDI.

Riguardo all’obbligo di richiedere la fattura l’articolo 22, comma 3, del Dpr n. 633/1972, afferma che: “Gli imprenditori che acquistano beni che formano oggetto dell'attività propria dell'impresa da commercianti al minuto ai quali é consentita l'emissione della fattura sono obbligati a richiederla”.

Al riguardo si osserva quanto segue:

  • Nel caso di punto di vendita fisso volto a vendere prodotti a consumatori finali (ad esempio, supermercato), il cliente operatore economico, se si tratta di prodotti oggetto dell’attività propria dell’impresa, deve chiedere l’emissione della fattura
  • Nel caso della vendita on line, è da ritenere che prevalga la regola generale circa l’obbligo da parte del venditore di predisporre due diverse procedure, una per la vendita a consumatori finali e l’altra per la vendita a operatori economici

In pratica:

  • Se la fattura viene richiesta da un soggetto che acquista i beni in qualità di consumatore finale, egli deve comunicare all’impresa venditrice il proprio codice fiscale
  • Se la fattura viene richiesta da un soggetto che acquista i beni nell’ambito della propria attività di impresa, arte o professione, egli deve comunicare all’impresa venditrice la propria partita Iva

Se non viene emessa fattura, il venditore si limita ad annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, Iva compresa, nel registro dei corrispettivi (art. 24 del Dpr 633/1972). L’annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. Valgono altresì le disposizioni recate dal DM 11 agosto 1975, in tema di maggiore termine di registrazione per i soggetti che si avvalgono di sistemi informatici (cfr. Risoluzione n. 228/E del 6 giugno 2008). L’operazione si considera effettuata all’atto della consegna o della spedizione dei prodotti, salvo che anteriormente venga eseguito il pagamento del corrispettivo o venga emessa fattura. Nel caso di utilizzo della carta di credito, il pagamento del corrispettivo si considera effettuato quando il cliente inserisce i dati della sua carta di credito nel formulario informatico messo a disposizione dall’impresa venditrice e, cliccando il tasto invio, dispone il pagamento. Tuttavia, se nelle condizioni generali di vendita viene, ad esempio, previsto che “Il prezzo per l'acquisto dei prodotti e le spese di spedizione e consegna, come indicato nel modulo d'ordine, saranno addebitati sulla tua carta di credito o sul canale di pagamento prescelto, al momento della spedizione dei prodotti acquistati.», è da ritenere che l’operazione si consideri effettuata all’atto della spedizione dei prodotti (coincidente con l’addebito della carta di credito del consumatore finale e l’accredito del conto corrente bancario aziendale dell’impresa venditrice).

Se a richiesta dei clienti o per scelta aziendale viene emessa fattura:

  • Secondo l’articolo 22, secondo comma del Dpr n. 633/1972 e la vecchia Circolare n. 3 del 15 gennaio 1973 i relativi importi al lordo dell’imposta devono essere compresi nell’ammontare complessivo giornaliero; sul registro dei corrispettivi è però necessario indicare: comprese le fatture dal n. …. al n. …. successive Risoluzioni consentivano tuttavia al contribuente di annotare le fatture sul registro delle fatture emesse.
  • Secondo, invece,  la recente risposta a interpello n. 198 del 19 giugno 2019, risulta che le fatture emesse devono essere annotate nel registro delle fatture emesse.

Alla luce di tale evoluzione, è consigliabile adottare la soluzione indicata nella citata risposta a interpello.

Secondo l’opinione prevalente è da ritenere che:

  • Nel registro delle fatture emesse vengono annotare le fatture emesse B2C, a richiesta dei clienti o per scelta aziendale;
  • Nel registro dei corrispettivi vengono annotati i corrispettivi per i quali non è stata emessa la fattura.

In presenza di vendita di beni soggetti ad aliquote d’imposta diverse, è possibile adottare una delle seguenti soluzioni:

  • eseguire l’annotazione dei corrispettivi distinguendo gli stessi secondo l’aliquota applicata
  • riguardo ad alcune tipologie di prodotti, nel rispetto delle condizioni previste, eseguire l’annotazione dei corrispettivi senza distinzione per aliquote, con successiva ripartizione degli stessi in sede di liquidazione in proporzione degli acquisti (cd. “ventilazione”, Dm 24 febbraio 1973)

Alla luce delle considerazioni sopra delineate, in caso di impresa italiana che ceda i propri beni (mediante internet):

