3 - Aspetti fiscali del commercio elettronico di beni fisici


In questo capitolo prenderemo in esame gli aspetti fiscali del commercio elettronico indiretto, ossia della vendita tramite Internet di beni fisici.

Il commercio elettronico indiretto (vendita di beni fisici) presenta delicati risvolti di carattere doganale e fiscale.

Le procedure fiscali di vendita si differenziano in funzione:

  • della tipologia del soggetto acquirente (consumatore finale B2C o operatore economico B2B)

  • del Paese di invio dei beni (Italia, Paese UE o Paese extra-UE)

  • della natura dei prodotti oggetto dell’operazione (prodotti diversi da quelli sottoposti ad accisa o prodotti sottoposti ad accisa, come ad esempio bevande alcoliche e tabacchi)

  • e, riguardo alle vendite nell'ambito comunitario, del regime fiscale adottato (regime tradizionale o regime speciale OSS - One Stop Shop)

    L’argomento verrà esaminato tenendo presenti le differenziazioni sopra indicate.

    Per quanto riguarda i prodotti sottoposti ad accisa l’analisi sarà limitata al vino e alle altre bevande alcoliche.

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25/01/2022 - 16:41

Aggiornato il: 25/01/2022 - 16:41

3.1 - Scelte operative a disposizione dell’impresa


Per l’impresa che intenda vendere i propri prodotti mediante internet, le principali soluzioni a disposizione sono le seguenti:

• utilizzo di un  negozio virtuale messo a disposizione da un'impresa specializzata (“Market-place”); ad esempio: AMAZON, ALIBABA, E-BAY, Etc.;
• attribuzione in outsourcing della gestione del proprio sito a un’impresa specializzata: ad esempio, nel settore dell’abbigliamento, YOOX (oggi YNAP - Yoox Net-a-Porter);
• predisposizione di un proprio sito internet su una piattaforma di commercio elettronico messa a disposizione da una società specializzata. Ad esempio: SHOPIFY
• allestimento di un proprio sito internet in totale autonomia
utilizzo di più soluzioni: ad esempio, presenza su AMAZON e su piattaforma di e-commerce, etc.


Qualunque sia la scelta, la gestione fiscale e doganale delle operazioni compete al venditore on line. Esistono anche eccezioni: AMAZON, ad esempio, offre il servizio di gestione della fatturazione attiva, almeno riguardo alle operazioni in ambito Unione Europea. Spetta tuttavia all’impresa venditrice on line svolgere gli adempimenti successivi (annotazione delle fatture sui registri Iva, liquidazione periodica Iva, etc.).

Normalmente, nel caso delle PMI,  si incomincia con la prima soluzione e poi, se la cosa funziona, si passa alle soluzioni successive.

Ad esempio, facendo un confronto tra AMAZON e SHOPIFY risulta quanto segue:

AMAZON

AMAZON oltre a operare in proprio offre il servizio di Market Place.
Per utilizzare AMAZON è necessario creare un ACCOUNT VENDITORE.
Sotto il profilo degli adempimenti legali (condizioni generali di vendita, informativa privacy, politica cookies, etc.) AMAZON prevede le sue regole; il venditore, con l’aiuto di un esperto legale, deve verificare CHI FA COSA.
L’impresa che decide di vendere i propri prodotti su AMAZON può scegliere tra due modalità di vendita, la cui differenza riguarda la gestione della logistica e della spedizione della merce:
FBA – Fulfilled By Amazon (compiuto /realizzato da Amazon): FBA gestisce sia l’inventario (magazzino) che la spedizione dei prodotti; due possibilità:
Programma paneuropeo di logistica Amazon: la merce viene spedita dall’Italia al consumatore finale al momento della vendita; 
Rete logistica europea: la merce viene dislocata da AMAZON nei vari Paesi Ue nei quali essa possiede un deposito; tale modalità operativa obbliga l’impresa italiana venditrice ad aprire posizioni Iva in tutti i Paesi Ue di dislocazione della merce;
FBM – Fulfilled By Merchant (compiuto / realizzato dal venditore): l’inventario (magazzino) e la spedizione sono gestiti direttamente dal venditore o tramite terzi.
AMAZON, riguardo a entrambe le sopra esposte modalità, mette a disposizione il negozio virtuale e il servizio di incasso dei corrispettivi.


SHOPIFY

E’ una delle più diffuse piattaforme on line utilizzabili per creare un sito di e-commerce.
Per utilizzare SHOPIFY è necessario creare un ACCOUNT.
La piattaforma SHOPIFY è particolarmente indicata per le medie – grandi imprese. Essa permette di creare un negozio virtuale secondo le specifiche necessità dell’impresa.
SHOPIFY, sotto il profilo degli adempimenti legali, mette a disposizione del venditore una specifica sezione nella quale il medesimo, con l’aiuto di un legale,  carica:
• Le condizioni generali di vendita;
• La politica in tema di informativa privacy e dei cookies.
Anche in questo caso, il venditore, con l’aiuto di un esperto legale, deve verificare CHI FA COSA

Volendo confrontare i due strumenti:
AMAZON è paragonabile ad un centro commerciale con tanti negozi (virtuali) che vendono i loro prodotti;
SHOPIFY è paragonabile ad un negozio ubicato in uno specifico fabbricato.

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25/01/2022 - 16:49

Aggiornato il: 25/01/2022 - 16:49

3.2 - Commercio elettronico di beni fisici escluse le bevande alcoliche


Le procedure fiscali e doganali di vendita si differenziano, come già accennato, in base alla tipologia di acquirente e in funzione del Paese di invio dei beni. Prenderemo dunque in esame il commercio elettronico di beni fisici a consumatori finali e a operatori economici, entrambi analizzati rispetto alle possibili destinazioni.

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13/11/2017 - 15:19

Aggiornato il: 13/11/2017 - 15:19

3.2.1 - Vendita di beni a consumatori finali


Le procedure fiscali di vendita a consumatori finali si differenziano in funzione della destinazione dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE.

Vendita a consumatori finali italiani 

Le vendite relative al commercio elettronico indiretto effettuate in Italia sono esonerate:  

  • dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 22, c. 1 del Dpr 633/1972)
  • dall’obbligo di memorizzazione e di trasmissione dei dati dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate; nulla vieta, tuttavia, che l’impresa provveda ad eseguire tale adempimento in via volontaria (Risposta a interpello n. 416 del 28 settembre 2020)
  • dall’obbligo di emissione del documento commerciale (DM 10 maggio 2019, come modificato dal DM 24 dicembre 2019)

In pratica, sono escluse dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi.

Sul punto la Risoluzione n. 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate afferma che “Ai fini Iva, la vendita online di beni materiali con spedizione della merce tramite vettore o spedizioniere (c.d. commercio elettronico indiretto) é assimilabile alla vendita per corrispondenza con conseguente esonero dall'obbligo di certificazione fiscale, fermo restando l'obbligo di registrazione dei corrispettivi ai sensi dell'art. 24 D.P.R. n. 633 del 1972”.

Tali concetti sono stati ribaditi dalla Risposta a interpello del 19 Giugno 2019 n. 198.

Poiché il cliente può chiedere l’emissione della fattura, è necessario che il sito Internet dell’impresa venditrice sia predisposto in modo tale che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione, tra i quali il suo codice fiscale. A partire dal 1° gennaio 2019, la fattura (se richiesta dal cliente al momento di effettuazione dell’operazione) deve essere emessa in modalità elettronica con sua trasmissione allo SDI.

Riguardo all’obbligo di richiedere la fattura l’articolo 22, comma 3, del Dpr n. 633/1972, afferma che: “Gli imprenditori che acquistano beni che formano oggetto dell'attività propria dell'impresa da commercianti al minuto ai quali é consentita l'emissione della fattura sono obbligati a richiederla”.

Al riguardo si osserva quanto segue:

  • Nel caso di punto di vendita fisso volto a vendere prodotti a consumatori finali (ad esempio, supermercato), il cliente operatore economico, se si tratta di prodotti oggetto dell’attività propria dell’impresa, deve chiedere l’emissione della fattura
  • Nel caso della vendita on line, è da ritenere che prevalga la regola generale circa l’obbligo da parte del venditore di predisporre due diverse procedure, una per la vendita a consumatori finali e l’altra per la vendita a operatori economici

In pratica:

  • Se la fattura viene richiesta da un soggetto che acquista i beni in qualità di consumatore finale, egli deve comunicare all’impresa venditrice il proprio codice fiscale
  • Se la fattura viene richiesta da un soggetto che acquista i beni nell’ambito della propria attività di impresa, arte o professione, egli deve comunicare all’impresa venditrice la propria partita Iva

Se non viene emessa fattura, il venditore si limita ad annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, Iva compresa, nel registro dei corrispettivi (art. 24 del Dpr 633/1972). L’annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. Valgono altresì le disposizioni recate dal DM 11 agosto 1975, in tema di maggiore termine di registrazione per i soggetti che si avvalgono di sistemi informatici (cfr. Risoluzione n. 228/E del 6 giugno 2008). L’operazione si considera effettuata all’atto della consegna o della spedizione dei prodotti, salvo che anteriormente venga eseguito il pagamento del corrispettivo o venga emessa fattura. Nel caso di utilizzo della carta di credito, il pagamento del corrispettivo si considera effettuato quando il cliente inserisce i dati della sua carta di credito nel formulario informatico messo a disposizione dall’impresa venditrice e, cliccando il tasto invio, dispone il pagamento. Tuttavia, se nelle condizioni generali di vendita viene, ad esempio, previsto che “Il prezzo per l'acquisto dei prodotti e le spese di spedizione e consegna, come indicato nel modulo d'ordine, saranno addebitati sulla tua carta di credito o sul canale di pagamento prescelto, al momento della spedizione dei prodotti acquistati.», è da ritenere che l’operazione si consideri effettuata all’atto della spedizione dei prodotti (coincidente con l’addebito della carta di credito del consumatore finale e l’accredito del conto corrente bancario aziendale dell’impresa venditrice).

Se a richiesta dei clienti o per scelta aziendale viene emessa fattura:

  • Secondo l’articolo 22, secondo comma del Dpr n. 633/1972 e la vecchia Circolare n. 3 del 15 gennaio 1973 i relativi importi al lordo dell’imposta devono essere compresi nell’ammontare complessivo giornaliero; sul registro dei corrispettivi è però necessario indicare: comprese le fatture dal n. …. al n. …. successive Risoluzioni consentivano tuttavia al contribuente di annotare le fatture sul registro delle fatture emesse.
  • Secondo, invece,  la recente risposta a interpello n. 198 del 19 giugno 2019, risulta che le fatture emesse devono essere annotate nel registro delle fatture emesse.

Alla luce di tale evoluzione, è consigliabile adottare la soluzione indicata nella citata risposta a interpello.

Secondo l’opinione prevalente è da ritenere che:

  • Nel registro delle fatture emesse vengono annotare le fatture emesse B2C, a richiesta dei clienti o per scelta aziendale;
  • Nel registro dei corrispettivi vengono annotati i corrispettivi per i quali non è stata emessa la fattura.

In presenza di vendita di beni soggetti ad aliquote d’imposta diverse, è possibile adottare una delle seguenti soluzioni:

  • eseguire l’annotazione dei corrispettivi distinguendo gli stessi secondo l’aliquota applicata
  • riguardo ad alcune tipologie di prodotti, nel rispetto delle condizioni previste, eseguire l’annotazione dei corrispettivi senza distinzione per aliquote, con successiva ripartizione degli stessi in sede di liquidazione in proporzione degli acquisti (cd. “ventilazione”, Dm 24 febbraio 1973)

Alla luce delle considerazioni sopra delineate, in caso di impresa italiana che ceda i propri beni (mediante internet):

  • sia a consumatori finali italiani (commercio al minuto)
  • sia a operatori economici italiani (commercio all’ingrosso)

è necessario, pur nell’ambito della medesima attività, adottare due procedure distinte:

  • Vendita a consumatori finali: commercio al dettaglio; registro dei corrispettivi (e registro delle fatture emesse per le fatture eventualmente emesse); emissione della fattura a richiesta del cliente
  • Vendita a operatori economici: commercio all’ingrosso; registro delle fatture emesse; fatturazione obbligatoria

Non mancano comunque imprese che preferiscono non operare tale distinzione procedurale, emettendo, volontariamente, fatture elettroniche nei confronti della propria clientela, indipendentemente dal fatto che si tratti di consumatori finali o di operatori economici. In tal caso l’impresa deve annotare le fatture emesse nel registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 del Dpr n. 633/1972. Nel momento in cui anche le imprese che svolgono attività di commercio elettronico saranno tenute a memorizzare e a trasmettere i dati dei corrispettivi giornalieri, è da ritenere che le imprese che hanno volontariamente scelto di emettere fattura elettronica potranno continuare ad adottare tale procedura.

Nel caso di reso di merce,  in conseguenza dell’esercizio del diritto di recesso (ove non sia stata emessa la fattura di vendita) il venditore è abilitato a rettificare in meno l’Iva dovuta solo se è possibile individuare il collegamento tra la vendita originaria e la successiva restituzione della merce. Nella Risoluzione 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate viene affermato che, a tale scopo, il venditore deve tenere i documenti dai quali risultino:

  • le generalità del soggetto acquirente
  • l’ammontare del prezzo rimborsato
  • il codice di bene ceduto
  • il codice di reso

Inoltre, mediante la corretta tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, in sede di verifica fiscale, deve essere possibile rilevare la movimentazione fisica del bene che è stato oggetto di restituzione.

Sembra ragionevole ritenere che la procedura sopra indicata possa essere espletata anche nel caso di imprese non tenute alla contabilità di magazzino. Ove, invece, sia stata emessa fattura di vendita, l’impresa venditrice è abilitata a recuperare l’Iva addebitata mediante emissione di nota di variazione in diminuzione, secondo quanto previsto dall’art. 26 del Dpr 633/1972.

Vendita a consumatori finali di altri paesi UE 

L’articolo 38-bis del Dl n. 331/1993, detta la definizione di vendite a distanza affermando che:

  1. Per vendite a distanza intracomunitarie di beni si intendono le cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione di persone fisiche non soggetti d'imposta o a destinazione dei soggetti nei cui confronti sono effettuate cessioni non imponibili ai sensi dell'articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero, con esclusione dei beni soggetti ad accisa, a destinazione di cessionari, soggetti passivi o non soggetti passivi, che non sono tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa.
  2. (…)
  3. Le disposizioni dei commi 1… non si applicano:
    1. alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi
    2. alle cessioni di beni da installare, montare o assiemare a cura del fornitore o per suo conto nello Stato di arrivo della spedizione o del trasporto.

Sono altresì escluse dall’ambito di applicazione delle vendite a distanza le cessioni di beni d’occasione e di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato e le cessioni di mezzi di trasporto d’occasione, assoggettati al regime del margine (articolo 37, comma 2, del Dl n. 41/1995, come modificato dal D.Lgs. n. 83/2021).

In base alla definizione sopra riportata risulta che le vendite a distanza di beni in ambito comunitario, si caratterizzano per due elementi:

  • il trasporto dei beni a carico del venditore
  • il fatto che l’acquirente dei beni deve essere un consumatore finale o un soggetto al medesimo assimilato

Alla luce di tale disposizione, in ambito UE, la vendita a distanza NON riguarda soltanto l’ipotesi di vendita mediante un sito internet (e, cioè, il “commercio elettronico indiretto”), ma anche:

  • La vendita di beni a consumatori finali di altro Paese Ue, con contratto concluso mediante scambio di corrispondenza o per telefono, con trasporto a carico dell’impresa italiana
  • La vendita presso un punto vendita italiano ma con invio della merce al consumatore finale di altro Paese Ue a cura o a spese dell’impresa venditrice italiana

Al riguardo la Circolare n. 20 del 13 giugno 2006, afferma che:

“Ciò che caratterizza, in base alla disciplina comunitaria, le cosiddette "vendite a distanza", oltre alla circostanza che l'acquirente e' un "privato", non e' il mezzo tecnologico (fax, telefono, e-mail, ecc...) utilizzato per la conclusione del contratto, ma il fatto che il trasporto della merce venga effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto a destinazione del cliente in un diverso Paese membro.”

E ancora:

“In altre  parole,  ciò  che  essenzialmente  qualifica,  in  base alla disciplina comunitaria,   le  cosiddette  "vendite  a  distanza",  é  che  il trasporto della  merce  é  effettuato  direttamente  dal  fornitore o per suo conto nei  confronti  di un acquirente che opera come "privato consumatore", e non tanto  la  circostanza  che  nella  conclusione  del relativo contratto il cliente e  il  fornitore  si avvalgono di mezzi tecnologici di comunicazione a distanza (fax,  telefono,  e-mail,  ecc...).  Ne  consegue  che le cessioni di  beni sono  ammesse   al   regime   di   non  imponibilità  e  devono  essere assoggettate ad  imposta  nello  Stato  membro  di  destinazione  -  anche  se concluse presso  il  punto  vendita  del  fornitore  -  quando  il trasporto a destinazione dell'acquirente  in  altro  Stato  membro viene eseguito ad opera del cedente,  configurandosi  come  accessorio  all'operazione  principale  di cessione.”

Riguardo ai destinatari di tali vendite occorre distinguere a seconda della tipologia dei beni venduti:

  • vendita di prodotti NON sottoposti ad accisa
  • vendita di prodotti sottoposti ad accisa

Nel caso di vendita di prodotti NON sottoposti ad accisa, le regole delle vendite a distanza possono essere applicate nei confronti dei seguenti soggetti:

  • vendite nei confronti di persone fisiche NON soggetti passivi d’imposta (privati consumatori)
  • vendite nei confronti degli organismi internazionali e consolari individuati in conformità all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE; si tratta delle cessioni eseguite nell’ambito delle relazioni diplomatiche e consolari, delle cessioni eseguite nei confronti degli organismi dell’Unione Europea, della NATO, etc.; si tratta degli organismi internazionali di cui all’articolo 72, comma 1, del Dpr n. 633/1972 n. 633
  • vendite nei confronti di cessionari non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa; si tratta dei seguenti soggetti (cosiddetti “Gruppo dei 4”):
    • soggetti passivi assoggettati al regime forfetario dei produttori agricoli di cui all’articolo 34 del Dpr n. 633/1972 che NON abbiano optato per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari
    • soggetti passivi che effettuano unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi che non danno alcun diritto alla detrazione dell’Iva subita a monte (soggetti che operano in regime di totale esenzione, soggetti minimi e forfetari); quindi con IVA totalmente indetraibile
    • soggetti passivi assoggettati al regime del margine
    • enti NON soggetti passivi (enti NON commerciali puri)

I soggetti in questione se, nel loro Paese, superano la soglia di acquisti intracomunitari di 10.000 euro/anno ci comportano, a tutti gli effetti, come operatori economici; in tale evenienza nei loro confronti tornano applicabili le regole previste per i rapporti B2B. Al riguardo si ricorda che le vendite a distanza NON generano acquisti intracomunitari per i soggetti acquirenti, bensì acquisti interni al Paese di consumo. Di conseguenza, la soglia in questione è generata da altri acquisti effettuati da tali soggetti nel loro Paese di stabilimento.

Nel caso di vendita di prodotti sottoposti ad accisa, le regole delle vendite a distanza possono essere applicate nei confronti dei seguenti soggetti:

  • vendite nei confronti di persone fisiche NON soggetti passivi d’imposta (privati consumatori)
  • vendite nei confronti degli organismi internazionali e consolari individuati in conformità all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE; si tratta delle cessioni eseguite nell’ambito delle relazioni diplomatiche e consolari, delle cessioni eseguite nei confronti degli organismi dell’Unione Europea, della NATO, etc.; si tratta degli organismi internazionali di cui all’articolo 72, comma 1, del Dpr n. 633/1972 n. 633

N.B. :   Per quanto concerne l’applicazione dell’Iva riguardo alle vendite a distanza, occorre tenere presente la soglia comunitaria di protezione di 10.000 euro anno. In pratica:

  • sino alla soglia di 10.000 euro/anno, calcolata quale sommatoria delle vendite a distanza (beni fisici) e dei servizi elettronici (“beni digitali”) si applica l’Iva italiana, salvo opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di destinazione
  • oltre tale soglia occorre applicare l’Iva del Paese di destinazione

Al riguardo si osserva che si tratta di una soglia comunitaria e, quindi, nel caso di vendita a distanza di beni fisici e/o di beni digitali per 7.000 euro nei confronti di consumatori finali francesi e di 4.000 euro nei confronti di consumatori finali tedeschi, la soglia si intende superata.

