3.3.2 - La contabilità semplificata


In base all’inquadramento civilistico non è prevista una contabilità semplificata. Tale agevolazione, quindi, è esclusivamente di carattere fiscale.
 
In base all’inquadramento fiscale possono adottarla tutti gli imprenditori ad eccezione di:

• società e enti commerciali soggetti ad Ires,
• persone fisiche e società di persone che nell’esercizio precedente hanno conseguito ricavi superiori a:
- € 400.000, se esercitano attività di servizi,
- € 700.000, se esercitano altre attività,
cioè praticamente tutti coloro che non sono tenuti obbligatoriamente a tenere una contabilità ordinaria (c.d. «imprese minori»).

In caso di contabilità semplificata i libri obbligatori sono gli stessi della contabilità ordinaria (e con le stesse avvertenze) ma senza:

• il libro giornale;
• il libro inventari.

I Libri Iva devono essere integrati con le annotazioni ai fini delle imposte sui redditi delle operazioni non soggette ad Iva.

Le annotazioni integrative nei Libri Iva sono relative a:
• componenti positivi e negativi non soggetti ad Iva (interessi passivi e attivi, assicurazioni, ecc.);
• rettifiche apportate a costi e ricavi secondo il criterio di competenza (fatture da emettere o da ricevere, ratei e risconti attivi e passivi, ecc.);1
• accantonamenti TFR;
• ammortamenti di beni strumentali ad utilizzo pluriennale;
• valore delle rimanenze finali di merci, materie prime, semilavorati e prodotti finiti, con la distinta indicazione per categorie omogenee.

Dal 1997 è poi prevista la facoltà di non tenere l’apposito Libro dei beni ammortizzabili, purché le annotazioni relative a tali beni siano annotate nel Libro Iva acquisti.2

Dal 2002 è prevista una ulteriore semplificazione: non è necessario annotare gli ammortamenti sul Libro Iva acquisti purché il contribuente sia in grado, su richiesta dell’Amministrazione Finanziaria, di fornire un prospetto redatto in maniera sistematica contenente i medesimi dati previsti nel Libro dei beni ammortizzabili.

Il termine per la stampa dei libri è lo stesso che per la contabilità ordinaria.


1 Il risconto è una quota di costo o di ricavo non ancora maturata, ma che ha già avuto la sua manifestazione finanziaria.
Si parla di risconto attivo nel caso di un costo già sostenuto, ma parzialmente di competenza dell’esercizio successivo (es. affitti e premi assicurativi pagati anticipatamente).
Si avrà invece un risconto passivo nel caso di un ricavo già conseguito, ma – parzialmente o totalmente – di competenza dell’esercizio successivo (es. interessi attivi percepiti anticipatamente).
Il rateo è una quota di ricavi o costi già maturati, ma non ancora rilevati, poiché la loro manifestazione finanziaria avrà luogo in esercizi futuri.
Si parla di rateo attivo nel caso di un ricavo la cui manifestazione finanziaria avverrà in un esercizio successivo, ma che è in parte di competenza dell’esercizio in corso (es. la quota di interessi
attivi maturati a fine esercizio su un finanziamento erogato, il cui incasso effettivo avverrà nell’esercizio o negli esercizi successivi).
Si avrà invece un rateo passivo nel caso di un costo che avrà la propria manifestazione finanziaria in un esercizio successivo, anche se in parte di competenza economica dell’esercizio in corso (es. la quota di affitto passivo maturata a fine esercizio, il cui pagamento effettivo avverrà nell’esercizio o negli esercizi successivi).

2Determinandone ugualmente la deducibilità degli ammortamenti.

Cosa comporta la contabilità semplificata

A differenza della contabilità ordinaria, quella semplificata comporta:
• l’indeducibilità degli accantonamenti, con esclusione dell’accantonamento relativo al TFR dei lavoratori dipendenti;
• in caso di fallimento, data la mancanza delle scritture previste dalla normativa civilistica (Libro giornale e Libro inventari), è prevista l’imputazione del reato di bancarotta semplice.1

Anche per la contabilità semplificata delle imprese il principio cardine è quello della competenza economica; tale principio, tuttavia, è stato recentemente «sfumato» dal c.d. «decreto sviluppo» che – in un’ottica di semplificazione per le imprese minori – ha inserito una nuova disposizione, secondo la quale «i costi, concernenti contratti a corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta, (…) sono deducibili nell’esercizio in cui è stato ricevuto il documento probatorio. Tale disposizione si applica solo nel caso in cui l’importo del costo indicato dal documento di spesa non sia superiore a euro 1.000».2

Quindi, a titolo esemplificativo, tralasciando i quesiti interpretativi che la norma ha già suscitato – per i quali si attendono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate – sarà possibile, per una impresa minore che riceva una bolletta telefonica di euro 400 relativa al periodo dicembre 2011-gennaio 2012, «spesarla» interamente nel primo esercizio, cioè considerarla come costo dell’esercizio 2011.

Dalla fine del 2001 è stato abolito l’obbligo di vidimazione e bollatura iniziale dei Libri giornale e inventari (se utilizzati) e dei registri obbligatori ai fini delle imposte dirette e dell’Iva (rimane sempre obbligatoria quella per i Libri sociali).

Permane poi l’obbligo di bollatura in caso d’uso del Libro giornale e del Libro inventari (ma non per il Libro beni ammortizzabili e i Libri Iva).

Resta comunque l’obbligo della numerazione delle pagine, che può avvenire anche subito prima dell’utilizzo di ciascuna pagina e deve essere progressiva per ogni anno (ad ogni cambio di anno ricomincia la numerazione).

Passaggio dalla semplificata all’ordinaria e viceversa

È possibile passare dalla contabilità semplificata a quella ordinaria:
• per scelta del contribuente: mediante «comportamento concludente» (cioè attraverso la manifestazione tacita della propria volontà) e successiva opzione esplicita nella dichiarazione Iva relativa all’anno per cui si è tenuta la contabilità ordinaria;
• per superamento dei limiti dimensionali: dall’anno successivo a quello del superamento.
Se per i due anni successivi non si superano tali limiti, è possibile tornare alla contabilità semplificata.


1Reclusione da sei mesi a due anni se l’imprenditore – oltre ad altri casi – durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta (art. 217 regio decreto 16 marzo 1942 n. 267).
2Articolo 7, comma 2, del d.l. 70/2011.

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09/11/2015 - 12:45

Aggiornato il: 09/11/2015 - 12:45