  • sia a consumatori finali italiani (commercio al minuto)
  • sia a operatori economici italiani (commercio all’ingrosso)

è necessario, pur nell’ambito della medesima attività, adottare due procedure distinte:

  • Vendita a consumatori finali: commercio al dettaglio; registro dei corrispettivi (e registro delle fatture emesse per le fatture eventualmente emesse); emissione della fattura a richiesta del cliente
  • Vendita a operatori economici: commercio all’ingrosso; registro delle fatture emesse; fatturazione obbligatoria

Non mancano comunque imprese che preferiscono non operare tale distinzione procedurale, emettendo, volontariamente, fatture elettroniche nei confronti della propria clientela, indipendentemente dal fatto che si tratti di consumatori finali o di operatori economici. In tal caso l’impresa deve annotare le fatture emesse nel registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 del Dpr n. 633/1972. Nel momento in cui anche le imprese che svolgono attività di commercio elettronico saranno tenute a memorizzare e a trasmettere i dati dei corrispettivi giornalieri, è da ritenere che le imprese che hanno volontariamente scelto di emettere fattura elettronica potranno continuare ad adottare tale procedura.

Nel caso di reso di merce,  in conseguenza dell’esercizio del diritto di recesso (ove non sia stata emessa la fattura di vendita) il venditore è abilitato a rettificare in meno l’Iva dovuta solo se è possibile individuare il collegamento tra la vendita originaria e la successiva restituzione della merce. Nella Risoluzione 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate viene affermato che, a tale scopo, il venditore deve tenere i documenti dai quali risultino:

  • le generalità del soggetto acquirente
  • l’ammontare del prezzo rimborsato
  • il codice di bene ceduto
  • il codice di reso

Inoltre, mediante la corretta tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, in sede di verifica fiscale, deve essere possibile rilevare la movimentazione fisica del bene che è stato oggetto di restituzione.

Sembra ragionevole ritenere che la procedura sopra indicata possa essere espletata anche nel caso di imprese non tenute alla contabilità di magazzino. Ove, invece, sia stata emessa fattura di vendita, l’impresa venditrice è abilitata a recuperare l’Iva addebitata mediante emissione di nota di variazione in diminuzione, secondo quanto previsto dall’art. 26 del Dpr 633/1972.

Vendita a consumatori finali di altri paesi UE 

L’articolo 38-bis del Dl n. 331/1993, detta la definizione di vendite a distanza affermando che:

  1. Per vendite a distanza intracomunitarie di beni si intendono le cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione di persone fisiche non soggetti d'imposta o a destinazione dei soggetti nei cui confronti sono effettuate cessioni non imponibili ai sensi dell'articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero, con esclusione dei beni soggetti ad accisa, a destinazione di cessionari, soggetti passivi o non soggetti passivi, che non sono tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa.
  2. (…)
  3. Le disposizioni dei commi 1… non si applicano:
    1. alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi
    2. alle cessioni di beni da installare, montare o assiemare a cura del fornitore o per suo conto nello Stato di arrivo della spedizione o del trasporto.

Sono altresì escluse dall’ambito di applicazione delle vendite a distanza le cessioni di beni d’occasione e di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato e le cessioni di mezzi di trasporto d’occasione, assoggettati al regime del margine (articolo 37, comma 2, del Dl n. 41/1995, come modificato dal D.Lgs. n. 83/2021).

In base alla definizione sopra riportata risulta che le vendite a distanza di beni in ambito comunitario, si caratterizzano per due elementi:

  • il trasporto dei beni a carico del venditore
  • il fatto che l’acquirente dei beni deve essere un consumatore finale o un soggetto al medesimo assimilato

Alla luce di tale disposizione, in ambito UE, la vendita a distanza NON riguarda soltanto l’ipotesi di vendita mediante un sito internet (e, cioè, il “commercio elettronico indiretto”), ma anche:

  • La vendita di beni a consumatori finali di altro Paese Ue, con contratto concluso mediante scambio di corrispondenza o per telefono, con trasporto a carico dell’impresa italiana
  • La vendita presso un punto vendita italiano ma con invio della merce al consumatore finale di altro Paese Ue a cura o a spese dell’impresa venditrice italiana

Al riguardo la Circolare n. 20 del 13 giugno 2006, afferma che:

“Ciò che caratterizza, in base alla disciplina comunitaria, le cosiddette "vendite a distanza", oltre alla circostanza che l'acquirente e' un "privato", non e' il mezzo tecnologico (fax, telefono, e-mail, ecc...) utilizzato per la conclusione del contratto, ma il fatto che il trasporto della merce venga effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto a destinazione del cliente in un diverso Paese membro.”