In corso d’anno, la vendita che comporta il debordo della soglia deve essere assoggettata all’Iva del Paese di destinazione; le vendite precedenti restano sottoposte all’Iva del Paese di partenza.

In caso di superamento della soglia nel corso dell’anno, le operazioni già eseguite nel periodo anteriore al superamento si intendono effettuate nello Stato membro di origine. L’imposta verrà applicata secondo il principio di destinazione soltanto a partire dalla cessione che ha determinato il superamento della soglia.

Nel caso di imprese che vendono i propri prodotti sia a operatori economici (B2B) sia a consumatori finali (B2C), il superamento della soglia viene calcolato solo con riferimento a tali ultime tipologie di vendite.

La soglia di 10.000 euro / anno NON si applica:

  • se l’impresa italiana venditrice on line possiede una stabile organizzazione in altro Paese Ue; in altri termini, occorre essere STABILITI in un solo Paese Ue
  • se l’impresa italiana venditrice on line possiede dei depositi logistici in altri Paesi Ue, mediante i quali esegue vendite a distanza verso altri Paesi Ue; in pratica, affinché operi la soglia, l’impresa italiana venditrice on line deve essere stabilita in un solo Paese Ue e i prodotti devono essere inviati ai consumatori partendo da tale Paese Ue
  • se l’impresa italiana esegue prestazioni di servizi, diversi dai servizi TTE, nei confronti di consumatori finali di altri Paesi Ue (ad esempio: prestazioni edili e altre prestazioni che si considerano effettuate nel Paese del consumatore)

Nel caso in cui la soglia NON trova applicazione, occorre applicare l’Iva del Paese di consumo qualunque sia l’importo delle operazioni poste in essere.

N. B. : Al fine di applicare l’Iva del Paese di destinazione sono previste due diverse procedure:

  • la procedura dello sportello unico (“OSS”- One Stop Shop”), disciplinata dall’articolo 74-sexies del Dpr n. 633/1972
  • la procedura tradizionale che comporta l’apertura della posizione Iva nei singoli Paesi di destinazione, disciplinata dall’articolo 41, comma 1, lettera b), del Dl  n. 331/1993

Informazioni dettagliate ed esempi fatture sono disponibili nelle seguenti due schede dedicate:

Vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE

Nel caso di vendita a consumatori finali di Paese extra Ue, l’impresa italiana venditrice:

  • Deve scegliere con quale condizione di resa INCOTERMS 2020 vendere la merce: in genere, DAP (merce resa nel Paese estero NON sdoganata all’arrivo) o DDP (merce resa nel Paese estero sdoganata all’arrivo);
  • Deve verificare (esame Paese per Paese) l’esistenza di procedure specifiche previste dalla normativa del Paese di destinazione (regole specifiche sono previste, ad esempio, da Svizzera, Norvegia e Regno Unito);
  • Nel caso di vendita a consumatori finali di Paesi con i quali sono in vigore accordi daziari, deve verificare se i beni venduti possono qualificarsi come beni di «origine preferenziale comunitaria», nel qual caso provvede ad attestare tale origine (in genere: dichiarazione in fattura);
  • Deve dichiarare la merce per l’esportazione definitiva dall’Italia (operazione non imponibile articolo 8/1/a del Dpr n. 633/1972); in genere la dichiarazione doganale viene presentata a mezzo di uno spedizioniere doganale; deve recuperare la prova di avvenuta esportazione;
  • Nel caso di vendita con resa DDP deve curare anche l’importazione nel Paese extra Ue di destinazione;

L’art. 8, primo comma, del Dpr 633/1972 afferma che costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili "Le cessioni [...] eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti".

N.B: La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico).

Esempio di svolgimento dell’operazione ed esempio di fattura di vendita:

  1. il cliente estero ordina la merce, accedendo al sito Internet dell’impresa italiana venditrice, carica i propri dati identificativi, ed esegue il pagamento a mezzo carta di credito o con altro strumento
  2. l’impresa italiana venditrice emette la fattura (immediata) nei confronti del cliente estero, recante la menzione “operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del Dpr 633/1972” e la annota sul registro fatture emesse
  3. l’impresa italiana venditrice, a mezzo corriere o altro vettore, predispone il collo per l’invio della merce al consumatore finale
  4. la merce viene dichiarata per l’esportazione definitiva, normalmente, a mezzo di spedizioniere doganale; ove si tratti di consumatore finale localizzato in Paesi con i quali la UE ha stipulato accordi doganali di carattere preferenziale e la merce, alla luce di tali accordi, possa essere qualificata di origine preferenziale comunitaria, al fine di non gravare il prezzo finale del bene di dazio (o di ridurre l’importo di quest’ultimo), è opportuno apporre in fattura la dichiarazione prevista dell’accordo (in genere, se spedizione di importo non superiore a 6.000 euro) o scortare l’invio della merce con il modello EUR 1 (o il modello ATR in caso di invio in Turchia) il quale attesta la posizione di merce in libera pratica. Per esportare in Canada o in Giappone per importi superiori a 6000 euro, l'esportatore deve presentare domanda all'Agenzia delle Dogane per l'iscrizione al REX.
  5. l’impresa italiana deve entrare in possesso della prova di avvenuta esportazione; a tal fine occorre chiedere allo spedizioniere doganale copia del Documento Accompagnamento Esportazione (DAE), recante il Movement Reference Number (MRN) e occorre controllare, mediante il sito Internet dell’Agenzia delle dogane, il risultato di uscita, stampandolo e tenendolo agli atti:   http://www.agenziadogane.it   [Selezionare Servizi on line, Tracciamento di movimento di operazioni di transito – MRN]

Al fine di verificare la corretta compilazione della dichiarazione dell’esportazione, è opportuno chiedere allo spedizioniere doganale anche il tracciato del Documento Amministrativo Unico (DAU).
In conseguenza del processo di reingegnerizzazione AIDA, il DAU verrà sostituito.  Comunque la necessità di controllare il contenuto della dichiarazione di esportazione resta immutata. 
Riguardo alla merce spedita a mezzo corriere rapido, la Circolare n. 16/D dell’11 maggio 2011, afferma che:  “Nel caso di spedizioni di merce in paesi extra-UE le dichiarazioni di esportazione sono  intestate normalmente  al Corriere Espresso con codice 8 o 9 nella casella 2 (esportatore/speditore) della dichiarazione doganale e ad essa è allegata, come prescritto dalla nota prot. 31544 del 10 ottobre 2008,   la distinta dei soggetti intervenuti nella transazione ed altri elementi di identificazione della spedizione. Dall’istruttoria condotta risulta che, una volta effettuata l’operazione di esportazione, i Corrieri espressi inviano ai soggetti intestatari delle fatture presentate a corredo delle dichiarazioni di esportazione, una comunicazione, di regola in formato elettronico, recante, tra gli altri elementi, gli estremi della relativa fattura ed il numero di riferimento della esportazione (M.R.N.), al fine di consentire la verifica sul portale dell’Agenzia delle Dogane dello stato dell’operazione di esportazione. Nel caso in cui da tale verifica il M.R.N. relativo risulti chiuso (uscita conclusa), le fatture ad esso associate sono da considerarsi vistate ai fini della non imponibilità IVA.”
       6.  la merce giunge nel Paese di destinazione; ove la condizione di resa sia DDP (Delivered Duty Paid) - Incoterms 2010, l’impresa italiana, a mezzo di spedizioniere doganale di tale Paese (o altra figura professionale prevista in tale Paese) deve provvedere a sdoganare la merce, pagando l’eventuale dazio e l’eventuale imposta sugli scambi prevista nel Paese estero (Iva o altra imposta sui consumi) e a recapitare la merce al consumatore finale.

Stante la peculiarità delle normative nazionali, nel caso considerato (vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE), è opportuno condurre un’analisi preventiva caso per caso.

Esempio di fattura di vendita
ALFA SRL
Corso Palestro n. 5
10122 Torino               
Capitale sociale 500.000 euro interamente versato
Registro imprese, codice fiscale e partita Iva IT ……………………….

                                                                                                   Torino, 28 luglio 2022

Fattura n. 350                
Egregio Signor               
Jean Balmat
Rue du Mont Blanc, 15                
Généve (Svizzera)

Ordine n. ….. del ………….
Merce resa DAP - Delivered at place . abitazione del cliente

A Vostro debito per:
•   piccozza modello Aiguille du Dru:       100,00 euro
•   ramponi modello Dôme des Neiges    200,00 euro
•   spese di trasporto e altre spese           10,00  euro
Totale a nostro avere                                310,00 euro

"Operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del DPR 633/1972"
Pagato a mezzo carta di credito in data odierna.

L'esportatore delle merci contemplate nel presente documento (autorizzazione doganale n. ...) dichiara che, salvo indicazione contraria, le merci sono di origine preferenziale unionale.

Annotazione della fattura nel registro fatture emesse:
Registro fatture emesse italiano:
Totale        NI 8/1/a     FC IVA
310,00       310,00      0

Jean Balmat, ....

Nel caso in cui il consumatore finale, una volta visionati i beni, receda dal contratto e restituisca gli stessi (in tutto o in parte) all’impresa italiana, a spese di quest’ultima, questa dovrà provvedere a:

  • curare l’esportazione dal Paese estero
  • curare il rientro in Italia, dichiarando i beni per l’importazione definitiva, oppure adottando la soluzione del rientro in franchigia doganale di cui all’art. 68, c. 1, lett. d, del Dpr 633/1972

In tale evenienza, l’impresa italiana, ai sensi dell’art. 26, c. 2, Dpr 633/1972, ha la facoltà di:

  • emettere nota credito ai sensi dell’art. 8, c. 1, lett. a, Dpr 633/1972, a storno (totale o parziale) della fattura previamente emessa (soluzione consigliata)
  • oppure di limitarsi a gestire il reso in contabilità generale (e in contabilità di magazzino). In tale evenienza l’impresa italiana deve comunque provvedere a rettificare in diminuzione l’ammontare del plafond per il periodo d’imposta successivo

Riguardo alla gestione doganale dei resi, l’Agenzia delle Dogane, con la Determinazione n. 419205/RU del 19 novembre 2020, ha provveduto  introdurre una procedura semplificata. L’operatore economico ove rispetti le condizioni soggettive e oggettive previste in tale provvedimento, a seguito di sua specifica istanza:

  • viene iscritto in un apposito elenco istituito presso la Direzione Dogane denominato: “RETRELIEF (Returned goods – Relief from import duty)”. L’iscrizione è effettuata in via preventiva ed ha validità annuale;
  • in virtù di tale iscrizione i controlli riguardanti le merci di ritorno sono effettuati prevalentemente a posteriori, anche presso il soggetto autorizzato, mediante verifiche periodiche. I benefici in questione possono essere riconosciuti anche quando le operazioni di export e di successiva reintroduzione in franchigia sono effettuate per conto del soggetto autorizzato da un terzo, mediante dichiarazione della merce in rappresentanza indiretta.

L’Agenzia delle Dogane ha illustrato la procedura in questione con la Circolare n. 46 del 30 novembre 2020.

Vendita a consumatori finali della Repubblica di San Marino

A partire dal 1° ottobre  2021 valgono le disposizioni  indicate nell’articolo 15 del DM 21 luglio 2021 (vendite a distanza), il quale afferma che:

1. Le vendite di beni diversi dai mezzi di trasporto nuovi, spediti o trasportati  dal  fornitore  o  per  suo  conto,  anche  quando  il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella  spedizione dei beni, a partire da uno Stato diverso da quello  di  arrivo  della spedizione o del trasporto  a  destinazione  di  acquirenti  che  non agiscono nell'esercizio di  imprese,  arti  e  professioni,  scontano l'imposta nel Paese di destinazione,  quando  il  cedente  nel  corso dell'anno solare precedente ha posto in essere vendite a distanza nei confronti di soggetti dell'altro Stato per un  ammontare  complessivo superiore a 28.000 euro  e  sempreché  tale  limite  non  sia  stato superato nell'anno in corso.  Al  di  sotto  della  predetta  soglia, tuttavia, il cedente può optare per l'applicazione dell'imposta  nel Paese di destinazione dei beni. 
2. Gli operatori economici aventi sede, residenza  o  domicilio  in Italia esercitano  l'opzione  per  il  pagamento  dell'imposta  nella Repubblica di San Marino secondo le modalità e  i  termini  previsti dall'art. 41, comma 1, lettera b), quarto periodo, del  decreto-legge n. 331 del 1993.

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03/02/2022 - 10:13

Aggiornato il: 03/02/2022 - 10:13

3.2.2 - Vendita di beni a operatori economici


Come per i consumatori finali, le procedure fiscali di vendita si differenziano in funzione del Paese di invio dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE. 
 

Principali condizioni di resa dei prodotti utilizzate nel commercio elettronico

Nell’ambito del commercio internazionale l’accordo tra le parti sul luogo di consegna è di particolare importanza e di non facile gestione. In merito si fa riferimento all’utilizzo dei termini di resa codificati dalla Camera di commercio internazionale di Parigi (CCI), conosciuti come Incoterms, nella loro edizione 2020. Nel caso della vendita a distanza, in ambito Ue, la merce viene normalmente resa alla condizione DDP - Delivered Duty Paid (Incoterms 2020 della CCI – Camera di commercio internazionale di Parigi), nel senso che il prezzo comprende anche l’Iva. Così operando l’impresa venditrice assume a suo carico tutti gli oneri (trasporto, assicurazione, Iva italiana o del Paese di destinazione) fino al luogo di residenza del cliente.
Nel caso, invece, di vendite a clienti di Paesi extra Ue, vengono, in genere, previste clausole meno impegnative per l’impresa italiana venditrice (ad esempio, la clausola DAP – Delivered At Place), addossando al cliente estero gli adempimenti relativi all’importazione dei beni nel suo Paese, salvo diversa disposizione della normativa interna di tali Paesi.
La clausole Incoterms introdotte soprattutto per regolare gli scambi internazionali di beni, possono essere utilizzate anche negli scambi nazionali.
Per approfondimenti si rimanda alla guida ABC dell’import-export della medesima collana Unione Europea Istruzioni per l'Uso. 


 

Vendita a operatori economici italiani


Il venditore è obbligato a emettere la fattura elettronica di vendita e ad annotare la stessa nel registro delle fatture emesse (art. 23 del Dpr 633/1972). Sono esonerate dall’emissione della fattura elettronica le imprese in regime forfetario e in regime di vantaggio. Esse, nei rapporti B2B,  possono continuare ad emettere fattura cartacea.
In tema di fatturazione, occorre distinguere tra fatture immediate e fatture differite.
In base alla Circolare n. 13/E del 17 giugno 2019, valgono le seguenti regole:

Fatture immediate (TD01):
• Devono essere trasmesse allo SDI entro 12 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione;
• Come data della fattura occorre indicare la data di effettuazione dell’operazione (in genere, nel caso del commercio elettronico, data di incasso del corrispettivo o di spedizione della merce);
• Devono essere annotate in apposito registro, nell'ordine della loro numerazione, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento allo stesso mese di effettuazione dell’operazione;
• Concorrono a formare il debito Iva del mese di effettuazione dell’operazione.

Fatture differite (TD24):
• Presuppongono l’emissione del DDT anteriormente o contestualmente all’incasso del corrispettivo o all’emissione della fattura; tale evenienza si verifica, ad esempio, nel caso di pagamento in contrassegno;
• Come data della fattura occorre indicare la data di effettuazione dell’operazione; in presenza di più consegne (più DDT) nel corso dello stesso mese nei confronti del medesimo cliente, la Circolare n. 18 del 24 giugno 2014 suggerisce di indicare la data dell’ultimo DDT; è possibile indicare quale data fattura l’ultimo giorno del mese (Risposta a interpello n. 389 del 24 settembre 2019);
• Devono essere annotate in apposito registro, nell'ordine della loro numerazione, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento allo stesso mese di effettuazione dell’operazione;
• Devono essere trasmesse allo SDI entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
• Concorrono a formare il debito Iva del mese di effettuazione dell’operazione.

Nel caso di reso di merce è possibile recuperare l’Iva addebitata mediante emissione di nota credito (TD04) secondo le regole previste dall’art. 26 del Dpr 633/1972.
 


Vendita a operatori economici di altri Paesi UE
 

Poiché il trattamento Iva delle operazioni dipende dallo status del soggetto acquirente (consumatore finale o operatore economico), l’impresa italiana dovrebbe prevedere nelle condizioni generali di vendita l’obbligo di correttezza da parte dell’acquirente riguardo alla comunicazione del suo status e all’indicazione del suo numero identificativo Iva, nel caso il medesimo sia un operatore economico, riservandosi la possibilità di assumere tutte le necessarie misure in caso di comportamenti dolosi o colposi (ivi compresa la possibilità di addebitare l’Iva e le eventuali sanzioni).
L’ambito del rischio dovrebbe soprattutto riguardare il caso di acquirenti che comunicano, falsamente, di essere operatori economici, indicando il numero identificativo Iva di un altro soggetto realmente esistente. Al fine di evitare tali situazioni, l’impresa italiana dovrebbe periodicamente (ad esempio, in sede di compilazione della dichiarazione Intrastat) attuare un controllo dei numeri identificativi Iva comunicati dai clienti mediante l’archivio VIES stampando l’esito dell’avvenuto controllo e tenendolo agli atti.
Ci si rende conto che le peculiarità del commercio elettronico rendono maggiormente difficile tale modalità di controllo, tuttavia si tratta di un aspetto che non può essere trascurato. In base alle regole in tema di cessioni intracomunitarie di beni, l’operazione comporta i seguenti adempimenti:

  • richiedere il numero di identificazione Iva al cessionario di altro Paese UE, comunicandogli il proprio (ad esempio, tramite ordine/conferma d'ordine)
  • verificare la validità del numero comunicato dal soggetto estero mediante interrogazione a mezzo Internet, accedendo all’archivio  VIES:  https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/schede/istanze/inclusione-archivio-vies/scheda-info-partite-iva_intra-imprese  stampando l’esito del controllo e tenendolo agli atti (ad esempio in allegato alla fattura emessa). Poiché il controllo a mezzo Internet, riguardo ad alcuni Paesi, consente di verificare solamente l’esistenza del numero identificativo Iva comunicato dal cliente estero e non la titolarità dello stesso, in tali casi, occorre rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate che provvederà a confermare la corrispondenza tra il numero identificativo e il titolare dello stesso (articolo 50, commi 1 e 2, del DL 331/1993)
  • emettere la fattura di vendita nei confronti del cliente estero, senza applicazione dell’Iva italiana, indicando in fattura il proprio numero identificativo Iva e quello del cliente estero; in fattura viene indicata la dicitura “Operazione non imponibile articolo 41, comma 1, lettera a), del DL 331/1993”; tale fattura deve essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione dei prodotti 
  • annotare la fattura di vendita in contabilità generale e sul registro delle fatture emesse entro la data di emissione e con riferimento al mese di consegna o spedizione dei beni all’estero
  • reperire e tenere agli atti la documentazione atta a provare che i beni sono usciti dal territorio italiano e sono giunti al destinatario finale (cfr. l’articolo 45 bis del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 e la Circolare n. 12 del 12 maggio 2020)
  • trasmettere all’Agenzia delle Dogane, in via telematica, secondo la periodicità prevista dalla legge, l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni (Modelli Intra-1 e Intra-1 bis)
  • trasmettere la singola fattura allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX, oppure, per le operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2021, inserire la fattura emessa nell’esterometro.

