3.2 - Come costruire un progetto d'impresa


Un business plan è composto da tre parti fondamentali:

• la prima parte, di carattere introduttivo;
• la seconda parte, di carattere tecnico-operativo;
• la terza parte, di carattere quantitativo-monetario.

La prima parte del progetto

La prima parte del business plan, di carattere introduttivo:
• descrive sinteticamente l’idea d’impresa e come essa è nata e si è sviluppata;
• fa riferimento a fattori di tipo soggettivo: deve evidenziare, cioè, le caratteristiche personali (attitudini, aspirazioni, motivazioni) e professionali (studi effettuati, esperienze lavorative, competenze tecniche ecc.) del soggetto o dei soggetti promotori.

La credibilità dell’aspirante imprenditore è estremamente importante: perciò il progetto d’impresa deve fornire, nella sua prima parte, un profilo significativo dei titolari.
Dobbiamo mettere in evidenza quelle qualità personali che possono costituire veri e propri «assi nella manica» per il successo dell’iniziativa: know-how, attitudini di leadership, doti organizzative e di creatività, capacità di lavorare in gruppo, di trattare con le persone, ecc.

La seconda parte del progetto

Presentarsi non basta. Occorre anche offrire un quadro chiaro e convincente di quello che vogliamo fare e di come e dove vogliamo farlo.
La seconda parte, dunque, fa riferimento a fattori di tipo oggettivo e deve precisare la fattibilità tecnica e operativa del progetto.
In questa parte dobbiamo descrivere in dettaglio:
• il prodotto o il servizio;
• gli strumenti produttivi (tecnologie, impianti, macchinari ecc.) e il processo di produzione dei beni o di erogazione dei servizi;
• l’ambiente in cui pensiamo di operare (concorrenti, fornitori, intermediari commerciali ecc.) e il mercato in cui pensiamo di vendere (clienti);
• la struttura aziendale (forma giuridica, numero addetti, organizzazione, localizzazione ecc.).

Ma non è sufficiente avere le idee chiare su ciò che vogliamo fare e come. Dobbiamo sapere anche quanto denaro ci vuole per realizzare i nostri obiettivi e quali profitti ci potrà garantire la nostra futura attività.
Occorre quindi evidenziare:
• le risorse finanziarie previste per gli investimenti (risorse proprie, eventuali provvidenze agevolative, eventuali finanziamenti bancari o di investitori esterni, ecc.);
• gli utili previsti e a partire da quando.
È molto importante l’attendibilità delle informazioni e dei dati riportati in questa parte del progetto.

La terza parte del progetto

I fatti sono il tribunale delle idee, diceva un grande filosofo. Nel caso dell’impresa, possiamo ben dire che le cifre sono il «tribunale dell’immaginazione».
Ora dobbiamo dimostrare i dati enunciati nella parte tecnico-operativa del business plan. Per fare questo il nostro progetto deve essere «tradotto» in termini quantitativo-monetari, attraverso una serie di prospetti di stato patrimoniale e di conto economico.
Questi devono individuare, su un orizzonte di almeno tre anni, l’entità di:
investimenti: «attività» o «impieghi di risorse»;
finanziamenti: «passività» o «fonti di risorse»;
reddito: risultato del bilancio di esercizio, che può essere positivo («utile», quando i ricavi superano i costi) o negativo («perdita», nel caso contrario);
flussi di cassa o «cash-flow» (differenza tra entrate e uscite monetarie registrate in un determinato periodo).
In pratica occorre fare il bilancio dell’impresa prima ancora di essere effettivamente partiti.

A questo punto, il percorso diventa – per la maggior parte di noi – estremamente difficoltoso. La redazione del bilancio preventivo infatti è un processo caratterizzato da una intrinseca complessità tecnica e presuppone conoscenze approfondite di contabilità e «partita doppia».  Questa fase – senza dubbio la più critica dell’intero processo di creazione d’impresa – verrà approfondita in dettaglio nel cap. 10, «La fattibilità economica».

Per ora ci limitiamo a dire che la costruzione del bilancio preventivo prevede la stesura:
• di preventivi parziali: sono relativi ad ogni funzione aziendale (produttiva, commerciale, amministrativa, ecc.: preventivo di produzione, preventivo di marketing, preventivo degli investimenti, ecc.);
• del preventivo globale (relativo cioè all’impresa nel suo complesso).
Una volta redatti i preventivi parziali, questi confluiscono nei preventivi di sintesi – preventivo economico, preventivo finanziario, preventivo patrimoniale – che rappresentano formalmente dei preventivi di lungo periodo e che costituiscono, nel loro complesso, il preventivo globale.

Mettere a punto il progetto

Abbiamo detto che l’analisi di pre-fattibilità ci consente di misurare a grandi linee il grado di rischio a cui andiamo incontro. Ovviamente, un progetto di impresa ben fatto è molto più preciso e indica in modo quasi infallibile le «zone oscure» della nostra idea. E questo ci permette di «aggiustare il tiro» prima ancora di aver sparato il primo colpo, cioè prima dello «start-up» (l’avvio effettivo della nuova impresa).

Tutte le correzioni di tiro, come si sa, procedono sempre per tentativi. Il progetto d’impresa, infatti, non è definito fin dall’inizio, né è immutabile. Al contrario costituisce una sorta di «work in progress», caratterizzato dalla necessità di costante verifica, revisione ed adattamento delle ipotesi di partenza.

Creare un’impresa è, dunque, un processo graduale, da percorrere passo per passo. Prima a livello di progetto, poi con il lavoro di tutti i giorni. Per questo il bilancio preventivo è detto anche «bilancio pro forma»: tale espressione indica appunto che si tratta di una bozza non definitiva, di un lavoro in continuo divenire; almeno finché la simulazione del funzionamento dell’impresa nei primi tre anni di vita non mostrerà il livello di rischio più basso possibile.

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09/11/2015 - 11:20

Aggiornato il: 09/11/2015 - 11:20