E ancora:

“In altre  parole,  ciò  che  essenzialmente  qualifica,  in  base alla disciplina comunitaria,   le  cosiddette  "vendite  a  distanza",  é  che  il trasporto della  merce  é  effettuato  direttamente  dal  fornitore o per suo conto nei  confronti  di un acquirente che opera come "privato consumatore", e non tanto  la  circostanza  che  nella  conclusione  del relativo contratto il cliente e  il  fornitore  si avvalgono di mezzi tecnologici di comunicazione a distanza (fax,  telefono,  e-mail,  ecc...).  Ne  consegue  che le cessioni di  beni sono  ammesse   al   regime   di   non  imponibilità  e  devono  essere assoggettate ad  imposta  nello  Stato  membro  di  destinazione  -  anche  se concluse presso  il  punto  vendita  del  fornitore  -  quando  il trasporto a destinazione dell'acquirente  in  altro  Stato  membro viene eseguito ad opera del cedente,  configurandosi  come  accessorio  all'operazione  principale  di cessione.”

Riguardo ai destinatari di tali vendite occorre distinguere a seconda della tipologia dei beni venduti:

  • vendita di prodotti NON sottoposti ad accisa
  • vendita di prodotti sottoposti ad accisa

Nel caso di vendita di prodotti NON sottoposti ad accisa, le regole delle vendite a distanza possono essere applicate nei confronti dei seguenti soggetti:

  • vendite nei confronti di persone fisiche NON soggetti passivi d’imposta (privati consumatori)
  • vendite nei confronti degli organismi internazionali e consolari individuati in conformità all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE; si tratta delle cessioni eseguite nell’ambito delle relazioni diplomatiche e consolari, delle cessioni eseguite nei confronti degli organismi dell’Unione Europea, della NATO, etc.; si tratta degli organismi internazionali di cui all’articolo 72, comma 1, del Dpr n. 633/1972 n. 633
  • vendite nei confronti di cessionari non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa; si tratta dei seguenti soggetti (cosiddetti “Gruppo dei 4”):
    • soggetti passivi assoggettati al regime forfetario dei produttori agricoli di cui all’articolo 34 del Dpr n. 633/1972 che NON abbiano optato per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari
    • soggetti passivi che effettuano unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi che non danno alcun diritto alla detrazione dell’Iva subita a monte (soggetti che operano in regime di totale esenzione, soggetti minimi e forfetari); quindi con IVA totalmente indetraibile
    • soggetti passivi assoggettati al regime del margine
    • enti NON soggetti passivi (enti NON commerciali puri)

I soggetti in questione se, nel loro Paese, superano la soglia di acquisti intracomunitari di 10.000 euro/anno ci comportano, a tutti gli effetti, come operatori economici; in tale evenienza nei loro confronti tornano applicabili le regole previste per i rapporti B2B. Al riguardo si ricorda che le vendite a distanza NON generano acquisti intracomunitari per i soggetti acquirenti, bensì acquisti interni al Paese di consumo. Di conseguenza, la soglia in questione è generata da altri acquisti effettuati da tali soggetti nel loro Paese di stabilimento.

Nel caso di vendita di prodotti sottoposti ad accisa, le regole delle vendite a distanza possono essere applicate nei confronti dei seguenti soggetti:

  • vendite nei confronti di persone fisiche NON soggetti passivi d’imposta (privati consumatori)
  • vendite nei confronti degli organismi internazionali e consolari individuati in conformità all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE; si tratta delle cessioni eseguite nell’ambito delle relazioni diplomatiche e consolari, delle cessioni eseguite nei confronti degli organismi dell’Unione Europea, della NATO, etc.; si tratta degli organismi internazionali di cui all’articolo 72, comma 1, del Dpr n. 633/1972 n. 633

N.B. :   Per quanto concerne l’applicazione dell’Iva riguardo alle vendite a distanza, occorre tenere presente la soglia comunitaria di protezione di 10.000 euro anno. In pratica:

  • sino alla soglia di 10.000 euro/anno, calcolata quale sommatoria delle vendite a distanza (beni fisici) e dei servizi elettronici (“beni digitali”) si applica l’Iva italiana, salvo opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di destinazione
  • oltre tale soglia occorre applicare l’Iva del Paese di destinazione

Al riguardo si osserva che si tratta di una soglia comunitaria e, quindi, nel caso di vendita a distanza di beni fisici e/o di beni digitali per 7.000 euro nei confronti di consumatori finali francesi e di 4.000 euro nei confronti di consumatori finali tedeschi, la soglia si intende superata.