Esempio di fattura di vendita

ALFA SRL
Corso Palestro n. 5
10122 Torino
Capitale sociale 500.000 euro interamente versato
Registro imprese, codice fiscale e numero identificativo Iva IT ……

                                                                                                               Torino, 28 luglio 2022

Fattura n. 350 
 

Spettabile
VANOISE SARL
Rue de l’Aiguille Verte, 18
Termignon
(Francia)
Numero identificativo Iva FR ........
Ordine n. ….. del …………. 
Merce resa DAP – Delivered at place – stabilimento del cliente

A Vostro debito per: 
• 100 magliette di cotone                                2.000,00 euro

“Operazione non imponibile articolo 41, comma 1, lettera a), del DL 331/1993”

Totale fattura                                                 2.000,00 euro

Pagato a mezzo carta di credito in data odierna

 

 

Nel caso di reso di merce da parte del cliente estero all’impresa italiana, essa, ai sensi dell’art. 26, c. 2, Dpr 633/1972, ha la facoltà di:

  • emettere nota credito non imponibile art. 41, c. 1, lett. a), del DL 331/1993, a storno della fattura previamente emessa (soluzione consigliata) e presentare il Modello Intra-1 ter, ai fini fiscali e statistici
  • oppure limitarsi a gestire il reso in contabilità generale (e in contabilità di magazzino). In tale evenienza l’impresa italiana deve comunque provvedere a presentare il Modello Intra-1 ter ai soli fini statistici e a rettificare in diminuzione l’ammontare del plafond per il periodo d’imposta successivo.

Nel caso di emissione di Nota di credito, la stessa deve essere trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX oppure, per le operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2021, è possible inserire la fattura emessa nell’esterometro.

Vendita a operatori economici di Paesi extra-UE

La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico) per cui valgono le considerazioni riportate nel paragrafo 3.2.1 Vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE.

Al fine di individuare il trattamento daziario e fiscale dei prodotti nei Paesi extra-UE di destino, nonché la documentazione necessaria per la spedizione e lo sdoganamento all’arrivo a destinazione e le relative procedure, è possibile accedere al sito Access2markets::  https://trade.ec.europa.eu/access-to-markets/it/home  
Per il reperimento delle informazioni occorre operare come segue: 

  • inserire il codice doganale dei prodotti (prime 4-6 cifre); si ricorda che le prime 6 cifre della sottovoce doganale sono comuni a tutti i Paesi che hanno adottato il sistema armonizzato di classificazione e di denominazione delle merci (circa 200 Paesi al mondo); le ulteriori cifre costituiscono delle aggiunte attuate dai singoli Paesi (le quali, di conseguenza, normalmente non coincidono con la codifica UE)
  • inserire il Paese di origine della merce
  • inserire il Paese di destinazione della merce
  • per individuare la documentazione necessaria, cliccare su Procedure e Formalità
  • cliccare sulle singole voci indicate nelle tabelle

Ulteriori informazioni sono anche disponibili nella seguente guida: https://www.to.camcom.it/34-i-dazi

Esempio di fattura di vendita
 


 

ALFA SRL
Corso Palestro n. 5
10122 Torino
Capitale sociale 500.000 euro interamente versato
Registro imprese, codice fiscale e numero identificativo Iva IT ……………………….
                                                                                                  Torino, 28 Luglio 2022

Fattura n. 350                                                       

Spettabile

LEMAN SARL
Rue du Mont Blanc, 15
Génève
Svizzera

Ordine n. ........del ..........
Merce resa DAP - Delivered at place – stabilimento del cliente

A vostro debito per:

• 100 magliette di cotone                                2.000,00 euro


"Operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a), del Dpr  633/1972"

L’esportatore delle merci contemplate nel presente documento (autorizzazione doganale n. ……..) dichiara che, salvo indicazione contraria, le merci sono di origine preferenziale unionale.
Pagato a mezzo carta di credito in data odierna

 

 

 

Vendita a operatori economici della Repubblica di San Marino

OPERAZIONI EFFETTUATE SINO AL 30 SETTEMBRE 2021

Nel caso di vendita a operatore economico della Repubblica di San Marino occorre espletare la seguente procedura:

  • emettere il DDT (Documento di Trasporto) in 3 esemplari (4 nel caso di vettore) con indicazione della causale del trasporto (due copie devono essere esibite, per i necessari riscontri, al competente Ufficio tributario di San Marino all’atto dell’introduzione dei beni in detto territorio)
  • emettere fattura in 4 esemplari (3 per il destinatario) – Operazione non imponibile IVA ai sensi artt. 71 e 8 Dpr 633/1972 – indicazione del numero identificativo fiscale del cessionario (SM + 5 numeri) – annotazione sul registro art. 23 Dpr 633/1972
  • ritorno entro 4 mesi di un esemplare della fattura con marca debitamente perforata con indicazione della data e con il timbro a secco circolare dell’Ufficio Tributario di San Marino
  • allegare al DDT l’esemplare della fattura vistata e annotare, a margine delle corrispondenti scritture effettuate sul registro vendite, l’avvenuto ricevimento della fattura vistata
  • in caso di mancato arrivo l’operatore deve darne comunicazione all’Ufficio Tributario di San Marino e per conoscenza all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente. L’Ufficio Tributario sanmarinese effettua i dovuti controlli e ne comunica l’esito
  • redigere il Modello Intra-1 bis delle cessioni intracomunitarie per la sola parte fiscale (prime 4 colonne) – sono esonerati i soggetti che non effettuano cessioni intracomunitarie (Risoluzione 83/E del 23 aprile 1977) 

OPERAZIONI EFFETTUATE DAL 1° OTTOBRE 2021

L’articolo 12 del Dl n. 34/2019, convertito dalla Legge n. 58/2019 prevede che in futuro le cessioni e gli acquisti di beni tra l’Italia e la Repubblica di San Marino saranno gestiti a mezzo di fattura elettronica.

Con il Decreto 21 luglio 2021 sono state introdotte le disposizioni attuative.

Occorre distinguere tra due diverse procedure:

  • cessioni effettuate da imprese obbligate ad emettere fattura elettronica;
  • cessioni effettuate da imprese esonerate dalla fattura elettronica

Le cessioni di beni poste in essere da parte di operatori economici italiani, tenuti all’obbligo della fattura elettronica, nei confronti di operatori economici della Repubblica di San Marino (nel seguito: RSM) che abbiano comunicato il numero di identificazione ai medesimi attribuito dalla RSM, sono imponibili ai sensi dell’articolo 8/1/a o dell’articolo 8/1/b del Dpr n. 633/1972, a seconda che il trasporto sia a carico del venditore o dell’acquirente.

In relazione a tali cessioni occorre osservare la seguente procedura:

  • ​Comunicazione al venditore italiano del numero identificativo da parte del cliente della RSM;
  • Trasporto / spedizione della merce al cliente della RSM, con emissione di DDT;
  • Emissione di fattura elettronica, recante indicato il numero di identificazione del cliente della RSM, con sua trasmissione allo SDI dell’Agenzia delle entrate;
  • Lo SDI trasmette la fattura elettronica all’Ufficio Tributario della RSM, il  quale, una  volta   verificato   il   regolare   assolvimento   dell'imposta sull'importazione, convalida la regolarità della fattura e  comunica l'esito  del  controllo  al  competente  ufficio  dell'Agenzia  delle entrate (SDI) attraverso apposito canale telematico; l’Ufficio Tributario della RSM trasmette la fattura al cliente della RSM;
  • L'operatore  economico  italiano   visualizza   telematicamente l'esito del  controllo  effettuato  dall'ufficio  tributario  di  San Marino attraverso un apposito canale telematico messo a  disposizione dall'Agenzia delle entrate. Se entro i quattro mesi successivi all'emissione della  fattura,l'ufficio  tributario  non  ne   ha   convalidato   la   regolarità, l'operatore economico italiano, nei trenta giorni  successivi  emette nota di variazione, ai sensi dell'articolo 26, comma 1, del Dpr n. 633/1972 (con addebito dell’Iva), senza il pagamento di sanzioni e interessi;
  • L’operatore economico italiano inserisce la fattura nel Modello Intra cessioni e lo trasmette all’Agenzia delle Dogane

Nel caso di cessioni di beni poste in essere da parte di operatori economici italiani esonerati dall’obbligo di emissione della fattura elettronica (ad esempio, contribuenti in regime forfetario), fermo restando la non imponibilità dell’operazione, viene svolta la seguente procedura:

  • Comunicazione al venditore italiano del numero identificativo da parte del cliente della RSM;
  • Trasporto / spedizione della merce al cliente della RSM, con emissione di DDT;
  • Emissione di fattura in formato elettronico (ad esempio, PDF allegato a e-mail) o in formato cartaceo, recante indicato il numero di identificazione del cliente della RSM, con sua trasmissione allo SDI dell’Agenzia delle entrate;la fatturacartacea é emessa in tre esemplari, due dei quali sono consegnati al cessionario
  • Ricevimento fattura cartacea vidimata dall’Ufficio Tributario della RSM.

 

L'operatore italiano  che,  entro  quattro  mesi  dall'emissione della fattura, non abbia ricevuto dal cessionario  l'esemplare  della fattura cartacea vidimata dall'ufficio tributario della RSM ne da' comunicazione, al medesimo ufficio tributario  e, per conoscenza, al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate;  se entro  trenta  giorni  non  ha  ricevuto  l'esemplare  della  fattura vidimata emette nota di variazione, ai sensi dell'art. 26,  comma  1, del Dpr n. 633/1972 (con addebito dell’Iva), senza il pagamento di sanzioni e interessi.

REGIME TRANSITORIO

L’articolo 22 del Decreto 21 luglio 2021, riguardo alla decorrenza delle nuove disposizioni, afferma che:                

“1. Il presente decreto entra in vigore il 1°  ottobre  2021.  Dalla medesima data cessano di avere efficacia le disposizioni del  decreto del Ministro delle finanze 24 dicembre 1993. Fino al 30 giugno  2022, per le cessioni  di  beni  effettuate  nell'ambito  dei  rapporti  di scambio tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino,  di cui all'art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica,  n.  633 del 1972, la fattura puo' essere emessa e ricevuta, con le  modalita' indicate dal presente decreto, in formato elettronico  o  in  formato cartaceo; a decorrere dal 1° luglio 2022 per le operazioni di cui  al periodo precedente le fatture sono  emesse  e  accettate  in  formato elettronico, fermo restando quanto previsto dall'art. 2, comma 2, del presente decreto. “.

 

 


                                     
           

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25/01/2022 - 21:14

Aggiornato il: 25/01/2022 - 21:14

3.2.3 - Obblighi posti a carico dei gestori di piattaforme informatiche


Il Legislatore italiano, al fine di contrastare l’evasione dei tributi che spesso caratterizza le vendite di beni fisici attuate tramite piattaforme informatiche (“Market place”), del tipo E-Bay ed Amazon:

  • con il Dl n. 135 del 14.12.2018 (“decreto semplificazioni”), convertito dalla Legge n. 12/2019, riguardo ad alcuni prodotti (telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e laptop) importati da territori / Paesi terzi, di valore intrinseco NON superiore a 150 euro, aveva previsto l’obbligo della corresponsione dell’Iva in capo al gestore della piattaforma informatica;
     
  • con il successivo Dl n. 34 del 30 aprile 2019 (“decreto crescita”), convertito dalla Legge n. 58/2019:
    • ha spostato al 1° luglio 2021 quanto previsto dal Dl. N. 135/2018 (in tema di obbligo di corresponsione dell’Iva in capo al gestore della piattaforma informatica);
    • ha posto in capo ai gestori un obbligo di segnalazione periodica di dati nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, riguardo a tutti i prodotti commercializzati tramite le suddette piattaforme informatiche

L’articolo 13 - Vendita di beni tramite piattaforme digitali del Dl crescita afferma che:

"1. Il soggetto passivo che facilita, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all'interno dell'Unione europea è tenuto a trasmettere entro il mese successivo a ciascun trimestre, secondo termini e modalità stabiliti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, per ciascun fornitore i seguenti dati:
 

  • la denominazione o i dati anagrafici completi, la residenza o il domicilio, il codice identificativo fiscale ove esistente, l'indirizzo di posta elettronica;
  • il numero totale delle unità vendute in Italia;
  • a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia l'ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita.

2. Soppresso

3. Il soggetto passivo di cui al comma 1 è considerato debitore d'imposta per le vendite a distanza per le quali non ha trasmesso, o ha trasmesso in modo incompleto, i dati di cui al comma 1, presenti sulla piattaforma, se non dimostra che l'imposta è stata assolta dal fornitore.

(…)”.

Le disposizioni sopra riportate sono venute meno a partire dal 1° luglio 2021.

L’articolo 39 del Dpr n. 633/1972, afferma che:

“I soggetti passivi che facilitano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di cessionari o di committenti non soggetti passivi d'imposta tramite l'uso di una interfaccia elettronica, quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, conservano per un periodo di dieci anni, a partire dal 31 dicembre dell'anno in cui l'operazione e' stata effettuata, la documentazione di cui all'articolo 54-quater del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, relativa a tali cessioni o prestazioni. La documentazione e' fornita per via elettronica, su richiesta, all'Amministrazione finanziaria e alle autorita' fiscali degli Stati membri dell'Unione europea nei quali le operazioni si considerano effettuate. “.

 

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25/01/2022 - 21:38

Aggiornato il: 25/01/2022 - 21:38

3.3 - Commercio elettronico di bevande alcoliche


Nel presente paragrafo sono brevemente affrontate tematiche approfondite nella guida Vendere vino e bevande alcoliche in Italia e all’estero della collana Unione europea. Istruzioni per l’uso, scaricabile dai seguenti link:

https://www.to.camcom.it/guideUE
http://www.pie.camcom.it/sportelloeuropa/guideUE

In questa sede ci si limita a fornire alcune informazioni essenziali di carattere normativo.
Secondo il TUA - Testo Unito Accise (D.Lgs. n. 504/1995),  sono sottoposti ad accisa la birra, il vino, le bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra, i prodotti alcolici intermedi e l'alcole etilico.
I prodotti in argomento, in linea generale, sono ottenuti in impianti di lavorazione gestiti in regime di deposito fiscale.
Fanno eccezione rispetto a tale regola, i piccoli produttori di vino e cioè i produttori di vino che producono in media meno di 1.000 ettolitri di vino all'anno, facendo riferimento alla produzione media dell'ultimo quinquennio ottenuta nell'azienda agricola.
I piccoli produttori di vino sono dispensati:
• dall’obbligo del deposito fiscale;
• dalla gestione telematizzata della procedura accise;
• dal prestare cauzione.
Essi sono, invece, tenuti, come gli altri produttori ad assolvere agli obblighi prescritti dal Regolamento CE 436/2009 della Commissione del 26 maggio 2009, e, in particolare, a quelli relativi alla tenuta del registro di carico scarico ed all'emissione del documento di accompagnamento, nonché a sottoporsi a controllo.
I piccoli produttori di vino sono privi di codice di accisa.

In Italia, così come avviene negli altri Paesi UE, gli operatori che intendono gestire depositi fiscali di prodotti sottoposti ad accisa devono chiedere alla competente Autorità (per Italia, l’Agenzia delle dogane) il rilascio di una licenza fiscale di esercizio.
In ambito comunitario, i soggetti che fabbricano, trasformano, detengono, ricevono o spediscono prodotti sottoposti ad accisa devono essere dotati di un codice di accisa ("excise number").  Il codice di accisa è un codice alfanumerico di 13 caratteri che viene attribuito a ciascun deposito fiscale. Ad esempio: IT00 CN V 12345 K
 
In particolare, in Italia:
• I primi quattro caratteri sono composti dal codice ISO dell'Italia (IT) seguito da due zeri.
• Il quinto e il sesto carattere identificano la provincia in cui ha sede il deposito fiscale;
• Il settimo carattere identifica il settore impositivo: A - Alcol e bevande alcoliche (escluso vino);  O - Oli minerali; R - Rappresentanti fiscali;  T - Tabacchi; V -  solo Vino;
• I successivi cinque caratteri numerici identificano il numero progressivo assegnato al deposito fiscale nell'ambito di ciascuna provincia;
• L'ultimo carattere è un carattere di controllo, calcolato con un algoritmo sulla base dei precedenti otto caratteri.

In Italia la licenza per l’esercizio del deposito fiscale assume come numero il codice d’accisa. In altri Paesi UE (ad esempio: Belgio, Bulgaria, Germania, Grecia, Malta, Olanda, Polonia, Regno Unito), gli operatori possiedono due codici: uno relativo alla licenza di esercizio e uno relativo al deposito fiscale (“tax warehouse”). Il codice di accisa viene attribuito anche ai destinatari registrati e agli speditori registrati. Il codice di accisa può essere controllato recandosi agli Uffici dell'Agenzia delle dogane o mediante accesso al seguente sito: http://ec.europa.eu/taxation_customs/dds2/seed/seed_consultation.jsp?Lang=it   Servizi - SEED (System for Exchange of Excise Data - Sistema di scambio di dati sulle accise).

Alle imprese che operano in regime di accisa assolta viene invece attribuito un “codice ditta”.

Riguardo alle imprese che producono birra, occorre distinguere tra:
• Birrifici che non si avvalgono delle disposizioni agevolative in tema di “micro-birrifici”: come altri Depositi fiscali;
• Birrifici che si avvalgono di tali disposizioni agevolative (“Micro-birrifici” artigianali indipendenti):  questo regime è previsto per i soggetti con una produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri; sono dotati di codice di accisa.

Sino al 30 giugno 2019, i micro-birrifici artigianali indipendenti potevano detenere solo birra confezionata ad imposta assolta; essi, per ogni giornata di produzione, eseguivano l’accertamento e la liquidazione dell’imposta dovuta sul quantitativo di birra prodotta, determinato sulla base dei coefficienti di resa  (misuratore energetico o misuratore del mosto) con l’applicazione della vigente aliquota d’imposta. Tali operatori NON potevano spedire birra in sospensione di accisa.
A partire dal 1° luglio 2019, per effetto dell’entrata in vigore del Decreto MEF del 4 giugno 2019, commentato dalla Circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 4, prot. 57561 del 28 giugno 2019, è stato ridefinito l’assetto del deposito fiscale di tali soggetti, introducendo nuove modalità di accertamento e di contabilizzazione della birra prodotta,  con differimento del pagamento dell’accisa, dalla fase di produzione del mosto alla fase di condizionamento del prodotto o, addirittura, di immissione in consumo dello stesso.
Il decreto sopra citato prevede la possibilità di scegliere tra 2 diversi assetti del deposito cui corrispondono differenti modalità di accertamento dell’accisa e di tenuta della contabilità del deposito:

1) Micro-birrificio con giacenze in sospensione di accisa
In tal caso il birrificio:
• detiene in deposito birra condizionata ad accisa sospesa;
• corrisponde l’accisa al momento dell’immissione in consumo dei prodotti confezionati;
• per la circolazione dei prodotti sul territorio nazionale emette la XAB (da deposito fiscale a depositi liberi – Circolare n. 4/D del 14 aprile 2014), mentre per i prodotti spediti all’estero viene emesso l’e-AD, nei confronti di codice d’accisa di altro Paese Ue (nel caso di spedizione in altro Paese Ue) o sull’Ufficio doganale di uscita (nel caso di spedizione in Paese extra Ue);
• deve tenere un Registro della birra confezionata in sospensione di accisa (con carico dei prodotti confezionali e scarico per i prodotti immessi in consumo).

