Il semplice scostamento dei ricavi o compensi dichiarati, rispetto a quelli identificati dallo studio di settore, di per sé non dimostra nulla e non comporta alcuna procedura automatica di adeguamento tributario.1
Solo se ulteriori riscontri confermano che i ricavi o compensi effettivi sono realmente superiori a quelli dichiarati, l’Agenzia delle Entrate può ricorrere alle risultanze degli studi di settore e chiedere che sia il contribuente a dimostrarne l’inapplicabilità al suo caso.
In tal caso, appunto, spetta al contribuente dimostrare che – per la sua specifica situazione in un determinato esercizio – le risultanze degli studi di settore non possono essere applicate alla propria situazione, o comunque forniscono informazioni inattendibili.
Comunque, prima di procedere all’accertamento, l’Agenzia delle Entrate deve invitare il contribuente a comparire, per tentare una definizione della situazione in contraddittorio, attraverso l’istituto del concordato. Già in quest’occasione, sarà possibile – anzi, consigliabile – dimostrare all’Agenzia delle Entrate le circostanze che, considerata la specifica situazione del contribuente, rendono inapplicabile al suo caso lo studio di settore.
Se però il contribuente non si presenta all’invito a comparire, l’Agenzia delle Entrate è legittimata a procedere all’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli studi di settore, senza motivare ulteriormente la propria pretesa tributaria.
Il contradditorio preventivo con l’Ufficio delle Entrate è dunque estremamente importante, perché rappresenta il momento fondamentale nel quale il contribuente può far valere le proprie ragioni.
1 Lo scostamento rispetto al risultato parametrico costituisce infatti solamente una presunzione semplice, priva dei requisiti che la legge richiede affinché un fatto possa essere considerato come una prova nel processo tributario.