In corso d’anno, la vendita che comporta il debordo della soglia deve essere assoggettata all’Iva del Paese di destinazione; le vendite precedenti restano sottoposte all’Iva del Paese di partenza.

In caso di superamento della soglia nel corso dell’anno, le operazioni già eseguite nel periodo anteriore al superamento si intendono effettuate nello Stato membro di origine. L’imposta verrà applicata secondo il principio di destinazione soltanto a partire dalla cessione che ha determinato il superamento della soglia.

Nel caso di imprese che vendono i propri prodotti sia a operatori economici (B2B) sia a consumatori finali (B2C), il superamento della soglia viene calcolato solo con riferimento a tali ultime tipologie di vendite.

La soglia di 10.000 euro / anno NON si applica:

  • se l’impresa italiana venditrice on line possiede una stabile organizzazione in altro Paese Ue; in altri termini, occorre essere STABILITI in un solo Paese Ue
  • se l’impresa italiana venditrice on line possiede dei depositi logistici in altri Paesi Ue, mediante i quali esegue vendite a distanza verso altri Paesi Ue; in pratica, affinché operi la soglia, l’impresa italiana venditrice on line deve essere stabilita in un solo Paese Ue e i prodotti devono essere inviati ai consumatori partendo da tale Paese Ue
  • se l’impresa italiana esegue prestazioni di servizi, diversi dai servizi TTE, nei confronti di consumatori finali di altri Paesi Ue (ad esempio: prestazioni edili e altre prestazioni che si considerano effettuate nel Paese del consumatore)

Nel caso in cui la soglia NON trova applicazione, occorre applicare l’Iva del Paese di consumo qualunque sia l’importo delle operazioni poste in essere.

N. B. : Al fine di applicare l’Iva del Paese di destinazione sono previste due diverse procedure:

  • la procedura dello sportello unico (“OSS”- One Stop Shop”), disciplinata dall’articolo 74-sexies del Dpr n. 633/1972
  • la procedura tradizionale che comporta l’apertura della posizione Iva nei singoli Paesi di destinazione, disciplinata dall’articolo 41, comma 1, lettera b), del Dl  n. 331/1993

Informazioni dettagliate ed esempi fatture sono disponibili nelle seguenti due schede dedicate:

Vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE

Nel caso di vendita a consumatori finali di Paese extra Ue, l’impresa italiana venditrice:

  • Deve scegliere con quale condizione di resa INCOTERMS 2020 vendere la merce: in genere, DAP (merce resa nel Paese estero NON sdoganata all’arrivo) o DDP (merce resa nel Paese estero sdoganata all’arrivo);
  • Deve verificare (esame Paese per Paese) l’esistenza di procedure specifiche previste dalla normativa del Paese di destinazione (regole specifiche sono previste, ad esempio, da Svizzera, Norvegia e Regno Unito);
  • Nel caso di vendita a consumatori finali di Paesi con i quali sono in vigore accordi daziari, deve verificare se i beni venduti possono qualificarsi come beni di «origine preferenziale comunitaria», nel qual caso provvede ad attestare tale origine (in genere: dichiarazione in fattura);
  • Deve dichiarare la merce per l’esportazione definitiva dall’Italia (operazione non imponibile articolo 8/1/a del Dpr n. 633/1972); in genere la dichiarazione doganale viene presentata a mezzo di uno spedizioniere doganale; deve recuperare la prova di avvenuta esportazione;
  • Nel caso di vendita con resa DDP deve curare anche l’importazione nel Paese extra Ue di destinazione;

L’art. 8, primo comma, del Dpr 633/1972 afferma che costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili "Le cessioni [...] eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti".

N.B: La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico).