2) Micro-birrificio SENZA giacenze in sospensione di accisa
In tal caso il birrificio:
• detiene in deposito birra condizionata ad accisa assolta;
• corrisponde l’accisa al momento del condizionamento dei prodotti;
• per la circolazione dei prodotti sul territorio nazionale emette la XAB (da deposito fiscale a depositi liberi – Circolare n. 4/D del 14 aprile 2014), mentre per i prodotti spediti all’estero viene emesso il DAS, nei confronti di codice d’accisa di altro Paese Ue (nel caso di spedizione in altro Paese Ue) o sull’Ufficio doganale di uscita (nel caso di spedizione in Paese extra Ue);
• deve tenere un Registro della birra confezionata NON in sospensione di accisa (con carico e scarico dei prodotti confezionati).
Sono previste semplificazioni per i micro-birrifici con produzione annua non superiore a 3.000 hl.
A partire dal 1° luglio 2019,  per tutti i micro birrifici artigianali indipendenti con produzione annua non superiore ai 10.000 ettolitri, è entrata in vigore la riduzione dell’aliquota di accisa nella misura del 40%.
Dal 20 maggio 2019 ha preso il via la fase sperimentale della Telematizzazione del DAS, secondo le linee di intervento contenute nella Nota n. 46242/RU del 17 aprile 2019.  Una volta valutati gli esiti della sperimentazione che in questa prima fase riguarda, senza validità ai fini fiscali, solo la circolazione dei  prodotti energetici in ambito nazionale, dal 1° gennaio 2020, si procederà all’estensione agli altri prodotti, salvo proroghe. Il nuovo obbligo coinvolgerà gradualmente tutti gli operatori che già oggi, emettono o ricevono il documento il DAS in formato cartaceo per la movimentazione dei prodotti in regime di accisa assolta.
 

 

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13/09/2021 - 17:20

Aggiornato il: 13/09/2021 - 17:20

3.3.1 - Vendita di beni a consumatori finali


Vendita a consumatori finali italiani

Nel caso di vendita di prodotti sottoposti ad accisa a consumatori finali italiani, ai fini dell’Iva, valgono le stesse regole delineate in merito ai beni non sottoposti ad accisa, ossia:
• esonero dall’obbligo di emettere fattura, salvo che questa sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (articolo 22, comma 1, n. 1, del Dpr n. 633/1972; a partire dal 1° gennaio 2019, la fattura (se richiesta dal cliente al momento di effettuazione dell’operazione) deve essere emessa in modalità elettronica con sua trasmissione allo SDI.
• esonero esonero dall’obbligo di emissione del documento commerciale (di cui al DM 7 dicembre 2016, come previsto Dm 10 maggio 2019, modificato dal DM 24 dicembre 2019; articolo 2, comma 1, lettera oo, DPR n. 696/1996) 
• obbligo di annotazione del corrispettivo nel registro dei corrispettivi (articolo 24 del Dpr n. 633/1972).
Per il momento, in base a quanto previsto dal decreto MEF del 10 maggio 2019, le imprese, riguardo all’attività di commercio elettronico, non sono obbligate a memorizzare i dati dei corrispettivi giornalieri e di trasmetterli all’Agenzia delle Entrate.

Ai fini delle accise, valgono le seguenti regole:
• vendita con applicazione dell’accisa italiana (sul vino l’accisa è zero);
• riguardo ai documenti di accompagnamento:
­ 1) vendita di vino, essendo il trasporto eseguito dal venditore (o da terzi per suo conto): esonero da documento di accompagnamento per il trasporto di prodotti vitivinicoli contenuti in recipienti di volume nominale inferiore o pari a 5 litri (10 litri secondo il Regolamento Ue n. 273/2018), etichettati e muniti di un dispositivo di chiusura a perdere, se il quantitativo totale trasportato non supera i 100 litri; ad esempio, 132 bottiglie da 0,75 litri – 11 cartoni da 12 bottiglie;  al supero dei suddetti quantitativi occorre la documentazione per la circolazione nazionale (DDT integrato o DA/IT integrato); normalmente, anche in caso di non supero della soglia di 100 litri, viene comunque emesso un DDT;
­ 2) vendita di prodotti alcolici contrassegnati (ad esempio: liquori, grappa, etc.): esonero da DAS e da altri documenti di circolazione (articolo 30, comma 2, lettera b, del D.Lgs. N. 504/1995); normalmente viene comunque emesso un DDT;
­ 3) vendita di birra: esonero da documenti di circolazione (Circolare N. 4/D del 15 aprile 2014); normalmente viene comunque emesso un DDT.

Riguardo ai documenti di accompagnamento si precisa che:
• L’articolo 1 del Dpr n. 472/1996 ha abrogato l’obbligo di emissione della BAM – Bolla Accompagnamento Merci, per la generalità delle merci, fatta eccezione per alcuni prodotti, tra i quali i prodotti sottoposti al regime delle accise, per i quali l’obbligo di emissione di tale documento continua a sussistere esclusivamente nella fase di prima immissione in commercio;
• L’articolo 4, primo comma, n. 1 del Dpr n. 627/1972, esclude tuttavia l’obbligo di emissione della BAM per i trasporti di beni ceduti dai commercianti al minuto e dai soggetti ai medesimi assimilati, salvo che tali beni siano destinati a imprenditori obbligati a chiedere l’emissione della fattura ai sensi del terzo comma dell’articolo 22 del Dpr n. 633/1972.
• L’articolo 4, secondo comma,  del Dpr n. 627/1978 prevede che “Per  i trasporti  esonerati dall'obbligo del documento ai sensi del precedente comma,  nn. 1), …. , se il trasporto é eseguito   a  mezzo   vettore,  il   mittente  rilascia   a  quello   apposita dichiarazione sottoscritta, da cui risulti il titolo dell'esenzione.”.

Vendita a consumatori finali di altro Paese UE

Nel caso di vendita a distanza di beni sottoposti ad accisa, in misura non superiore alla soglia intracomunitaria annuale di 10.000 euro:

  • ai fini dell’accisa, occorre comunque applicare l’accisa del Paese di destinazione;
  • mentre ai fini dell’Iva è possibile applicare l’Iva italiana, salvo opzione per l’applicazione dell’Iva dei singoli Paesi di destinazione.

Esempio

Piccolo produttore di vino vende vino a consumatori finali irlandesi per un importo NON superiore a 10.000 euro /anno, curandone l’invio a destinazione.

Tale produttore:

  • ai fini dell’accisa deve inviare il vino in Irlanda con emissione di MVV elettronico appoggiato su codice di accisa irlandese, assolvendo l’accisa di tale Paese (al momento 3,19 euro alla bottiglia di 0,75 litri);
  • ai fini dell’Iva italiana, nella determinazione della base imponibile deve tenere conto dell’accisa irlandese, e deve applicare l’Iva italiana del 22% inserendo l’operazione nella liquidazione ordinaria dell’Iva.

Nel caso, invece, di vendita a distanza sopra soglia di beni sottoposti ad accisa,  gli stessi devono giungere al consumatore di altro Paese UE ad accisa ed Iva del Paese estero assolte.

In pratica, nel caso di vendita a distanza sopra soglia di vino e di altre bevande alcoliche nei confronti di consumatori finali di altro Paese UE è necessario:

• applicare l’accisa del Paese di destino; tale obbligo comporta la necessità di appoggiare l’arrivo della merce nel Paese estero ad un deposito fiscale / destinatario registrato di tale Paese  (soluzione prevista per il caso di spedizione di prodotti dall’Italia in regime sospensivo); oppure, utilizzare un rappresentante fiscale accise del Paese di destino (soluzione che l’articolo 36 della Direttiva 2008/118/CE prevede per il caso di spedizione di prodotti ad accisa italiana assolta);
• applicare l’Iva del Paese di destino: tale obbligo, dal 1° luglio 2021, può essere assolto adottando una delle seguenti soluzioni:

  • utilizzare il regime speciale dello sportello unico (OSS);
  • oppure, identificarsi ai fini Iva nel Paese di destino (direttamente o a mezzo di rappresentante Iva).

Come già affermato in precedenza, si ricorda che:

Rientrano tra le VENDITE A DISTANZA INTRACOMUNITARIE le cessioni di prodotti sottoposti ad accisa effettuate:

  • Nei confronti di persone fisiche NON soggetti passivi d’imposta (in pratica: CONSUMATORI FINALI)
  • Nell’ambito delle relazioni diplomatiche e consolari, organismi dell’Unione Europea, NATO, etc.; si tratta degli organismi internazionali o consolari di cui all’articolo 72, comma 1, del Dpr n. 633/1972 n. 633, o individuati negli altri Stati membri in conformità all’articolo 151 della Direttiva 2006/112/CE

NON rientrano tra le VENDITE A DISTANZA INTRACOMUNITARIE le cessioni di prodotti sottoposti ad accisa effettuate nei confronti di cessionari non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa; si tratta dei seguenti soggetti (cosiddetti “Gruppo dei 4”):

  • soggetti passivi assoggettati al regime forfetario dei produttori agricoli di cui all’articolo 34 del Dpr n. 633/1972 che NON abbiano optato per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari; 
  • soggetti passivi che effettuano unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi che non danno alcun diritto alla detrazione dell’Iva subita a monte (soggetti che operano in regime di totale esenzione, soggetti minimi e forfetari); quindi con IVA totalmente indetraibile;
  • soggetti passivi assoggettati al regime del margine;
  • enti NON soggetti passivi (enti NON commerciali puri).            

Di conseguenza, riguardo alle vendite dei prodotti sottoposti ad accisa, poste in essere nei confronti dei soggetti appartenenti “al Gruppo dei 4”, valgono le seguenti regole:

  • se il soggetto estero acquirente nell’anno precedente o in quello in corso ha posto in essere acquisti intracomunitari per un importo superiore alla soglia prevista nel suo Paese (in genere: 10.000 euro): si tratta di una ordinaria cessione intracomunitaria non imponibile ai sensi dell’articolo 41/1/a del Dl n. 331/1993; 
  • in caso contrario Iva dovuta nel Paese di consumo (a condizione che il trasporto o spedizione degli stessi sono eseguiti in conformità di quanto previsto dalla normativa accise). I soggetti in questione possono comunque optare per l’applicazione dell’imposta del proprio Paese (prima soluzione sopra indicata).

Una volta preso atto della necessità di assolvere l’accisa e l’Iva del Paese di destino, occorre individuare le modalità di organizzazione dei flussi operativi.
Nel seguito vengono delineate tre diverse procedure operative:

1. vendita con spedizione da deposito istituito in altro Paese UE;
2. vendita diretta in regime sospensivo (caso tipico dell’impresa di produzione di vino e di altre bevande alcoliche);
3. vendita diretta di prodotti con accisa italiana assolta (caso tipico dell’impresa di commercializzazione).

Prima modalità - Vendita con spedizione da deposito istituito in altro Paese UE

Trasferire il vino e le altre bevande alcoliche dalla cantina al deposito fiscale /destinatario registrato del Paese estero, con emissione:

  • ai fini accise: di e-AD (deposito fiscale) o di MVV (piccolo produttore)
  • ai fini Iva: di fattura (da se stessi posizione Iva italiana a se stessi – posizione Iva del Paese di destino, al costo), per operazione non imponibile ai sensi dell’articolo 41/2/c del DL 331/1993, espletando la procedura delle cessioni intracomunitarie.

Nel momento in cui il cliente consumatore finale del Paese estero si collega al sito Internet italiano e acquista il prodotto, l’impresa italiana dà l’incarico all’operatore logistico di spedire il prodotto al cliente ed emette fattura, dalla posizione Iva del Paese di destino, gravata dell’Iva del Paese di destino (la base imponibile di tale fattura comprende anche l’eventuale accisa estera).
La procedura in argomento è alternativa a quella prevista dall’articolo 41/1/b del DL 331/1993: essa comporta un trasferimento di beni a se stessi e una successiva cessione interna al Paese di arrivo.

Di conseguenza, la soluzione in argomento comporta necessariamente l’apertura di una posizione Iva nel Paese di destinazione. Essa è estranea al regime speciale OSS. L’operazione di cessione nei confronti dei consumatori finali di tale Paese, sotto il profilo dell’Iva, è un’operazione interna al Paese stesso e concorre alla dichiarazione Iva ordinaria relativa al Paese considerato.

Ai fini italiani, l’operazione di vendita interna al Paese estero viene rilevata in contabilità generale.

  
 

Seconda modalità - Vendita diretta in regime sospensivo (caso tipico dell'impresa di produzione di vino e di altre bevande alcoliche)

La modalità in questione è quella prevista per i produttori di bevande alcoliche dotati di deposito fiscale e per i piccoli produttori di vino. 
E’ da ritenere che tali soggetti, spedendo bevande in regime sospensivo, NON siano abilitati ad utilizzare la figura del rappresentante fiscale accise. 
La presente modalità può essere utilizzata anche dalle imprese commerciali dotate di un proprio deposito fiscale o che utilizzano il deposito fiscale di un operatore logistico.

Vendere il vino e le altre bevande alcoliche al consumatore finale di altro Paese Ue, con invio dei prodotti allo stesso, previa sosta tecnica presso deposito fiscale / destinatario registrato di tale Paese; in tale evenienza:

  • ai fini accise: i prodotti vengono spediti dall’Italia in regime sospensivo mediante emissione di e-AD o di MVV e assolvono l’accisa estera nel Paese estero;
  • ai fini Iva: 
  • l’impresa venditrice italiana può adottare una delle due seguenti soluzioni:
    • avvalersi del regime speciale OSS, nel qual caso essa, determina l’Iva da applicare sulla vendita, tenendo conto dell’accisa dovuta nel Paese di destinazione, e versa l’Iva all’Agenzia delle Entrate italiana; adottando la soluzione in argomento l’impresa italiana è esonerata dall’obbligo di emettere la fattura, salvo che questa sia richiesta del cliente estero;
    • avvalersi del sistema tradizionale,  emettendo fattura nei confronti del cliente finale e gestendo l’Iva tramite la posizione Iva aperta nel Paese di destinazione; tale fattura:
      - ai fini dell’Iva italiana: reca la dicitura “operazione non imponibile articolo 41/1/b del Dl  n. 331/1993”;
      - ai fini dell’Iva del Paese di destino: reca l’indicazione dell’Iva dovuta nel Paese stesso (l’Iva estera viene calcolata includendo nella base imponibile l’eventuale accisa dovuta nel Paese di destino).

 

 

   

Terza modalità - Vendita diretta di prodotti con accisa italiana assolta (caso tipico impresa di commercializzazione)

Nel caso di cessione di vino e di altre bevande alcoliche ad accisa italiana assolta, ai fini delle accise, è possibile applicare la procedura di cui all’articolo 36 della Direttiva 2008/118/CE. Si tratta della procedura tipicamente prevista per le imprese commerciali.
In tale evenienza:
  • ai fini delle accise:  i prodotti vengono spediti ad accisa italiana assolta, scortati dal modello DAS e  vengono sottoposti ad accisa del Paese estero, in genere, a mezzo di rappresentante fiscale accise, con diritto al rimborso dell’eventuale accisa italiana, comprovando l’assolvimento degli obblighi accisa nel Paese di destinazione;
  • ai fini dell’Iva, l’impresa venditrice italiana può adottare una delle due seguenti soluzioni:
    • avvalersi del regime speciale OSS, nel qual caso essa, determina l’Iva da applicare sulla vendita, tenendo conto dell’accisa dovuta nel Paese di destinazione, e versa l’Iva all’Agenzia delle Entrate italiana; adottando la soluzione in argomento l’impresa italiana è esonerata dall’obbligo di emettere la fattura, salvo che questa sia richiesta del cliente estero;
    • avvalersi del sistema tradizionale,  emettendo fattura nei confronti del cliente finale e gestendo l’Iva tramite la posizione Iva aperta nel Paese di destinazione; tale fattura:
      - ai fini dell’Iva italiana: reca la dicitura “operazione non imponibile articolo 41/1/b del Dl  n. 331/1993”;
      - ai fini dell’Iva del Paese di destino: reca l’indicazione dell’Iva dovuta nel Paese stesso (l’Iva estera viene calcolata includendo nella base imponibile l’eventuale accisa dovuta nel Paese di destino).

Al fine di individuare gli adempimenti da porre in essere in caso di vendita a distanza di prodotti assoggettati ad accisa, può essere utile consultare la Direttiva 2008/118/CE (art. 36) e la procedura prevista dall’Agenzia delle Dogane italiana per il caso in cui tale attività sia posta in essere da parte di operatori economici di altro Paese Ue nei confronti di consumatori finali italiani.
Tale procedura è prevista dalla Determina Prot. n. 24211/RU del 14 dicembre 2012. 

La Direttiva 2008/118/CE, a partire dal 1° gennaio 2023 sarà sostituita dalla Direttiva (UE)  2020/262 del 19 dicembre 2019. 


Vendita a consumatori finali di Paesi extra-UE

La vendita di prodotti sottoposti ad accisa non è sostanzialmente diversa rispetto a quella degli altri prodotti. In merito si rimanda al paragrafo 3.2.1  (“Vendita di beni nei confronti di consumatori finali di Paesi extra-UE”).

In pratica, nel caso di vendita a consumatore finale di Paese extra-UE, con trasporto a cura o a spese del venditore italiano, valgono le seguenti regole:

  • adempimenti in partenza: procedura di cessione all’esportazione:
    Ai fini Iva: cessione all’esportazione, operazione non imponibile articolo 8/1/a
    Ai fini accise (prodotti sottoposti ad accisa): la procedura da adottare dipende dal fatto che il prodotto esca dal territorio Ue da dogana italiana o da dogana di altro Paese Ue: nel primo caso, valgono i documenti previsti per la circolazione nazionale; nel secondo è necessaria l’emissione dell’e-AD o del modello MVV (quest’ultimo nel caso dei piccoli produttori di  vino);
  • adempimenti in arrivo (nel Paese del cliente): dipendono dalla condizione di resa della merce: normalmente DDP o DAP; nel caso di merce resa DDP, l’impresa italiana deve formulare un prezzo che tenga conto anche dello sdoganamento in arrivo e dei correlati oneri doganali e fiscali; nel caso, invece, di resa DAP, l’onere dello sdoganamento in arrivo grava sul cliente estero.   

Vendita di prodotti a clienti della Repubblica di San Marino

  • la RSM, sotto il profilo delle accise, viene considerata territorio dello Stato Italiano;
  • nella RSM non risultano esistere imprese munite di codice di accisa  che vendono vino e altre bevande alcoliche (in regime sospensivo) all’ingrosso o al dettaglio;
  • per le spedizioni di vino e di altre bevande alcoliche a clienti della RSM:
    - non è possibile appoggiare la spedizione su un codice d’accisa della RSM
    - non è possibile emettere l’e-AD
    - occorre vendere i prodotti “accisa italiana assolta” ed emettere i documenti previsti per la circolazione nazionale (ad esempio, per il vino, il DDT integrato).
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25/01/2022 - 22:19

Aggiornato il: 25/01/2022 - 22:19

3.3.2 - Vendita di beni a operatori economici


Vendita a operatori economici italiani
La procedura prevede i seguenti adempimenti:

  • Emissione di fattura elettronica con Iva; la fattura deve recare indicata la partita Iva del cliente;
  • Riguardo alla accise, valgono i documenti previsti per la circolazione nazionale;
  • Annotazione della fattura sul registro fatture emesse;
  • Comunicazione trimestrale delle liquidazioni periodiche IVA;
  • Dichiarazione annuale Iva.

