Ricordiamo che secondo l’inquadramento civilistico le attività di lavoro autonomo vengono svolte tramite il «contratto d’opera», che si ha «Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente (…)» (artt. 2222 e seguenti c.c.).
Secondo l’inquadramento fiscale, invece, il reddito da lavoro autonomo è quello che deriva dall’esercizio di arti e professioni.
La definizione di tale concetto è di natura residuale: è l’esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività lavorative diverse da quelle di impresa o di lavoro dipendente (art. 53 TUIR).
Pertanto, gli elementi caratterizzanti di tale tipo di lavoro sono:
• la residualità (rispetto all’impresa); • l’autonomia (rispetto al lavoro dipendente)
Come accennato nel capitolo 1, le attività di collaborazione a progetto rappresentano una sorta di «ibrido» fra il lavoro autonomo e quello dipendente: in tali casi si parla, infatti, di contratti e/o lavoratori parasubordinati. In questa sede, quindi, parleremo esclusivamente del reddito da esercizio di arti e professioni.
I lavoratori autonomi propriamente detti (esercenti arti e professioni) sono coloro che:
• svolgono attività artistiche ed intellettuali esercitate in maniera professionale ed abituale (anche in forma associata): commercialisti, notai, avvocati, ingegneri, architetti, consulenti informatici, psicologi, artisti, ecc.; • forniscono prestazioni sportive oggetto di contratti di lavoro autonomo: atleti, calciatori, fantini, piloti da corsa, ecc.; • percepiscono diritti di utilizzazione economica, in quanto inventori o autori, di opere dell’ingegno (brevetti, disegni, opere letterarie, musicali, ecc.); • percepiscono utili da associazioni in partecipazione (nei casi di apporto di solo lavoro); • percepiscono utili in qualità di fondatori e/o promotori di Società per azioni, Società a responsabilità limitata, Società in accomandita per azioni.