Esempio di svolgimento dell’operazione ed esempio di fattura di vendita:

  1. il cliente estero ordina la merce, accedendo al sito Internet dell’impresa italiana venditrice, carica i propri dati identificativi, ed esegue il pagamento a mezzo carta di credito o con altro strumento
  2. l’impresa italiana venditrice emette la fattura (immediata) nei confronti del cliente estero, recante la menzione “operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del Dpr 633/1972” e la annota sul registro fatture emesse
  3. l’impresa italiana venditrice, a mezzo corriere o altro vettore, predispone il collo per l’invio della merce al consumatore finale
  4. la merce viene dichiarata per l’esportazione definitiva, normalmente, a mezzo di spedizioniere doganale; ove si tratti di consumatore finale localizzato in Paesi con i quali la UE ha stipulato accordi doganali di carattere preferenziale e la merce, alla luce di tali accordi, possa essere qualificata di origine preferenziale comunitaria, al fine di non gravare il prezzo finale del bene di dazio (o di ridurre l’importo di quest’ultimo), è opportuno apporre in fattura la dichiarazione prevista dell’accordo (in genere, se spedizione di importo non superiore a 6.000 euro) o scortare l’invio della merce con il modello EUR 1 (o il modello ATR in caso di invio in Turchia) il quale attesta la posizione di merce in libera pratica. Per esportare in Canada o in Giappone per importi superiori a 6000 euro, l'esportatore deve presentare domanda all'Agenzia delle Dogane per l'iscrizione al REX.
  5. l’impresa italiana deve entrare in possesso della prova di avvenuta esportazione; a tal fine occorre chiedere allo spedizioniere doganale copia del Documento Accompagnamento Esportazione (DAE), recante il Movement Reference Number (MRN) e occorre controllare, mediante il sito Internet dell’Agenzia delle dogane, il risultato di uscita, stampandolo e tenendolo agli atti:   http://www.agenziadogane.it   [Selezionare Servizi on line, Tracciamento di movimento di operazioni di transito – MRN]

Al fine di verificare la corretta compilazione della dichiarazione dell’esportazione, è opportuno chiedere allo spedizioniere doganale anche il tracciato del Documento Amministrativo Unico (DAU).
In conseguenza del processo di reingegnerizzazione AIDA, il DAU verrà sostituito.  Comunque la necessità di controllare il contenuto della dichiarazione di esportazione resta immutata. 
Riguardo alla merce spedita a mezzo corriere rapido, la Circolare n. 16/D dell’11 maggio 2011, afferma che:  “Nel caso di spedizioni di merce in paesi extra-UE le dichiarazioni di esportazione sono  intestate normalmente  al Corriere Espresso con codice 8 o 9 nella casella 2 (esportatore/speditore) della dichiarazione doganale e ad essa è allegata, come prescritto dalla nota prot. 31544 del 10 ottobre 2008,   la distinta dei soggetti intervenuti nella transazione ed altri elementi di identificazione della spedizione. Dall’istruttoria condotta risulta che, una volta effettuata l’operazione di esportazione, i Corrieri espressi inviano ai soggetti intestatari delle fatture presentate a corredo delle dichiarazioni di esportazione, una comunicazione, di regola in formato elettronico, recante, tra gli altri elementi, gli estremi della relativa fattura ed il numero di riferimento della esportazione (M.R.N.), al fine di consentire la verifica sul portale dell’Agenzia delle Dogane dello stato dell’operazione di esportazione. Nel caso in cui da tale verifica il M.R.N. relativo risulti chiuso (uscita conclusa), le fatture ad esso associate sono da considerarsi vistate ai fini della non imponibilità IVA.”
       6.  la merce giunge nel Paese di destinazione; ove la condizione di resa sia DDP (Delivered Duty Paid) - Incoterms 2010, l’impresa italiana, a mezzo di spedizioniere doganale di tale Paese (o altra figura professionale prevista in tale Paese) deve provvedere a sdoganare la merce, pagando l’eventuale dazio e l’eventuale imposta sugli scambi prevista nel Paese estero (Iva o altra imposta sui consumi) e a recapitare la merce al consumatore finale.

Stante la peculiarità delle normative nazionali, nel caso considerato (vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE), è opportuno condurre un’analisi preventiva caso per caso.

Esempio di fattura di vendita
ALFA SRL
Corso Palestro n. 5
10122 Torino               
Capitale sociale 500.000 euro interamente versato
Registro imprese, codice fiscale e partita Iva IT ……………………….