Vendita a operatori economici di altro Paese UE

La procedura prevede i seguenti adempimenti:
• Verifica dell’esistenza e della correttezza del numero identificativo Iva del cliente estero (e stampa esito controllo);
• Emissione di fattura per operazione non imponibile articolo 41/1/a del Dl n. 331/1993 (con indicazione in fattura del numero identificativo Iva del cliente estero);
• Riguardo alle accise, i prodotti devono essere inviati a soggetto dotato di codice di accisa (deposito fiscale o destinatario registrato, ordinario o occasionale); nel caso di spedizione da parte di produttore dotato di codice accise, viene emesso l’e-AD; nel caso si spedizione da parte di piccolo produttore viene emesso il modello MVV; nel caso di spedizione di prodotti ad accisa assolta viene emesso il modello DAS;
• Reperimento della prova di avvenuto ricevimento della merce a destino:

o Spedizione attuata da deposito fiscale: nota di ricevimento, lettera di vettura CMR, timbrata e firmata dai 3 soggetti partecipanti all’operazione (mittente, vettore e destinatario), dichiarazione di ricevimento dei prodotti da parte del cliente estero, fattura dello spedizioniere o del vettore, documento bancario di pagamento della fattura dello spedizioniere o del vettore, etc. (cfr. Circolare n. 12 del 12 maggio 2020, articolo 45-bis del Regolamento di esecuzione n. 282/2011)
o Spedizione attuata da piccolo produttore di vino: restituzione copia MVV timbrato e firmato, lettera di vettura CMR, timbrata e firmata dai 3 soggetti partecipanti all’operazione (mittente, vettore e destinatario), dichiarazione di ricevimento dei prodotti da parte del cliente estero, fattura dello spedizioniere o del vettore, documento bancario di pagamento della fattura dello spedizioniere o del vettore, etc.
o Spedizione attuata da impresa commerciale (priva di deposito fiscale): lettera di vettura CMR, timbrata e firmata dai 3 soggetti partecipanti all’operazione (mittente, vettore e destinatario), dichiarazione di ricevimento dei prodotti da parte del cliente estero, fattura dello spedizioniere o del vettore, documento bancario di pagamento della fattura dello spedizioniere o del vettore, etc.

• Annotazione della fattura sul registro fatture emesse;
• Presentazione del modello Intra cessioni;
Per i piccoli produttori di vino: comunicazione all’Ufficio dell'Agenzia delle dogane, competenti per territorio, delle operazioni intracomunitarie effettuate (articolo 37 del D.Lgs. n. 504/1995);
• Comunicazione mensile delle operazioni transfrontaliere (“esterometro”) oppure trasmissione delle singole fattura allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX; 
• Comunicazione delle liquidazioni periodiche (LIPE); 
• Dichiarazione annuale Iva.

Vendita di beni a operatori economici di Paesi extra-UE

La procedura prevede i seguenti adempimenti:
• Emissione di fattura per operazione non imponibile articolo 8/1/a del Dpr n. 633/1972;
• Annotazione della fattura sul registro fatture emesse;
• Presentazione della dichiarazione di esportazione in Dogana, a mezzo di spedizioniere doganale; 
• Ai fini accise, se i prodotti escono dal territorio Ue da dogana italiana, vengono emessi i documenti previsti per la circolazione nazionale; se escono da dogana di altro Paese Ue, deve essere emesso il modello e-AD (depositi fiscali) o il Modello MVV elettronico (piccoli produttori di vino) o il modello DAS (imprese commerciali prive di deposito fiscale);
• Reperimento della prova di avvenuta uscita della merce dal territorio Ue (mediante interrogazione del sito dell’Agenzia delle Dogane a mezzo MRN – “Movement Reference Number”)
• Comunicazione delle liquidazioni periodiche (LIPE);
• Dichiarazione annuale Iva;

Per quanto riguarda le spedizioni con partenza da depositi fiscali, si ricorda che l’articolo 6, comma del D.Lgs. n. 504/1995, comma 15, afferma che “Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai prodotti sottoposti ad accisa vincolati ad una procedura doganale sospensiva o ad un regime doganale sospensivo ….”.
Al riguardo, l’articolo 3, comma 16, della Determinazione dell’Agenzia delle Dogane, Prot. 158235/RU, del 7 dicembre 2010, afferma che: “Nel caso di spedizioni di prodotti soggetti ad accisa, effettuate dall’Italia verso un Paese EFTA senza l’attraversamento di un altro Stato membro, vincolati al regime dell’esportazione abbinata al regime di transito comunitario interno, il documento di transito emesso nell’ambito della procedura NCTS sostituisce l’e-AD; in tale ipotesi, dal documento amministrativo unico risulta che trattasi di prodotto soggetto ad accisa e l’Ufficio di partenza constata l’esito della spedizione sulla base delle medesime procedure del transito comune.”.

Nel caso di trasporto / spedizione di prodotti sottoposti ad accisa scortati da documento di transito T2, detto documento, in certi casi, sostituisce il documento “e-AD” e il controllo circa l’arrivo degli stessi a destinazione viene gestito nell’ambito del circuito NCTS.
L’appuramento del T2 nel circuito NCTS equivale alla chiusura del regime sospensivo delle accise con il conseguente riaccredito delle garanzie prestate.

Qualche esempio : vendita in Svizzera, Norvegia, Regno Unito

Vendita di vino in Svizzera, con uscita da Dogana italiana
L’impresa italiana venditrice, titolare di deposito fiscale, è abilitata ad emettere i documenti previsti per la circolazione nazionale (ad esempio: DDT integrato).
Dichiarazione di esportazione con emissione bolletta EU-T2.
NON è necessario emettere l’e-AD.
Se venisse emesso anche l’e-AD, il medesimo NON si chiuderebbe in automatico; occorrerebbe farne richiesta di chiusura all’Agenzia delle Dogane, presentando la stampa della chiusura dell’MRN.

Vendita di vino in Norvegia, con uscita da Dogana di altro Paese Ue
L’impresa italiana venditrice, titolare di deposito fiscale, deve emettere l’e-AD sulla Dogana di esportazione. Il codice ARC deve essere riportato nella casella 44 del DAU.
Dichiarazione di esportazione con emissione bolletta EU-T2; poiché la garanzia viene già prestata in relazione al T2, riguardo alla garanzia impegnata ai fini e-AD viene indicato ZERO.
L’e-AD NON si chiude in automatico; occorre farne richiesta di chiusura all’Agenzia delle Dogane, presentando la stampa della chiusura dell’MRN.

Vendita di vino nel Regno Unito
L’impresa italiana venditrice, titolare di deposito fiscale, deve emettere l’e-AD sulla Dogana di esportazione. Il codice ARC deve essere riportato nella casella 44 del DAU.
Dichiarazione di esportazione con emissione bolletta EX-A; in questo periodo (almeno ancora per il 2021) NON conviene emettere il T2, considerati i numerosissimi casi di non chiusura dell’MRN, il che comporta che la garanzia del T2 rimane impegnata. 

  


 

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28/01/2022 - 18:29

Aggiornato il: 28/01/2022 - 18:29

3.4 - Drop shipping


Il Drop shipping è una formula di vendita grazie alla quale l’impresa che svolge l’attività di e-commerce (“drop shipper”) vende i  prodotti senza averli fisicamente in magazzino.
Conclusa la vendita essa inoltra l'ordine al fornitore convenzionato il quale provvede a:

  • spedire i prodotti al cliente finale;
  • emettere fattura nei confronti del drop shipper.

Le procedure da adottare dipendono, principalmente, dal Paese di stabilimento (di localizzazione) della società di e-commerce e dal Paese di invio dei beni.
Nel seguito ci si limita a prendere in considerazione il caso di società di e-commerce localizzata in Italia e il caso della società di e-commerce localizzata in altro Paese Ue.

Localizzazione del consumatore finale: Italia
Procedura:  

  • la società di e-commerce cede la merce al consumatore finale italiano e applica l’Iva italiana (emissione di fattura elettronica con Iva o semplice annotazione nel registro dei corrispettivi);
  • l’impresa produttrice italiana emette fattura elettronica con Iva nei confronti della società di e-commerce italiana e invia la merce al consumatore finale italiano.

Localizzazione del consumatore finale: altro Paese Ue (ad esempio: Germania)

Caso sotto soglia
In base alle nuove regole UE in tema di operazioni a catena (Direttiva 2018/1910, non ancora recepita dal Legislatore italiano):

• la società di e-commerce, in presenza di trasporto a carico del primo cedente (nel caso specifico: il produttore), avrebbe l’obbligo di aprire una posizione Iva nel Paese del consumatore, al fine di porre in essere l’acquisto intracomunitario e la cessione interna in tale Paese con applicazione dell’Iva tedesca
• per il produttore si tratterebbe di una cessione intracomunitaria, articolo 41/1/a, nei confronti della posizione Iva tedesca della società italiana di drop shipping.

N.B.  In pratica, in base alle nuove regole comunitarie, nella situazione considerata il caso sotto soglia viene a coincidere con il caso sopra soglia.

Caso sopra soglia
La società di e-commerce apre una posizione Iva in Germania e invita l’impresa produttrice italiana a emettere fattura nei confronti della società di e-commerce – posizione Iva tedesca. 
La società di e-commerce – posizione Iva tedesca cede la merce al consumatore finale tedesco e applica l’Iva tedesca (in base alla normativa interna di tale Paese).
L’impresa produttrice italiana emette fattura per operazione non imponibile articolo 41/1/a  del Dl n. 331/1993 nei confronti della società di e-commerce – posizione Iva tedesca e invia la merce al consumatore finale tedesco.

Adozione del regime speciale OSS
Come esaminato nella sezione di carattere generale, la società italiana di e-commerce, in relazione alle vendite a distanza, ha la possibilità di adottare due possibili soluzioni:

• La procedura tradizionale consistente nell’apertura di posizioni Iva nel Paese di consumo;
• Il regime speciale OSS.
In base alle informazioni attualmente disponibili è da ritenere che nel caso del Drop shipping debba farsi ricorso alla procedura tradizionale, salvo nel caso di utilizzo di interfacce facilitatrici nel qual caso l’articolo 36-bis della Direttiva 2006/112/CE NON trova applicazione. Si tratta comunque di un aspetto che necessita di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Volendo applicare il regime speciale OSS, l’impresa venditrice italiana dovrebbe acquistare la merce dall’impresa fornitrice italiana, con consegna in Italia (clausola EXW o FCA Incoterms 2020) e cederla con trasporto a proprio carico nei confronti del consumatore finale tedesco.
In tale ambito:
• L’impresa fornitrice italiana emetterebbe fattura elettronica con Iva italiana nei confronti della società italiana di e-commerce;
• La società italiana di e-commerce venderebbe i prodotti al consumatore finale tedesco con Iva tedesca, gestita a mezzo del regime speciale OSS.

Localizzazione del consumatore finale in Paese extra Ue (ad esempio: Svizzera)

• La società di e-commerce IT2 cede la merce al consumatore finale svizzero con la condizione di resa DAP o DDP; la società produttrice italiana  IT1 cede la merce alla società di e-commerce con resa DAP;
• L’impresa produttrice italiana IT1 emette fattura per operazione non imponibile articolo 8/1/a del Dpr n. 633/1972 – operazione triangolare, nei confronti della società di e-commerce e invia la merce al consumatore finale svizzero.
• La società di e-commerce dichiara la merce per l’esportazione definitiva dall’Italia, sulla base di fattura per operazione non imponibile articolo 8/1/a del Dpr n. 633/1972.
• Entrambe le imprese italiane devono comprovare che la merce è effettivamente uscita dal territorio comunitario.
• Se IT2 vende DAP l’operazione di importazione viene posta a carico del consumatore finale svizzero. Se IT2 vende DDP l’operazione di importazione viene posta a carico di IT2.
• L’ operazione di importazione definitiva in Svizzera sarà eseguita a spese di uno dei due ultimi soggetti intervenuti nell’operazione (società di drop shipping o consumatore finale), in base alle condizioni di resa Incoterms 2020 indicate nelle condizioni generali di vendita della società di drop-shipping.
• L’operazione di importazione in Svizzera viene eseguita in base alla fattura emessa dalla società di drop shipping IT2.

Al riguardo occorre tenere presente che, a partire dal 1° gennaio 2019,  la normativa Iva svizzera prevede che nel caso di operatori economici esteri che vendono con importazione in Svizzera beni di esiguo valore e cioè beni che all’atto dell’importazione in Svizzera generano un’Iva svizzera non superiore a 5 franchi svizzeri, ove il valore complessivo di tali importazioni superi la soglia di 100.000 franchi svizzeri l’anno, l’operatore economico estero deve aprire una posizione Iva in Svizzera a mezzo di rappresentante fiscale.
In caso di supero della soglia di 100.000 franchi svizzeri / anno per l’importazione di beni di valore irrisorio:

• La Dogana svizzera continua a non applicare l’Iva;
• L’impresa italiana, mediante la partita Iva aperta in Svizzera, deve provvedere ad applicare l’Iva svizzera nei confronti dei clienti svizzeri.

 Sotto il profilo pratico, la società italiana di e-commerce è abilitata ad emettere un’unica fattura nei confronti del cliente svizzero, valida sia ai fini dell’Iva italiana che dell’Iva svizzera. 1 copia di tale fattura viene anche consegnata allo spedizioniere doganale italiano, 1 allo spedizioniere doganale svizzero e 1 al rappresentante fiscale svizzero.
Nel caso in cui vengano venduti sia beni di valore irrisorio, sia beni di valore NON irrisorio, per questi ultimi il soggetto importatore continua ad essere il cliente finale; tali ultimi beni NON transitano tramite la partita Iva svizzera, salvo che l’impresa italiana scelga di vendere i beni con la clausola DDP – Incoterms 2020. In tale ultima situazione a rigore, l’impresa italiana dovrebbe canalizzare l’operazione tramite la posizione Iva svizzera.

Esempio Svizzera con fattura

Società di e-commerce che ha superato la soglia di 100.000 franchi svizzeri di esportazioni in Svizzera di beni di valore irrisorio vende ad un cliente svizzero, con resa DDP (prezzo tutto compreso, con consegna all’abitazione del cliente consumatore finale) un prodotto alimentare del valore di  100 euro + Iva svizzera 2,5%. Si supponga che il dazio sia zero, trattandosi di beni di origine preferenziale comunitaria.
Fattura:
Ai fini dell’Iva italiana:                                 
Fornitura 1 unità del prodotto X                                                                  100,00 euro
Operazione non imponibile articolo 8/1/a del Dpr n. 633/1972          
Ai fini dell’Iva svizzera
Iva svizzera 2,5%                                                                                             2,50 euro
                                                                                                                 --------------------
Totale fattura (pagata in data odierna a mezzo PAYPAL)                           102,50 euro
Sulla base del cambio euro – franco svizzero, l’Iva svizzera, in tal caso, è di importo inferiore a 5 franchi svizzeri.
Nel momento in cui la merce giunge in Svizzera, essa viene sdoganata senza pagamento dell’Iva svizzera.
Il rappresentante fiscale svizzero provvede a registrare nella contabilità svizzera la fattura di vendita emessa dall’impresa italiana.
Con riferimento ad ogni trimestre solare, il rappresentante fiscale svizzero provvede a liquidare l’Iva dovuta e a presentare la dichiarazione Iva trimestrale all’AFC - Amministrazione  Federale delle Contribuzioni.
L’Iva svizzera viene versata all’AFC entro 60 giorni dal termine del trimestre solare di riferimento.
NB: Nell’esempio considerato, l’obbligo di canalizzazione tramite la posizione Iva svizzera sorge sia a causa del fatto che si tratta di bene di valore irrisorio venduto da soggetto che ha superato la soglia di 100.000 franchi svizzeri/ anno di vendite di beni del tipo considerato, sia a causa della resa DDP.
Riepilogando:
• Fornitura a clienti svizzeri di beni di esiguo valore (la cui Iva all’importazione non supera 5 franchi svizzeri) (1):
- se con tali forniture viene realizzato un volume d’affari annuo di almeno 100.000 franchi svizzeri: SI obbligo di apertura di posizione Iva in Svizzera;
- in caso contrario: NO obbligo di apertura di posizione Iva in Svizzera;
• Fornitura a clienti svizzeri di beni di valore NON esiguo: NO obbligo di apertura di posizione Iva in Svizzera.
Nota (1): con le nuove aliquote Iva svizzere si tratta di beni del seguente valore:
• 5 franchi svizzeri / 7,7% = 64,94  franchi svizzeri  - prodotti in genere
• 5 franchi svizzeri / 2,5% = 200,00  franchi svizzeri - prodotti alimentari   

  

Società di e-commerce localizzata in altro Paese Ue

In sintesi:
• Produttore: Italia
• Società di e-commerce: Lussemburgo
• Consumatore finale: Germania 
Trasporto a carico del produttore italiano

La società lussemburghese deve aprire una posizione Iva in Germania e deve comunicarne gli estremi all’impresa produttrice italiana.

L’impresa produttrice italiana emette fattura per operazione non imponibile articolo 41/1/a del Dl n. 331/1993 nei confronti della società lussemburghese – posizione Iva tedesca e invia la merce al consumatore finale tedesco.

La società di e-commerce lussemburghese – posizione Iva tedesca, svolge la procedura acquisti intracomunitari in Germania e applica l’Iva tedesca (con emissione fattura o con semplice annotazione del corrispettivo a seconda di quanto prevede la normativa tedesca e a seconda delle scelte della predetta società di e-commerce).
 

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24/02/2022 - 21:35

Aggiornato il: 24/02/2022 - 21:35

3.5 - Vendita tramite reti di imprese o consorzi


Come esaminato nelle precedenti sezioni, a partire dal 1° luglio 2021, le vendite on line di beni fisici nei confronti di consumatori finali di altro Paese Ue, hanno trovato una notevole semplificazione, venendo meno l’obbligo di aprire posizioni Iva in altri Paesi Ue, salvo nel caso di esistenza di depositi in loco.
Riguardo ai prodotti sottoposti ad accisa resterà ancora, per qualche tempo, la necessità di assolvere tale tributo nei Paesi di destinazione dei prodotti.

La gestione del sito internet continua comunque ad essere un lavoro piuttosto pesante e che richiede tempo:
• Svolgimento della procedura relativa allo sportello unico (OSS);
• Aggiornamento del sito in termini di suo funzionamento e di gestione del catalogo prodotti;
• Gestione della pubblicità, delle promozioni, etc.
• Soddisfacimento delle richieste dei consumatori finali (risposte a eventuali richieste di chiarimento);
• Gestione dei resi legati al diritto di recesso;
• Etc.
Per far fronte al pesante impegno previsto, laddove ritenuto utile è possibile aggregarsi con altre imprese in modo da ottimizzare i costi legati a tale modalità di presenza all’estero. Attualmente esistono le seguenti principali forme di aggregazione:
• il consorzio o la cooperativa
• la rete di imprese.


Nel caso del consorzio o della cooperativa:
• Il sito internet potrebbe essere intestato al consorzio /cooperativa; tale organismo potrebbe occuparsi di tutte le relative incombenze, anche fiscali
• i flussi logistici, in funzione degli ordini ricevuti dal consorzio /cooperativa, potrebbero essere organizzati, ad esempio, secondo una delle due seguenti modalità:
- i singoli produttori vendono i prodotti al consorzio / cooperativa con resa EXW e il consorzio o la cooperativa  si occupano di ritirarli e di consegnarli al cliente finale, provvedendo alle relative incombenze fiscali;
- oppure, il consorzio o la cooperativa, si avvalgono di un operatore logistico dotato di deposito ordinario o fiscale (nel caso delle bevande alcoliche), presso il quale invitano i soci a consegnare i prodotti (acquistandoli con resa FCA - deposito logistico) e poi ne curano lo smistamento ai clienti finali, provvedendo alle relative incombenze fiscali.
Così operando, i soci del consorzio o della cooperativa si troverebbero a porre in essere delle ordinarie cessioni nazionali di beni, con emissione di fattura elettronica nei confronti del consorzio o della cooperativa.