                                                                                                   Torino, 28 luglio 2022

Fattura n. 350                
Egregio Signor               
Jean Balmat
Rue du Mont Blanc, 15                
Généve (Svizzera)

Ordine n. ….. del ………….
Merce resa DAP - Delivered at place . abitazione del cliente

A Vostro debito per:
•   piccozza modello Aiguille du Dru:       100,00 euro
•   ramponi modello Dôme des Neiges    200,00 euro
•   spese di trasporto e altre spese           10,00  euro
Totale a nostro avere                                310,00 euro

"Operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del DPR 633/1972"
Pagato a mezzo carta di credito in data odierna.

L'esportatore delle merci contemplate nel presente documento (autorizzazione doganale n. ...) dichiara che, salvo indicazione contraria, le merci sono di origine preferenziale unionale.

Annotazione della fattura nel registro fatture emesse:
Registro fatture emesse italiano:
Totale        NI 8/1/a     FC IVA
310,00       310,00      0

Jean Balmat, ....

Nel caso in cui il consumatore finale, una volta visionati i beni, receda dal contratto e restituisca gli stessi (in tutto o in parte) all’impresa italiana, a spese di quest’ultima, questa dovrà provvedere a:

  • curare l’esportazione dal Paese estero
  • curare il rientro in Italia, dichiarando i beni per l’importazione definitiva, oppure adottando la soluzione del rientro in franchigia doganale di cui all’art. 68, c. 1, lett. d, del Dpr 633/1972

In tale evenienza, l’impresa italiana, ai sensi dell’art. 26, c. 2, Dpr 633/1972, ha la facoltà di:

  • emettere nota credito ai sensi dell’art. 8, c. 1, lett. a, Dpr 633/1972, a storno (totale o parziale) della fattura previamente emessa (soluzione consigliata)
  • oppure di limitarsi a gestire il reso in contabilità generale (e in contabilità di magazzino). In tale evenienza l’impresa italiana deve comunque provvedere a rettificare in diminuzione l’ammontare del plafond per il periodo d’imposta successivo

Riguardo alla gestione doganale dei resi, l’Agenzia delle Dogane, con la Determinazione n. 419205/RU del 19 novembre 2020, ha provveduto  introdurre una procedura semplificata. L’operatore economico ove rispetti le condizioni soggettive e oggettive previste in tale provvedimento, a seguito di sua specifica istanza:

  • viene iscritto in un apposito elenco istituito presso la Direzione Dogane denominato: “RETRELIEF (Returned goods – Relief from import duty)”. L’iscrizione è effettuata in via preventiva ed ha validità annuale;
  • in virtù di tale iscrizione i controlli riguardanti le merci di ritorno sono effettuati prevalentemente a posteriori, anche presso il soggetto autorizzato, mediante verifiche periodiche. I benefici in questione possono essere riconosciuti anche quando le operazioni di export e di successiva reintroduzione in franchigia sono effettuate per conto del soggetto autorizzato da un terzo, mediante dichiarazione della merce in rappresentanza indiretta.

L’Agenzia delle Dogane ha illustrato la procedura in questione con la Circolare n. 46 del 30 novembre 2020.

Vendita a consumatori finali della Repubblica di San Marino

A partire dal 1° ottobre  2021 valgono le disposizioni  indicate nell’articolo 15 del DM 21 luglio 2021 (vendite a distanza), il quale afferma che:

1. Le vendite di beni diversi dai mezzi di trasporto nuovi, spediti o trasportati  dal  fornitore  o  per  suo  conto,  anche  quando  il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella  spedizione dei beni, a partire da uno Stato diverso da quello  di  arrivo  della spedizione o del trasporto  a  destinazione  di  acquirenti  che  non agiscono nell'esercizio di  imprese,  arti  e  professioni,  scontano l'imposta nel Paese di destinazione,  quando  il  cedente  nel  corso dell'anno solare precedente ha posto in essere vendite a distanza nei confronti di soggetti dell'altro Stato per un  ammontare  complessivo superiore a 28.000 euro  e  sempreché  tale  limite  non  sia  stato superato nell'anno in corso.  Al  di  sotto  della  predetta  soglia, tuttavia, il cedente può optare per l'applicazione dell'imposta  nel Paese di destinazione dei beni. 
2. Gli operatori economici aventi sede, residenza  o  domicilio  in Italia esercitano  l'opzione  per  il  pagamento  dell'imposta  nella Repubblica di San Marino secondo le modalità e  i  termini  previsti dall'art. 41, comma 1, lettera b), quarto periodo, del  decreto-legge n. 331 del 1993.

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03/02/2022 - 10:13

Aggiornato il: 03/02/2022 - 10:13