Nel caso della rete d’imprese, la funzione di “concentratore” delle fatture potrebbe essere svolta da un’impresa mandataria, facente parte della rete (ad esempio, una SRL commerciale partecipata dalle singole imprese della rete). Per il resto valgono le procedure delineate con riferimento al consorzio / società consortile. 
Al momento la normativa sui contratti di rete pone ancora troppi limiti all’operatività delle imprese (ad esempio: impossibilità di condivisione dei mezzi di trasporto appartenenti alle imprese retiste). 
E’ invece prevista la possibilità di utilizzo in comune del personale in regime di codatorialità o di distacco. 
E’ auspicabile che tale normativa venga al più presto migliorata.
Riguardo agli strumenti di collaborazione tra imprese sopra indicati si osserva che con il comma 131 dell’articolo 1 della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021), è stato riproposto, a favore delle imprese agricole e agroalimentari che realizzano reti d’impresa o si costituiscono in forma di cooperativa o consorzio, a valere per il triennio 2021-2023, il credito d’imposta del 40%, introdotto dall'articolo 3, comma 1 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, nella Legge 11 agosto 2014, n. 116, a fronte di investimenti, nel limite di 50.000 euro, sostenuti per la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico. 
Al fine di disciplinare in dettaglio i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione di tale credito d’imposta, la norma prevede l’emanazione di un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di approvazione della Legge di Bilancio.
Al momento tale provvedimento non risulta ancora emanato.

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24/02/2022 - 21:47

Aggiornato il: 24/02/2022 - 21:47

3.6 - Vendita tramite magazzini di consegna nel Paese estero


Impresa di e-commerce italiana decide di vendere i propri prodotti nei confronti dei consumatori finali francesi, utilizzando un deposito ubicato in Francia e applicando l’Iva francese a mezzo di una-  posizione Iva aperta in Francia. 

Ai fini delle imposte sui redditi, secondo l'art. 5 del Modello OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) di convenzione contro la doppia imposizione, un magazzino di semplice consegna di beni che vengono venduti direttamente da parte dell'impresa italiana mediante il proprio ufficio vendite italiano non costituisce stabile organizzazione dell'impresa italiana nel Paese di localizzazione del magazzino.
Al riguardo occorre tuttavia tenere conto che, in virtù del piano BEPS - Base Erosion and Profit Shifting, il magazzino di consegna per non realizzare la fattispecie della stabile organizzazione deve avere un carattere preparatorio e ausiliario rispetto all'attività svolta dall'impresa italiana.
L’OCSE con il Piano BEPS ha individuato 15 Azioni finalizzate ad attribuire i redditi ai Paesi nei quali essi sono stati effettivamente prodotti.
L’Azione n. 7 – Preventing the Artificial Avoidance of Permanent Establishment Status ha individuato alcune modifiche da apportare al Modello OCSE e al suo Commentario, riguardo al concetto di stabile organizzazione.
Ad esempio, in tale ambito, il Commentatario del Modello OCSE, rivisto in base a tale Piano, in riferimento all’articolo 5 del Modello OCSE (Stabile organizzazione), nel punto 22, afferma che:
“Whether the activity carried on at such a place of business has a preparatory  or auxiliary character will have to be determined in the light of factors that include the overall business activity of the enterprise. Where, for example, an enterprise of State R maintains in State S a very large warehouse in which a significant number of employees work for the main purpose of storing and delivering goods owned by the enterprise that the enterprise sells online to customers in State S, paragraph 4 will not apply to that warehouse since the storage and delivery activities that are performed through that warehouse, which represents an important asset and requires a number of employees, constitute an essential part of the enterprise’s sale/distribution business and do not have, therefore, a preparatory and auxiliary character”.
Secondo l’art. 5 del Modello ONU di convenzione contro la doppia imposizione, invece, anche un magazzino di semplice consegna può costituire stabile organizzazione dell’impresa italiana nel Paese estero.

Mentre il Modello OCSE trova applicazione nei rapporti con Paesi sviluppati, il Modello ONU trova invece applicazione nei rapporti con Paesi in via di sviluppo.

Sul piano pratico, prima di allestire un magazzino di consegna in un Paese estero occorre verificare se lo stesso, in base alla normativa e alla prassi interna del Paese considerato e all’eventuale accordo contro la doppia imposizione esistente tra l’Italia e il Paese estero, possa o meno realizzare la fattispecie della stabile organizzazione dell’impresa italiana nel Paese estero.
Al riguardo si ricorda che le norme contenute in un accordo contro la doppia imposizione non creano la fattispecie impositiva, ma si limitano a delimitarla al fine di evitare la doppia imposizione internazionale del reddito.
In pratica, se per la normativa interna del Paese estero considerato il magazzino di consegna NON realizza l’ipotesi della stabile organizzazione, l’eventuale previsione positiva contenuta nell’accordo contro la doppia imposizione, non obbliga tale Paese a considerare realizzata la fattispecie della stabile organizzazione. 
 
Ai fini dell’Iva, nel caso in cui il magazzino di consegna sia ubicato in un altro Paese UE, è necessario aprire una posizione Iva in tale Paese al fine gestire le operazioni di ricevimento dei prodotti e di cessione degli stessi.  

Sempre sotto il profilo dell’Iva, occorre previamente verificare se, ai fini dell’Iva,  tale magazzino possa realizzare l’ipotesi della stabile organizzazione IVA dell’impresa italiana nel Paese di insediamento dello stesso.
Al riguardo si ricorda che, in base all’articolo 11 del Regolamento (UE) n. 282/2011, la  "stabile organizzazione" ai fini dell’Iva designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica dell’impresa, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti sia a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione, sia a consentirle di fornire i servizi di cui assicura la prestazione.
Secondo la Presidenza del Consiglio dell’Unione europea (documento n. 7988/10 del 26 marzo 2010) tale definizione, pur essendo incentrata sulle prestazioni di servizi,  deve essere estesa ad ogni situazione governata dalla direttiva 2006/112/CE e non limitata alle prestazioni di servizi. Quindi la stessa vale anche nel caso di operazioni concernenti i beni.
Si ricorda che nel caso di presenza di un’impresa in un determinato Paese Ue mediante una stabile organizzazione Iva, tale impresa sulle cessioni interne a tale Paese deve applicare l’Iva e non può quindi utilizzare la procedura del reverse charge esterno, che alcuni Paesi Ue prevedono per i soggetti non stabiliti in tale Paese.
E' da ritenere che, in caso di utilizzo da parte dell’impresa italiana di un magazzino di consegna in altro Paese Ue:
• venga realizzata la fattispecie della stabile organizzazione Iva dell’impresa italiana in tale Paese, nel caso in cui tale magazzino di consegna viene gestito dall’impresa italiana stessa, mediante, ad esempio, personale alle proprie dipendenze;
• NON venga invece realizzata tale fattispecie nel caso in cui l’impresa italiana si avvalga di un operatore logistico locale indipendente dall’impresa italiana, ad esempio, mediante un contratto di deposito.
Sul tema sono molto utili le osservazioni contenute nel documento di lavoro del VALUE ADDED TAX COMMITTEE, n. 968 del 15 maggio 2019, paragrafo 3. 

Esempio deposito in Francia

Impresa di e-commerce italiana decide di vendere i propri prodotti nei confronti dei consumatori finali francesi, utilizzando un deposito ubicato in Francia e applicando l’Iva francese a mezzo di una-  posizione Iva aperta in Francia. 

Flusso operativo:
• l’impresa italiana trasferisce un congruo quantitativo di prodotti in Francia, presso il deposito francese, con emissione di fattura, al costo, dalla posizione Iva italiana a quella francese, per operazione non imponibile articolo 41/2/c del Dl n. 331/1993 e con presentazione del modello Intra 1-bis; in Francia viene svolta la procedura acquisti intracomunitari
• i consumatori finali francesi accedono al sito internet italiano, acquistano la merce e pagano il prezzo Iva francese 20% compresa
• viene generata la fattura di vendita interna alla Francia, assoggettata all’Iva francese del 20%; tale fattura viene emessa in 3 esemplari:
-1 per la contabilità generale italiana
-1 per il consulente francese incaricato di gestire la posizione Iva francese dell’impresa italiana
- 1 per il cliente finale francese
• il consulente francese annota la fattura nella contabilità Iva francese, presenta la dichiarazione Iva periodica e liquida l’Iva
• l’impresa italiana direttamente dall’Italia o tramite conto corrente bancario intrattenuto presso banca francese esegue il pagamento del saldo Iva.
Nel caso in cui i prodotti inviati in Francia fossero prodotti sottoposti ad accisa, occorrerebbe espletare anche la procedura accise, sia ai fini italiani che ai fini francesi.
A tale fine è necessario che il deposito logistico francese sia in possesso dell’autorizzazione a funzionare come deposito fiscale o come destinatario registrato. 
L’accisa francese concorre a formare la base imponibile della cessione effettuata in Francia. 

 

Nel caso in cui il magazzino di consegna sia invece ubicato in un Paese extra-UE, occorre distinguere tra due diverse tipologie di magazzini: il deposito doganale oppure il deposito ordinario.

Nel caso di deposito doganale, i prodotti vengono spediti dall'Italia al Paese del magazzino, dichiarandoli all’esportazione sulla base di fattura pro-forma. All'atto del loro arrivo nel Paese del deposito i prodotti vengono dichiarati per l'introduzione nel deposito doganale o in zona franca, dove restano allo "stato estero" sino all'atto della cessione degli stessi ai clienti finali.
Nel momento della cessione a consumatori del Paese del deposito, i prodotti vengono estratti dal deposito e sdoganati a nome del cliente finale, con pagamento dell'eventuale dazio e dei relativi diritti e vengono spediti al cliente finale; in tale evenienza i dazi e i diritti vengono riscossi dal consumatore finale ad opera del corriere espresso.

Nel caso di deposito ordinario, i prodotti, giunti nel Paese di destinazione, vengono sdoganati a nome dell'impresa italiana, con pagamento dell'eventuale dazio e dei relativi diritti; specie nei Paesi nei quali esiste un'imposta del tipo Iva, può rendersi necessaria l'identificazione dell’impresa italiana ai fini dell’Iva locale e lo svolgimento degli ulteriori adempimenti di carattere fiscale.

Sull’argomento si segnala la risposta interpello Agenzia Entrate 3.8.2020 n. 238, apprezzabile in ragione dello sforzo compiuto dall’Agenzia delle Entrate al fine di venire incontro alle esigenze dell’operatore interessato. Essa contiene tuttavia alcune affermazioni che lasciano perplessi, considerato che le stesse si pongono in contrasto con i principi generali che governano l’imposta e con precedenti posizione della stessa:

• NON sembra corretto richiamare quanto l’Agenzia aveva affermato in tema di contratto di call off stock (denominato «consignment stock» da parte dell’Agenzia), la cui caratteristica fondamentale consiste nel fatto che al momento della spedizioni dei beni dall’Italia nel Paese estero il cliente è già perfettamente individuato; è solo incerto il momento del prelievo; nel caso della vendita a mezzo di deposito all’estero, invece i clienti vengono man  mano individuati solo all’atto della  successiva cessione; in tale ambito si è maggiormente vicini al caso del magazzino di consegna; riguardo alla fatturazione della merce venduta con partenza dal magazzino di consegna l’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 58/E del 5 maggio 2005 aveva correttamente sostenuto la tesi dell’articolo 7-bis del Dpr n. 633/1972; tale si ritiene debba essere anche il trattamento dei beni venduti con spedizione dal deposito estero;
• Riguardo alle successive cessioni viene sostenuto che torna applicabile l’articolo 22 del Dpr n. 633/1972, con conseguente esonero dall’obbligo di emissione della fattura di cessione, salvo che la stessa venga richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione; si è invece dell’avviso che l’articolo 22 del Dpr n. 633/1972 valga solo per le vendite nazionali e che quindi nel caso considerato debba essere emessa fattura. La stessa è peraltro essenziale al fine di compiere le dovute operazioni doganali (in partenza dal deposito estero e in arrivo nel Paese del consumatore finale).
 

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24/02/2022 - 22:02

Aggiornato il: 24/02/2022 - 22:02

3.7 - Vendita di beni tramite unità ubicate all'estero



Nel caso di vendita a distanza nei confronti di clienti ubicati in mercati extra-UE, capaci di elevato assorbimento di prodotti (ad esempio, Brasile, Federazione russa, India, Cina, Stati Uniti, ecc.) e caratterizzati da una normativa complessa, può essere opportuno svolgere il commercio elettronico indiretto mediante una presenza strutturata in loco (ad esempio, una società locale).
In tale evenienza:
• l'impresa italiana potrebbe fornire i prodotti alla società estera, con una normale cessione all'esportazione (operazione non imponibile art. 8, c. 1, lett. a, del Dpr 633/1972)
• la società estera provvederebbe a importare i prodotti nel Paese di arrivo, espletando le necessarie pratiche doganali e pagando l'eventuale dazio e le imposte sugli scambi eventualmente in vigore nel Paese estero (riguardo al vino e alle altre bevande alcoliche, la gran parte dei Paesi prevede l'applicazione di accise)

In tale evenienza le operazioni di e-commerce nei confronti del clienti locali sarebbero gestire direttamente dalla società estera.

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05/09/2019 - 10:51

Aggiornato il: 05/09/2019 - 10:51

3.8 Vendita a distanza di beni importati senza e con facilitazione da parte di interfaccia elettronica e vendita di beni a distanza eseguita da operatore economico extra Ue


L’articolo 38-bis del Dl n. 331/1993, detta la definizione di vendite a distanza affermando che:
“2. Per vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi si intendono le cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, da un territorio terzo o paese terzo con arrivo della spedizione o del trasporto in uno Stato membro dell'Unione europea a destinazione di persone fisiche non soggetti d'imposta o a destinazione dei soggetti nei cui confronti sono effettuate cessioni non imponibili ai sensi dell'articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero, con esclusione dei beni soggetti ad accisa, a destinazione di cessionari, soggetti passivi o non soggetti passivi, che non sono tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa.
(…)
3. Le disposizioni dei commi … 2  non si applicano:
a) alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi;
b) alle cessioni di beni da installare, montare o assiemare a cura del fornitore o per suo conto nello Stato di arrivo della spedizione o del trasporto.”.
La vendita a distanza di beni importati riguarda la cessione di beni che rispettano le seguenti condizioni:
• si trovano in un territorio terzo o in un Paese terzo (extra Ue) al momento della vendita e sono trasportati o spediti in un Paese Ue da o per conto del fornitore: 
• a un consumatore finale («privato consumatore»);
• a uno dei soggetti di cui all’articolo 72 del Dpr n. 633/1972;
• oppure, con esclusione dei prodotti sottoposti ad accisa, ad uno dei soggetti appartenenti al cosiddetto «Gruppo dei 4».
• sono inviati in spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro (beni di “scarso valore”); per valore intrinseco s'intende il valore del bene escluso il costo del trasporto, dell'eventuale assicurazione e dei diritti di confine;
• NON si tratta di prodotti sottoposti ad accisa.
I beni in questione, all’atto della vendita, devono essere fisicamente presenti in Paesi o territori extra Ue; nel caso in cui fossero presenti in Italia (ad esempio) in deposito doganale, pur in condizioni di merce «allo stato estero» tale disposizione NON potrebbe essere applicata.
Se i beni sopra considerati avessero un valore intrinseco superiore a 150 euro e/o fossero beni sottoposti ad accisa, troverebbero applicazione le regole ordinarie (e NON le regole qui considerate).
L’impresa italiana, riguardo alla vendita a distanza di beni importati, può adottare una delle seguenti soluzioni:
• A) - Vendere i suddetti beni tramite il proprio sito internet (senza avvalersi di un’interfaccia elettronica facilitatrice); 
• B) - Vendere i suddetti beni tramite un’interfaccia elettronica facilitatrice (ad esempio, tramite AMAZON).

A) - VENDITA MEDIANTE IL PROPRIO SITO (SENZA UTILIZZARE UN’INTERFACCIA ELETTRONICA FACILITATRICE):
Al fine di gestire le operazioni considerate, l’impresa italiana può adottare una delle seguenti procedure:
Regime speciale IOSS
Regime speciale di dichiarazione e di pagamento dell'IVA all'importazione
Regime tradizionale
Nel caso di importazione di prodotti che oltre a rispettare le sopra indicate condizioni, non sono sottoposti a divieti o restrizioni, in luogo del tracciato ordinario (H1 o H6) è possibile (facoltativo) utilizzare un tracciato (H7) caratterizzato da un numero di informazioni ridotto.
La Circolare ADM n. 26 del 30 giugno 2021 afferma che:
“Per l'identificazione della spedizione devono essere utilizzati i seguenti codici da indicare nel data element relativo al regime aggiuntivo del tracciato (11 10 000 000 - data element codice procedura aggiuntiva):
- C07, spedizioni di valore trascurabile;
- F48, importazione nell'ambito del regime speciale per le vendite a distanza di beni importati da paesi terzi o territori terzi di cui all'art. 74 sexies p.1 del DPR n.633/72 come novellato dal D.Lgs n.83/2021 (IOSS);
- F49, importazione nell'ambito del regime speciale per la dichiarazione e il pagamento dell'IVA all'importazione di cui all'art. 70 p.1 del sopracitato DPR n.633/72 come novellato dal D.Lgs n.83/202l.”.

In base a tale tracciato:
• Nel caso di utilizzo del regime speciale IOSS, occorre indicare il codice IOSS
• La merce viene codificata in base al sistema armonizzato (6 cifre)
• NON viene indicato il codice EORI dell’importatore B2C
• L’Iva viene calcolata in base all’aliquota ordinaria (riguarda il caso in cui NON viene utilizzato il regime IOSS: con il regime IOSS l’Iva NON viene pagata in Dogana)

Nel seguito si provvede a delineare le modalità di funzionamento dei tre regimi con l’aiuto di alcuni esempi pratici.

Vendita a distanza di beni importati - Regime Speciale OSS - Esempio

Impresa italiana decide di vendere on line a consumatori Ue beni che vengono acquistati presso fornitore cinese con invio diretto ai consumatori finali comunitari.
Si tratta di beni aventi le seguenti caratteristiche:
• si trovano in un territorio terzo o in un Paese terzo al momento della vendita e sono trasportati o spediti da o per conto del fornitore a un consumatore in uno Stato membro;
• sono spediti in spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro (beni di “scarso valore”); il valore in euro dell'importazione é determinato in base al tasso di cambio pubblicato dalla Banca centrale europea del primo giorno lavorativo d'ottobre, con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo.
• non sono soggetti ad accise (NON si tratta cioè di bevande alcoliche o prodotti del tabacco).
I beni in questione possono essere importati nel Paese di consumo o in altro Paese Ue.
Come viene affermato nelle Note esplicative dell’Unione europea: “Il ricorso allo IOSS semplifica inoltre la logistica dato che i beni possono entrare nella Ue ed essere immessi in libera pratica in qualsiasi Stato membro, indipendentemente da quello della loro destinazione finale”.
L’articolo 74-sexies1, comma 3, del Dpr n. 633/1972 afferma che:
“ I soggetti che si avvalgono del regime speciale previsto dal presente articolo sono dispensati dagli obblighi di cui al titolo II; qualora sia emessa fattura si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti." 

SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA
Fase organizzativa:
• L’impresa italiana stipula una convenzione con il fornitore cinese, idonea a regolare il rapporto commerciale;
• L’impresa italiana, al fine di beneficiare del Regime speciale IOSS,  deve chiedere all’Agenzia delle Entrate italiana l’emissione di uno specifico numero Identificativo IOSS  (da utilizzare solo ai fini IOSS). Si tratta di un codice alfanumerico di 12 caratteri.
• L’impresa italiana concorda con il fornitore extra Ue la condizione di reso della merce: in ipotesi, FCA – stabilimento cinese;
• L’impresa italiana concorda con un corriere espresso l’impegno da parte di quest’ultimo a ritirare la merce presso il fornitore cinese, a curare le operazioni di importazione in ambito Ue e a consegnarla ai consumatori finali Ue;
• L’impresa italiana comunica al corriere espresso il proprio codice IOSS;
• L’impresa italiana tiene la contabilità prevista dall’articolo 63 del Regolamento n. 282/2011 e predispone un software in grado di raccogliere tutte le informazioni necessarie per rispondere ad eventuali richieste di informazioni attivate dall’Amministrazione fiscale del Paese di consumo (Regolamento 2021/965 del 9 giugno 2021).
Fase operativa:
• Un consumatore finale francese accede al sito internet dell’impresa italiana e acquista la merce X (che rispetta tutti i requisiti IOSS), pagando il relativo prezzo (Iva francese compresa) a mezzo carta di credito;
• L’impresa italiana acquista la merce dal fornitore cinese (comunicando allo stesso gli estremi del destinatario della merce);
• Il fornitore cinese provvede a dichiarare la merce per l’esportazione dalla Cina verso la Francia;
• Il corriere espresso ritira la merce in Cina e la trasporta al consumatore finale in Francia, dichiarando la stessa alla Dogana francese (o di altro Paese Ue), indicando nel tracciato H7 il codice IOSS dell’impresa italiana, senza pagare dazio e Iva; codici da indicare nel tracciato: C07 – F48; la merce viene sdoganata in base alla fattura emessa dal fornitore italiano (e quindi in base al valore intrinseco indicato dal fornitore italiano); 
• il consumatore finale francese riceve il prodotto, senza più pagare nulla;
• L’impresa italiana, entro la fine del mese solare successivo a quello di riferimento, presenta la dichiarazione mensile IOSS, recante il dettaglio per Paese di consumo, aliquota Iva, etc., delle operazioni poste in essere e l’Iva applicata; entro la stessa scadenza versa l’Iva applicata; nel caso in cui il cui corrispettivo e' fissato in valuta diversa dall'euro, in sede di redazione della dichiarazione è utilizzato il tasso di cambio pubblicato dalla Banca centrale europea l'ultimo giorno del periodo d'imposta al quale si riferisce la dichiarazione o, in mancanza, quello del primo giorno successivo di pubblicazione.
• L’Agenzia delle Entrate smista ai Paesi di consumo la dichiarazione IOSS e l’Iva ai medesimi spettante. 

  

VENDITA A DISTANZA DI BENI IMPORTATI – REGIME SPECIALE DI DICHIARAZIONE E DI PAGAMENTO DELL’IVA ALL’IMPORTAZIONE

Tale regime speciale è alternativo rispetto al regime speciale IOSS. Si tratta di una semplificazione destinata ai corrieri espresso e ai soggetti incaricati del servizio postale che consente agli stessi di non pagare l’Iva all’atto dello sdoganamento ma sulla base di una dichiarazione mensile da trasmettere all’Agenzia delle Entrate del Paese di identificazione (nel caso specifico: Italia).
Anche in questo caso deve trattarsi di beni che si trovano in un territorio terzo o in un Paese terzo al momento della vendita e che sono trasportati o spediti da o per conto del fornitore a un consumatore in uno Stato membro
Il regime speciale (regime semplificato) in argomento trova applicazione ove vengano rispettate le seguenti condizioni:
• beni in spedizioni di valore intrinseco NON superiore a 150 euro;
• beni NON sottoposti ad accisa;
• beni importati / immessi in libera pratica nello stesso Stato membro in cui termina la spedizione  o il trasporto;
• al fine di poter utilizzare il tracciato H7, in sede di importazione: si tratta di beni per i quali non sono previsti a divieti o restrizioni.
Riguardo alla procedura in questione l’Agenzia delle Dogane ha emanato le Determinazioni 219776 e 219778 del 30 giugno 2021.

Esempio

Impresa italiana decide di vendere on line a consumatori Ue beni che vengono acquistati presso fornitore cinese con invio diretto ai consumatori finali comunitari.
La relativa procedura può essere così sintetizzata:
Fase organizzativa:
• L’impresa italiana stipula una convenzione con il fornitore cinese, idonea a regolare il rapporto commerciale;
• Il corriere espresso che intende avvalersi del presente regime speciale è tenuto a chiedere preventivamente una specifica autorizzazione al competente Ufficio delle Dogane.Al riguardo, l’articolo 1 della Determinazione 219778 del 30 giugno 2021 afferma che: “Il soggetto che intende avvalersi del regime speciale per la dichiarazione e il pagamento dell'IVA all'importazione, previsto dall'articolo 70.1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è tenuto a chiedere preventivamente, a norma degli articoli 110 e 111 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, all'Ufficio delle Dogane competente in base alle disposizioni unionali, l'autorizzazione alla dilazione del pagamento della relativa IVA riscossa, previa autorizzazione alla costituzione di garanzia globale e connessa prestazione di apposita cauzione, salvo eventuale esonero.”.
Fase operativa:
• Un consumatore finale francese accede al sito internet dell’impresa italiana e acquista la merce X (che rispetta tutti i requisiti sopra indicati), con resa DAP-abitazione del cliente, pagando il relativo prezzo (Iva francese esclusa) a mezzo carta di credito;
• L’impresa italiana acquista la merce dal fornitore cinese (comunicando allo stesso gli estremi del destinatario della merce) e incarica il corriere espresso di riferimento di eseguire il ritiro della merce in Cina e di trasportarla al consumatore finale francese;
• il fornitore cinese emette fattura di vendita nei confronti dell’impresa italiana e provvede a dichiarare la merce per l’esportazione dalla Cina verso la Francia, sulla base di un esemplare della suddetta fattura;
• L’impresa italiana emette fattura nei confronti del cliente francese per operazione non soggetta articolo 7-bis del Dpr n. 633/1972 e la annota sul registro fatture emesse;
• Il corriere espresso ritira la merce in Cina e la trasporta al consumatore finale in Francia, dichiarando la stessa alla Dogana francese (o di altro Paese Ue), indicando nel tracciato H7, i codici C07-F49, senza pagare dazio e Iva; la dichiarazione doganale viene predisposta sulla base della fattura emessa dall’impresa italiana; ai fini della determinazione della base imponibile Iva, il valore in euro dell'importazione è determinato in base al tasso di cambio pubblicato dalla Banca centrale europea del primo giorno lavorativo d'ottobre, con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo.
• il corriere espresso consegna la merce al cliente finale e chiede il pagamento dell’Iva francese, in base all’aliquota ordinaria;
• il corriere espresso presenta una dichiarazione Iva mensile all’Agenzia delle Dogane e versa la relativa Iva. Al riguardo, l’articolo 70.1 del Dpr n. 633/1972 afferma che: “Relativamente alle importazioni di beni effettuate nel mese di riferimento, i soggetti che si avvalgono del regime speciale previsto dal presente articolo presentano una dichiarazione mensile dalla quale risulta l'ammontare dell'imposta riscossa presso le persone a cui i beni sono destinati.”. Riguardo alla suddetta dichiarazione l’articolo 3 della Determinazione n. 219778 del 30 giugno 2021 afferma che: “Gli importi dovuti dal soggetto che si avvale del regime speciale per la dichiarazione e il pagamento dell'IVA all'importazione in relazione ai beni presentati in dogana per conto della persona alla quale essi sono destinati, tenuta al pagamento dell'IVA, sono aggregati su base mensile, in considerazione delle spedizioni effettivamente consegnate nel mese di riferimento.
Il pagamento è eseguito entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello di aggregazione, in un'unica soluzione ovvero mediante versamenti frazionati corrispondenti a raggruppamenti di spedizioni.”.
Nel caso di mancata consegna / non accettazione del pacco da parte del consumatore finale, il corriere espresso deve conservare la relativa prova al fine di giustificare il mancato pagamento dell’Iva alla Dogana per tali spedizioni.
I Paesi membri dell’UE possono consentire l’uso dell’aliquota Iva ordinaria per le merci dichiarate nell’ambito del presente regime speciale.
L’Italia, ad esempio, ha introdotto tale previsione: nel caso venga utilizzato il tracciato H7 l’Iva deve essere applicata con l’aliquota ordinaria.
La persona alla quale i beni sono destinati  può optare per la procedura di importazione ordinaria, al fine di avvalersi di una eventuale Iva ridotta.
Il corriere espresso è tenuto a conservare la documentazione relativa alle importazioni effettuate nell’ambito del presente regime speciale e a fornirla in via elettronica, su richiesta, all’Amministrazione finanziaria.  

  

VENDITA A DISTANZA DI BENI IMPORTATI – REGIME ORDINARIO
Si tratta della procedura da applicare obbligatoriamente nel caso di:
• prodotti sottoposti ad accisa;
• prodotti che superano la soglia (valore intrinseco) di 150 euro.
Negli altri casi si tratta di una scelta alternativa a quella dei regimi speciali in precedenza esaminati.

Esempio

Impresa italiana decide di vendere on line a consumatori Ue beni che vengono acquistati presso fornitore cinese con invio diretto ai consumatori finali comunitari.
Si supponga che i beni importati rispettino tutte le condizioni previste per l’applicazione dei regimi speciali, me che si decida di utilizzare la procedura ordinaria.
La relativa procedura può essere così sintetizzata:
• Un consumatore finale francese accede al sito internet dell’impresa italiana e acquista la merce X, pagando il relativo prezzo a mezzo carta di credito;
• L’impresa italiana acquista la merce dal fornitore cinese (comunicando allo stesso gli estremi del destinatario della merce) e incarica il corriere espresso di riferimento di eseguire il ritiro della merce in Cina e di trasportarla al consumatore finale francese;
• il fornitore cinese emette fattura di vendita nei confronti dell’impresa italiana e provvede a dichiarare la merce per l’esportazione dalla Cina verso la Francia, sulla base di un esemplare della suddetta fattura;
• Il corriere espresso ritira la merce in Cina e la trasporta al consumatore finale in Francia, dichiarando la stessa alla Dogana francese (o di altro Paese Ue); la dichiarazione doganale (predisposta su tracciato H7) viene predisposta sulla base della fattura emessa dall’impresa italiana nei confronti del consumatore finale francese;
• il corriere espresso consegna la merce al cliente finale e chiede il pagamento dell’Iva francese, in base all’aliquota ordinaria;
Se, invece, si trattasse di un prodotto che, invece, NON rispetta le sopra indicate condizioni (ad esempio, prodotto con un valore intrinseco superiore a 150 euro e/o prodotto sottoposto ad accisa la procedura verrebbe così variata:
• in sede di sdoganamento in arrivo NON potrebbe essere utilizzato il tracciato H7;
• la Dogana procederebbe ad applicare, nei confronti dell’importatore i diritti dovuti (ad esempio:  l’eventuale dazio o l’eventuale accisa e l’Iva).  

  

B) - VENDITA MEDIANTE L’UTILIZZAZIONE DI UN’INTERFACCIA ELETTRONICA FACILITATRICE)
L’articolo 14 bis Direttiva 2006/112/CE, afferma che: 
“1.   Se un soggetto passivo facilita, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 EUR, si considera che lo stesso soggetto passivo in questione abbia ricevuto e ceduto detti beni.
c) tale soggetto passivo non partecipa, direttamente o indirettamente, all’ordinazione o alla consegna dei beni.”.

Riguardo al concetto di facilitazione, l’articolo 5 ter del Regolamento n. 282/2011, afferma che:
“Ai fini dell’applicazione dell’articolo 14 bis della direttiva 2006/112/CE, il termine «facilita» designa l’uso di un’interfaccia elettronica che consenta a un acquirente e a un fornitore che pone in vendita beni tramite l’interfaccia elettronica di stabilire un contatto che dia luogo a una cessione di beni tramite detta interfaccia elettronica.
Tuttavia, un soggetto passivo non facilita una cessione di beni se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) tale soggetto passivo non stabilisce, direttamente o indirettamente, alcuno dei termini e delle condizioni in base alle quali è effettuata la cessione di beni;
b) tale soggetto passivo non partecipa, direttamente o indirettamente, all’autorizzazione della riscossione presso l’acquirente del pagamento effettuato.”.

Per un approfondimento del concetto di facilitazione si rinvia alle Note esplicative della Commissione Europea sulle norme sull’Iva nel commercio elettronico del settembre 2020 (punto 2.1.6 e seguenti).

Esempio

Società italiana (fornitore indiretto: «underlying supplier») intende vendere in ambito UE, con la facilitazione di un’interfaccia elettronica (ad esempio: AMAZON), beni importati da Paesi extra Ue di valore intrinseco NON superiore a 150 euro.
I beni vengono spediti dal Paese extra Ue direttamente al consumatore finale UE.
Si supponga che:
• L’interfaccia elettronica sia identificata ai fini Iva in Italia (AMAZON); essa possieda un «numero identificativo IOSS » attribuito alla stessa dall’Agenzia delle Entrate italiana; 
• L’interfaccia elettronica abbia comunicato il numero identificativo IOSS all’operatore economico incaricato di curare il trasporto e le operazioni doganali;
• Il consumatore finale sia localizzato in Francia
La piattaforma viene considerata un fornitore presunto «deemed supplier».
L’operazione di vendita effettuata dall’impresa italiana nei confronti del consumatore finale viene scissa in due diverse operazioni:
• Una cessione B2B effettuata dall’impresa italiana venditrice («underlying supplier») nei confronti della piattaforma;
• Una cessione B2C effettuata dalla piattaforma nei confronti del consumatore finale; 
Sotto il profilo dell’Iva italiana:
• La cessione B2B, è considerata una cessione senza trasporto, con la conseguenza che si considera effettuata nel luogo in cui il bene si trova all’atto della cessione;  trattandosi di bene esistente all’estero viene emessa fattura per operazione non soggetta all’Iva ai sensi dell’articolo 7-bis del Dpr n. 633/1972;
• La cessione B2C è, invece considerata una cessione con trasporto che si considera effettuata nel luogo di arrivo del bene; la stessa é da assoggettare all’Iva del Paese del consumatore finale (gestita a mezzo del regime speciale IOSS).
Riguardo al momento impositivo, per entrambe le cessioni, il momento di effettuazione dell’operazione e, di conseguenza, di esigibilità dell’imposta, si verifica nel momento in cui è accettato il pagamento del corrispettivo.
Riguardo alla cessione B2B, come sopra indicato, il fornitore indiretto deve emettere fattura (in base a quanto previsto dall’articolo 21, comma 6-bis, del Dpr n. 633/1972).
Aspetti procedurali:
• Il consumatore finale francese acquista i beni tramite l’interfaccia elettronica e paga il relativo prezzo (iva francese compresa);
• La società italiana di e-commerce acquista i beni dal fornitore extra Ue e li «vende» all’interfaccia elettronica;
• Il fornitore extra Ue invia i beni al consumatore finale francese;
• Il corriere espresso trasmette in via telematica la dichiarazione di immissione in libera pratica all’Agenzia delle Dogane francese, indicando sulla stessa il numero identificativo IOSS, i dati identificativi del consumatore finale, il valore intrinseco della merce (così come risulta dalla fattura emessa dall’impresa italiana), etc., in base alla documentazione fornita dall’ interfaccia elettronica (la quale, a sua volta ha ricevuto le informazioni dal fornitore italiano); 
• La Dogana francese verifica la correttezza dell’operazione (il numero identificativo IOSS, valore intrinseco del bene, etc.):
• Se l’operazione è corretta: NON applica dazio e Iva francese;
• In caso contrario: applica l’eventuale dazio (se il valore intrinseco è superiore a 150 euro) e l’Iva;
• Il pacco viene consegnato al consumatore finale:
• Se la Dogana ha constatato la correttezza dell’operazione: senza oneri a carico del consumatore finale;
• In caso contrario: con riscossione dell’eventuale dazio e dell’Iva (in tale evenienza il consumatore ha il diritto di rifiutare il pacco o di pagare con richiesta di eventuale rimborso da parte all’interfaccia elettronica, la quale si rivale sulla società italiana).
• Il gestore dell’interfaccia elettronica presenta all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione mensile IOSS e versa l’Iva all’Erario italiano che la rigira, unitamente alla dichiarazione all’Amministrazione finanziaria francese.  

  

VENDITA A DISTANZA DI BENI ESEGUITA DA OPERATORE ECONOMICO EXTRA UE CON FACILITAZIONE INTERFACCIA ELETTRONICA

L’articolo 14 bis Direttiva 2006/112/CE, afferma che:
“(….)
2.   Se un soggetto passivo facilita, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le cessioni di beni effettuate nella Comunità da un soggetto passivo non stabilito nella Comunità a una persona che non è un soggetto passivo, si considera che lo stesso soggetto passivo che facilita la cessione abbia ricevuto e ceduto detti beni.»;

La procedura in questione presenta le seguenti caratteristiche:
• ha per oggetto beni  che all’atto della vendita sono già presenti nel territorio Ue; deve quindi trattarsi di beni prodotti in ambito Ue o importati nel territorio Ue; dovendo porre in essere vendite a distanza, è da ritenere che si deve trattare di beni in libera pratica (ad esempio, esistenti in un deposito ordinario di Paese Ue);
• l’impresa venditrice on line di Paese extra Ue, deve aprire una posizione fiscale in ambito Ue (laddove consentito per identificazione diretta oppure a mezzo di rappresentante fiscale);
• l’interfaccia facilitatrice (ad esempio: AMAZON) deve essere identificata ai fini Iva nel Paese del deposito logistico.

Anche in questo caso, il fornitore è qualificabile come fornitore indiretto (“underlying supplier”), mentre l’interfaccia elettronica è qualificabile come fornitore presunto( “deemed supplier”).
L’operazione di vendita effettuata dall’impresa extra Ue – posizione Iva italiana nei confronti del consumatore finale viene scissa in due diverse operazioni:
Una cessione B2B effettuata dall’impresa venditrice extra Ue – posizione Iva italiana («underlying supplier») nei confronti della piattaforma;
Una cessione B2C effettuata dalla piattaforma nei confronti del consumatore finale; 
Sotto il profilo dell’Iva italiana:
La cessione B2B, è considerata una cessione senza trasporto, con la conseguenza che si considera effettuata nel luogo in cui il bene si trova all’atto della cessione (Italia o altro Paese Ue);  nel caso in cui il bene, all’atto della cessione, sia presente in Italia, viene emessa fattura per operazione esente articolo 10, comma 3, del Dpr n. 633/1972;
La cessione B2C è, invece considerata una cessione con trasporto che si considera effettuata nel luogo di arrivo del bene; la stessa é da assoggettare all’Iva del Paese del consumatore finale (gestita a mezzo del regime speciale OSS).
Riguardo al momento impositivo, per entrambe le cessioni, il momento di effettuazione dell’operazione e, di conseguenza, di esigibilità dell’imposta, si verifica nel momento in cui è accettato il pagamento del corrispettivo.
Riguardo alla cessione B2B, come sopra indicato, il fornitore indiretto deve emettere fattura. Riguardo a tale operazione è possibile fare ricorso ad accordi di autofatturazione (“self billing”), in base alla normativa del Paese nel quale ha luogo la cessione.
 

Esempio

Società svizzera commercializza prodotti nei confronti di consumatori finali Ue, acquistandoli da una società italiana.
La società svizzera è dotata di posizione Iva in Italia a mezzo di rappresentante fiscale.
Le vendite on line poste in essere dalla società svizzera - posizione Iva italiana sono facilitate da un’interfaccia elettronica (“Market place”) identificata ai fini Iva in Italia. 
Tale interfaccia elettronica:
• mette a disposizione della società svizzera – posizione Iva italiana il negozio virtuale;
• gestisce la logistica dei prodotti (deposito e consegna ai consumatori finali)
• gestisce le vendite in considerazione mediante il regime speciale OSS. 
La società italiana produce i beni, li cede alla società svizzera – posizione Iva italiana, con applicazione dell’Iva, e li introduce nel deposito logistico dell’interfaccia elettronica.
Si supponga che i consumatori finali siano localizzati in Italia, Francia e Germania.
L’operazione si svolge come segue:
• la società svizzera – posizione Iva italiana emette fattura nei confronti dell’Interfaccia elettronica, per operazione esente articolo 10, comma 3, del Dpr n. 633/1972; tale operazione NON ha effetti sul pro-rata (NON compromette il diritto della società svizzera – posizione Iva italiana a portare in detrazione l’Iva subita a monte (sull’acquisto dal produttore italiano); 
• l’interfaccia elettronica è abilitata a gestire con il regime speciale OSS, sia le vendite a distanza nei confronti dei consumatori finali tedeschi e francesi sia quelle nei confronti dei consumatori finali italiani;
• l’interfaccia elettronica:
o incassa il corrispettivo Iva compresa pagato dai consumatori finali, 
o presenta la dichiarazione trimestrale OSS all’Agenzia delle Entrate italiana e versa la relativa Iva;
o emette fattura per le commissioni spettanti nei confronti della società svizzera – sede centrale e rigira alla stessa il netto incassato;
o presenta la dichiarazione ordinaria Iva italiana inserendo nella stessa la fattura di acquisto dei beni, chiedendo il rimborso del credito Iva.  

  
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04/03/2022 - 19:19

Aggiornato il: 04/03/2022 - 19:19

3.9 - Acquisti tramite internet


Occorre distinguere tra:
• Prodotti NON sottoposti ad accisa;
• Prodotti sottoposti ad accisa.

Prodotti NON sottoposti ad accisa

Nel caso di imprese estere che vendono beni fisici tramite internet a clienti italiani, possono presentarsi le seguenti principali situazioni:
1) Impresa venditrice di altro Paese UE, la quale spedisce i beni dal suo Paese nei confronti di consumatori finali italiani;
2) Impresa venditrice di Paese extra-UE, la quale spedisce i beni dal suo Paese nei confronti di consumatori finali italiani;
3) Impresa venditrice di altro Paese UE o di Paese extra-UE, la quale dispone di un deposito logistico in Italia, dal quale spedisce i beni nei confronti di consumatori finali italiani con partenza da tale magazzino di consegna.
4) Impresa venditrice di altro Paese UE o di Paese extra-UE, la quale vende beni fisici a operatori economici italiani spediti da altro Paese Ue o da Paese extra Ue o da deposito italiano.

1) Impresa venditrice di altro Paese Ue, la quale spedisce i beni dal suo Paese nei confronti di consumatori finali italiani
Tale impresa, sino alla soglia comunitaria di 10.000 euro /anno (alla determinazione della quale concorrono anche le vendite di beni digitali), è abilitata ad applicare l’Iva del suo Paese, con possibilità di opzione per l’applicazione dell’Iva dei Paesi Ue di destinazione dei beni (nel caso specifico: Iva italiana).
La vendita che comporta il superamento di tale soglia, obbliga l’impresa di altro Paese Ue ad applicare l’Iva dei Paesi Ue di destinazione dei beni.
A tal fine l’impresa di altro Paese Ue può adottare una delle seguenti due soluzioni:
• applicare il regime speciale OSS, presso l’Amministrazione fiscale del proprio Paese;
• oppure aprire una posizione Iva in Italia (con identificazione diretta o  a mezzo di rappresentante fiscale).
Si ricorda che sono assimilati ai consumatori finali i seguenti cessionari che non hanno optato per l'applicazione dell'imposta sugli acquisti intracomunitari ai sensi dell'articolo 38, comma 6, del Dl n. 331/1993 (il cosiddetto: “Gruppo dei 4”):
• Enti non commerciali NON soggetti passivi d’imposta;
• Soggetti passivi per i quali l’imposta è totalmente indetraibile ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del Dpr n. 633/1972 (ad esempio, soggetti che effettuano esclusivamente operazioni esenti, contribuenti in regime forfetario);
• Produttori agricoli operanti in regime speciale articolo 34 del Dpr n. 633/1972;
• Imprese operanti nell’ambito del regime del margine.
a condizione che l'ammontare complessivo degli acquisti intracomunitari dai medesimi effettuati nell'anno solare precedente, non abbia superato i 10.000 euro e fino a quando, nell'anno in corso, tale limite non è superato.

Le disposizioni di cui al presente punto NON si applicano nel caso di:
• cessioni di mezzi di trasporto nuovi;
• cessioni di beni da installare, montare o assiemare da parte del fornitore estero prima della loro consegna al cliente.

Una variante del caso in argomento è rappresentata dalla situazione in cui una società di Paese extra Ue apre una posizione Iva in un altro Paese Ue (ad esempio, nei Paesi Bassi), tramite la quale, in tale Paese, dichiara per l’importazione la merce proveniente da Paese extra Ue e poi la cede a consumatori finali italiani. 
E’ frequente il caso di imprese cinesi identificate ai fini Iva nei Paesi Bassi o in Lussemburgo (fino al 31 dicembre 2020 la localizzazione maggiormente gradita da tali imprese era il Regno Unito), che vendono merce di provenienza extra Ue (importata nei Paesi Bassi o in Lussemburgo) a clienti di altri Paesi Ue (tra i quali, clienti italiani).
Valgono le regole sopra indicate.

2) Impresa venditrice di Paese extra-UE, la quale spedisce i beni dal suo Paese nei confronti di consumatori finali italiani
Nel caso in cui l’impresa estera vende i beni con una condizione di resa diversa dal DDP e quindi in base ad un prezzo che NON comprende lo sdoganamento dei beni in Italia, essa non ha l’obbligo di espletare adempimenti di carattere doganale e fiscale in Italia.
Il consumatore finale italiano provvede a dichiarare la merce per l’importazione definitiva e a pagare l’eventuale dazio e l’Iva. In genere l’operazione è curata dal corriere espresso incaricato di recapitare la merce al consumatore finale.
Nel caso in cui, invece, l’impresa estera vende i beni con una condizione di resa DDP e quindi con sdoganamento all’importazione a proprio carico, essa (a rigore) dovrebbe aprire una posizione Iva in Italia a mezzo di rappresentante fiscale.
In tale evenienza:
• i beni vengono dichiarati per l’importazione definitiva a nome dell’impresa estera – posizione Iva italiana, con pagamento dell’eventuale dazio e dell’Iva;
• l’impresa estera emette fattura con Iva italiana nei confronti del consumatore finale italiano acquirente (oppure si avvale della possibilità di non emettere fattura, se non a richiesta del cliente, in base a quanto previsto dall’articolo 22 del Dpr n. 633/1972 e di non emettere il documento commerciale, come consentito dal DM 10 maggio 2019, come modificato dal DM 24 dicembre 2019) e di non procedere alla memorizzazione e alla trasmissione dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate.

A partire dal 1° luglio 2021 è stata abolita la franchigia Iva relativa all’importazione di beni di valore trascurabile (22 euro), mentre è rimasta la franchigia ai fini del dazio (150 euro).
La Circolare n. 43/D del 28 novembre 2008 afferma che:
“Restano esclusi dalla fruizione della franchigia in questione i prodotti alcolici, i profumi e l’acqua da toletta, i tabacchi e i prodotti del tabacco.
È opportuno sottolineare che la franchigia di 150 euro deve essere riferita al valore intrinseco del prodotto importato. A tal fine si chiarisce che per valore intrinseco deve intendersi il valore del prodotto al netto di ogni elemento che debba esservi aggiunto per il calcolo del suo valore in dogana, ed in particolare del costo del trasporto.”.
L’impresa estera, anche se identificata ai fini Iva in Italia, NON è obbligata a emettere fattura elettronica e non è obbligata a presentare la comunicazione mensile delle operazioni transfrontaliere.
L’impresa di Paese extra Ue se i beni venduti on line rispettassero tutte le condizioni previste per l’applicazione dei regimi speciali di cui agli articoli 70.1 e 74-sexies del Dpr n. 633/1972, potrebbe avvalersi della procedura IOSS o della procedura speciale della dichiarazione e del pagamento, trattate nel paragrafo 3.8 al quale si rinvia.

3) Impresa venditrice di altro Paese UE o di Paese extra-UE, la quale dispone di un deposito logistico in Italia, dal quale spedisce i beni nei confronti di consumatori finali italiani con partenza da tale magazzino di consegna.
In tale evenienza l’impresa estera deve aprire una posizione Iva in Italia, o direttamente (se stabilita in altro Paese Ue o in Norvegia o nel Regno Unito) o a mezzo di rappresentante fiscale (se stabilita in altri Paesi extra Ue).
Mediante tale posizione Iva l’impresa estera gestisce l’arrivo della merce dall’estero, svolgendo una delle due seguenti procedure:
• Importazione definitiva, con pagamento dell’eventuale dazio e dell’Iva, riguardo alla merce in arrivo da Paese extra Ue;
• Acquisto intracomunitario, numerando e integrando con Iva la fattura estera, con sua annotazione sul registro fatture emesse e sul registro degli acquisti; presentazione modello Intra acquisti (ai soli fini statistici), nel caso di supero della soglia prevista; riguardo alla merce in arrivo da altro Paese Ue.
Nel momento in cui la merce viene spedita al consumatore finale italiano, con partenza dal deposito logistico italiano, la società estera – posizione Iva italiana emette fattura con Iva nei confronti dello stesso (oppure si avvale della possibilità di non emettere fattura, se non a richiesta del cliente e di non emettere il documento commerciale, come sopra ricordato).

4) Impresa venditrice di altro Paese UE o di Paese extra-UE, la quale vende beni fisici a operatori economici italiani spediti da altro Paese Ue o da Paese extra Ue o da deposito Italiano o di altro Paese Ue

Impresa venditrice on line di altro Paese Ue:

Beni spediti a partire dal Paese del fornitore Ue
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine on line correttamente, segnalando il proprio numero identificativo Iva e il fornitore on line è organizzato per vendere anche (o solo) a operatori economici, il medesimo predispone l’operazione come cessione intracomunitaria e l’operatore economico italiano acquirente svolge la procedura acquisti intracomunitari di beni.
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine in modo non corretto (ad esempio: l’acquirente indica il proprio nome e cognome seguito da quello dell’impresa di appartenenza, traendo così in inganno il software dell’impresa venditrice), oppure il fornitore on line è organizzato solo per vendere a consumatori finali, il medesimo inserisce l’operazione nell’ambito del regime speciale OSS e, quindi, applica l’Iva del Paese di partenza.
L’impresa italiana, in base a quanto previsto dall’articolo Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, paragrafo 1, deve comunque svolgere la procedura acquisti intracomunitari.
La norma citata afferma che:
“Lo Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni nel quale è effettuato un acquisto intracomunitario di beni a norma dell’articolo 20 della direttiva 2006/112/CE esercita il proprio potere impositivo indipendentemente dal trattamento IVA applicato all’operazione nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.”.

Beni spediti a partire da deposito italiano
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine on line correttamente, segnalando il proprio numero identificativo Iva e il fornitore on line è organizzato per vendere anche (o solo) a operatori economici, il medesimo  imposta l’operazione come cessione interna all’Italia nei confronti di operatore economico italiano, regolarmente identificato ai fini dell’Iva (applicazione del reverse charge interno ai sensi dell’articolo 194 della Direttiva 2006/112/CE, corrispondente all’articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972) e l’operatore economico italiano acquirente svolge la procedura relativa all’acquisto interno di beni: numerando e integrando con Iva la fattura emessa dalla sede centrale estera dell’impresa fornitrice; trasmettendo allo SDI il documento TD19 o inserendo la fattura integrata nell’esterometro (soluzione ancora possibile per le operazioni effettuate sino al 31 dicembre 2021).

Se l’operatore economico italiano compila l’ordine in modo non corretto (ad esempio: l’acquirente indica il proprio nome e cognome seguito da quello dell’impresa di appartenenza, traendo così in inganno il software dell’impresa venditrice), oppure il fornitore on line è organizzato solo per vendere a consumatori finali, il medesimo emette fattura con Iva italiana.
L’impresa italiana, per prudenza, non deve portare in detrazione tale imposta indebitamente applicata e dovrebbe provvedere ad emettere autofattura con Iva ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972 (con riferimento alla base imponibile del bene acquistato), chiedendo, eventualmente, al fornitore estero di stornare l’iva.

Impresa venditrice on line di Paese extra Ue

Beni spediti a partire dal Paese del fornitore extra Ue

Se l’operatore economico italiano compila l’ordine on line correttamente, segnalando il proprio numero identificativo Iva e il fornitore on line è organizzato per vendere anche (o solo) a operatori economici, il medesimo  imposta l’operazione come operazione posta in essere nei confronti di operatore economico italiano, vendendo la merce, in genere con resa non superiore a DAP – stabilimento dell’impresa italiana cliente – Incoterms 2020; in tale ambito l’operatore economico italiano svolge al procedura importazioni.
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine in modo non corretto (ad esempio: l’acquirente indica il proprio nome e cognome seguito da quello dell’impresa di appartenenza, traendo così in inganno il software dell’impresa venditrice), oppure il fornitore on line è organizzato solo per vendere a consumatori finali, il medesimo, nel rispetto delle condizioni previste, potrebbe inserire l’operazione nell’ambito del regime speciale IOSS.
L’impresa italiana si troverebbe a pagare nel prezzo di acquisto un’Iva italiana non detraibile, in quanto NON risultante da una ordinaria bolletta di importazione (ma da una bolletta predisposta con tracciato H7, senza indicazione dell’Iva).
Occorre evitare di incappare in tale delicata situazione.
Beni spediti a partire da deposito italiano
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine on line correttamente, segnalando il proprio numero identificativo Iva e il fornitore on line è organizzato per vendere anche (o solo) a operatori economici, il medesimo  predispone  l’operazione come cessione interna all’Italia nei confronti di operatore economico italiano, regolarmente identificato ai fini dell’Iva (applicazione del reverse charge interno ai sensi dell’articolo 194 della Direttiva 2006/112/CE, corrispondente all’articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972) e l’operatore economico italiano acquirente svolge la procedura relativa all’acquisto interno di beni: emette autofattura con Iva indicando la sede centrale estera dell’impresa fornitrice; trasmettendo allo SDI il documento TD19 o inserendo la fattura integrata nell’esterometro (soluzione ancora possibile per le operazioni effettuate sino al 31 dicembre 2021);
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine in modo non corretto (ad esempio: l’acquirente indica il proprio nome e cognome seguito da quello dell’impresa di appartenenza, traendo così in inganno il software dell’impresa venditrice), oppure il fornitore on line è organizzato solo per vendere a consumatori finali, il medesimo emette fattura con Iva italiana.
L’impresa italiana, per prudenza, non deve portare in detrazione tale imposta indebitamente applicata e dovrebbe provvedere ad emettere autofattura con Iva ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972 (con riferimento alla base imponibile del bene acquistato), chiedendo, eventualmente, al fornitore estero di stornare l’iva.

Beni spediti da deposito di altro Paese Ue
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine on line correttamente, segnalando il proprio numero identificativo Iva e il fornitore on line è organizzato per vendere anche (o solo) a operatori economici, il medesimo imposta l’operazione come cessione intracomunitaria e l’operatore economico italiano acquirente svolge la procedura acquisti intracomunitari di beni.
Se l’operatore economico italiano compila l’ordine in modo non corretto (ad esempio: l’acquirente indica il proprio nome e cognome seguito da quello dell’impresa di appartenenza, traendo così in inganno il software dell’impresa venditrice), oppure il fornitore on line è organizzato solo per vendere a consumatori finali, il medesimo, nel rispetto delle condizioni previste,  potrebbe inserire l’operazione nell’ambito del regime speciale OSS.
L’impresa italiana si troverebbe a pagare nel prezzo di acquisto un’Iva italiana non detraibile,  in quanto gestita a mezzo del suddetto regime speciale.
Occorre evitare di incappare in tale delicata situazione.

Prodotti sottoposti ad accisa
Nel caso di imprese estere che vendono beni sottoposti ad accisa tramite internet a consumatori finali italiani, possono presentarsi le seguenti situazioni:
• Impresa venditrice di altro Paese Ue;
• Impresa venditrice di Paese extra Ue.

Impresa venditrice di altro Paese Ue
Nel caso di impresa venditrice on line di altro Paese Ue che non supera la soglia comunitaria di 10.000 euro/anno, essa applica l’Iva del proprio Paese. 
Nel caso in cui tale soglia venga superata l’impresa venditrice di altro Paese Ue deve applicare l’Iva italiana. A tale riguardo essa può scegliere tra due diverse soluzioni:
• o adottare il regime speciale OSS;
• o aprire posizione Iva in Italia, per identificazione diretta o a mezzo di rappresentante fiscale.
L’impresa venditrice estera deve altresì organizzarsi per assolvere gli obblighi accisa italiani, adottando una delle tre soluzioni delineate nel paragrafo 3.3.1 e cioè:
• Far giungere i prodotti presso un deposito italiano gestito da operatore logistico italiano dotato di codice d’accisa (deposito fiscale / destinatario registrato) con successiva cessione dei beni ai clienti con partenza dal deposito stesso;
• Vendita dei prodotti ai clienti consumatori finali italiani con partenza da altro Paese Ue in regime sospensivo e con appoggio dell’arrivo in Italia presso un operatore logistico dotato di codice d’accisa, in sosta tecnica (per lo stretto tempo necessario per assolvere gli obblighi accisa) con proseguimento dei prodotti verso i consumatori finali destinatari;
• Vendita dei prodotti ai clienti consumatori finali italiani con partenza da altro Paese Ue ad accisa del Paese estero assolta e con gestione dell’accisa italiana a mezzo di rappresentante fiscale accise (secondo la procedura prevista dalla Determina Prot. n. 24211/RU del 14 dicembre 2012 dell’Agenzia delle Dogane) e consegna dei prodotti ai consumatori finali destinatari.
Nel caso di adozione della prima soluzione l’impresa estera deve aprire una posizione Iva in Italia, al fine di gestire l’arrivo dei prodotti e la successiva cessione interna.
Nel caso di adozione della seconda e della terza soluzione l’impresa estera è abilitata a gestire l’Iva adottando il regime speciale OSS.
Nel caso della terza soluzione l’impresa estera deve nominare un rappresentante fiscale accise.
Qualunque sia la soluzione adottata, nel caso in cui l’accisa italiana sia superiore a zero (come accade per le bevande alcoliche diverse dal vino), l’accisa concorre a formare la base imponibile ai fini dell’Iva italiana, come espressamente previsto dall’articolo 43, comma 1, seconda parte, del Dl n. 331/1993: “Per i beni soggetti ad accisa concorre a formare la base imponibile anche l'ammontare di detta imposta, se assolta o esigibile in dipendenza dell'acquisto.”.

Impresa venditrice di Paese extra Ue
L’impresa venditrice on line extra Ue, al fine di svolgere la propria attività potrebbe adottare una delle seguenti soluzioni:
• Far giungere i prodotti presso un deposito italiano gestito da operatore logistico italiano dotato di codice d’accisa (deposito fiscale / destinatario registrato) con successiva cessione dei beni ai clienti con partenza dal deposito stesso;
• Vendita dei prodotti ai clienti consumatori finali italiani con spedizione dei prodotti direttamente all’abitazione degli stessi, con resa DAP o con resa DDP.
Nel caso in cui venga adottata la prima soluzione, l’impresa estera deve aprire una posizione Iva in Italia a mezzo di rappresentante fiscale (salvo nel caso della Norvegia e del Regno Unito i quali Paesi sono abilitati ad aprire la posizione Iva a mezzo di identificazione diretta) al fine di gestire l’arrivo dei prodotti e la successiva cessione interna.
Nel caso in cui venga adottata la seconda soluzione, occorre distinguere tra due diverse situazioni:
• Vendita dei prodotti con resa DAP: l’operazione di importazione viene posta a carico dei consumatori finali italiani; l’impresa estera NON ha necessità di aprire una posizione Iva in Italia;
• Vendita dei prodotti con resa DDP: l’operazione di importazione viene posta a carico dell’impresa estera venditrice on line; l’impresa estera, a rigore, dovrebbe aprire una posizione Iva in Italia a mezzo di rappresentante fiscale (salvo, come sopra affermato, nel caso della Norvegia e del Regno Unito le quali sono abilitate ad aprire la posizione Iva a mezzo di identificazione diretta) al fine di gestire l’arrivo dei prodotti e la successiva cessione interna.
 

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25/03/2022 - 19:45

Aggiornato il: 25/03/2022 - 19:45