1.1.2 - Il conto economico


Diamo un «valore» agli «attori» della gestione

Abbiamo detto che in un dato momento (di solito al 31 dicembre) lo stato patrimoniale «fotografa» quali sono le risorse impiegate (investimenti) e i vincoli (finanziamenti di terzi) che ci troviamo di fronte.

Il nostro imprenditore, poi, con quanto si trova a disposizione al 1° gennaio, svolgerà la sua attività durante l’anno. Ovviamente, infatti, l’imprenditore non ha posto in essere questi investimenti tanto per fare ma perché ha intenzione di utilizzarli – e quindi di «consumarli» – per ottenere determinati risultati.

Il conto economico, cioè il secondo prospetto di bilancio, ci racconta appunto le «vicende di gestione», ovvero quello che accade durante l’anno:

• che cosa è stato consumato (costi) e
• con quali risultati (ricavi).

Costi e ricavi, dal nostro punto di vista, rappresentano gli «attori» dell’attività di gestione, che deve essere tradotta in termini monetari. Infatti nel conto economico:

• le risorse consumate nel corso dell’esercizio vengono espresse in valore (e rappresentano i «costi di esercizio»);
• i risultati ottenuti nell’esercizio combinando insieme le risorse consumate vengono anch’essi espressi in valore (e rappresentano i «ricavi di esercizio»).

 

Conto economico

Cosa è stato consumato

 

Costi: valore delle risorse consumate

Ricavi: valore dei risultati ottenuti

 

Per ottenere che cosa

Chiaramente se i risultati ottenuti sono, in termine di valore, maggiori dei costi avremo un utile, altrimenti una perdita.

Se ora consideriamo il periodo che va dal 1˚ gennaio al 31 dicembre, vediamo che:

1) partiamo al 1° gennaio con un certo stato del capitale (composto da attivo, passivo e capitale netto), fotografato, appunto, dallo stato patrimoniale;
2) nel corso dell’anno effettuiamo un’attività di gestione che ci viene descritta, in termini di consumi di risorse e di risultati ottenuti, dal conto economico;
3) infine, arriviamo al 31 dicembre successivo ad un nuovo stato del capitale che rappresenta il «nuovo punto di partenza» e che sarà diverso – sia in termini di attivo e passivo (come qualità e quantità) sia in termini di capitale netto – rispetto a quello redatto all’inizio dell’anno: questo perché la gestione ha prodotto un certo risultato, modificando di conseguenza la composizione dell’intero capitale di funzionamento.

Quindi il bilancio al 31 dicembre – composto appunto da stato patrimoniale e conto economico – ci dice:
• come abbiamo lavorato nei 12 mesi precedenti (conto economico);
• cosa abbiamo a disposizione per gli anni futuri (stato patrimoniale).

Fra i due prospetti di bilancio, pertanto, il più orientato al futuro è lo stato patrimoniale.

Il conto economico, invece, raccoglie risorse consumate e ricavi conseguiti, cioè costi e ricavi «morti». Ci racconta quello che è successo, non ciò che succederà (anche se noi possiamo comunque estrapolare da esso dei dati per avere qualche indicazione sul futuro).
Vediamo di seguito il prospetto di conto economico, anch’esso visto nella sua impostazione tradizionale (cifre puramente indicative, in migliaia di euro):

Conto economico

Costi

Ricavi

Rimanenze iniziali di magazzino

300

Ricavi di vendita

2370

Costi di acquisto

1100

Proventi vari

25

Costi del personale

630

Proventi finanziari

20

Spese generali

160

Plusvalenze e proventi straordinari

10

Oneri finanziari

150

Resi su acquisti

5

Ammortamenti

155

Rimanenze finali di magazzino

320

Quota fondo T.F.R.

15

Abbuoni e sconti attivi

3

Quota fondo svalutazione crediti

10

 

Quota accantonamento altri fondi

5

 

Minusvalenze e oneri straordinari

5

 

Oneri diversi

5

 

Resi su vendite

20

 

Abbuoni e sconti passivi

8

 

Imposte sul reddito

80

 

Totale costi

2643

Totale ricavi

2753

Utile di esercizio

110

 

TOTALE A PAREGGIO

2753

 

Come abbiamo già fatto per lo stato patrimoniale vediamo ora in modo più analitico le principali voci o «poste» che rientrano nel conto economico.

Costi

• Rimanenze iniziali di magazzino: si tratta delle giacenze (merci, prodotti finiti, semilavorati, prodotti in corso di lavorazione, materie prime, imballaggi, scorte di consumo) esistenti in magazzino all’inizio dell’esercizio; come precisato, sono costi ereditati dall’anno precedente.
• Costi di acquisto: riguardano le merci, gli imballaggi, le scorte di consumo, i semilavorati acquistati nell’esercizio.
• Costi del personale: sono i costi sostenuti per salari e stipendi corrisposti ai dipendenti, comprensivi dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro.
• Spese generali: sono i costi sostenuti per prestazioni di servizi in genere: spese postali, cancelleria, utenze varie (telefono, luce, ecc.), assicurazioni, trasporti, consulenze, pubblicità, ecc.
• Oneri finanziari: sono gli interessi passivi che maturano su debiti di diversa natura: verso le banche, verso i fornitori, ecc.
• Ammortamenti: rappresentano la quota del costo d’acquisto di alcuni beni aziendali che si fa incidere sul reddito dell’esercizio. I beni sono costituiti dai cosiddetti «investimenti pluriennali» (edifici, impianti, mobili, ecc.), che daranno il loro contributo alla produzione per periodi superiori a un anno. L’ammortamento rappresenta la parte di tali beni consumata nell’anno.
• Accantonamenti nei «fondi spese future» e nei «fondi rischi»: rappresentano quote di costi che si fanno pesare sul reddito d’esercizio in previsione di eventi che accadranno (sicuramente o probabilmente) nel futuro. Si ricordano:
quota fondo T.F.R. (Trattamento Fine Rapporto): rappresenta la quota di costo per indennità di liquidazione maturata nell’esercizio;
quota fondo svalutazione crediti: è un costo presunto che si fa gravare prudenzialmente sul reddito di esercizio, in previsione di eventuali insolvenze dei clienti;
quota accantonamento altri fondi, legata a situazioni particolari e difficilmente generalizzabili.
• Minusvalenze e oneri straordinari: si tratta di costi legati a fatti straordinari di gestione (vendita di un impianto a prezzo inferiore al suo valore contabile, furti dalla cassa, danni provocati da incendi o calamità naturali, ecc.).
• Oneri diversi: si tratta di costi di natura accessoria.
• Resi su vendite: si tratta di valori derivanti da restituzioni di merci vendute (materie prime, prodotti). Essi correggono indirettamente i ricavi delle vendite.
• Abbuoni e sconti passivi: costituiscono riduzioni dei prezzi di vendita pagati dai clienti.
• Imposte sul reddito: sono le imposte (già versate o ancora da versare) che colpiscono il reddito conseguito nell’esercizio.

Ricavi

• Ricavi di vendita: rappresentano il fatturato relativo ai beni o servizi venduti in corso d’esercizio.
• Proventi vari: rappresentano rendite di varia natura (accessoria o patrimoniale): ne sono un esempio i «fitti attivi», cioè i canoni di affitto di beni concessi in locazione.
• Proventi finanziari: sono gli interessi attivi maturati sui conti correnti bancari e postali o sui crediti (verso clienti o soggetti diversi).
• Plusvalenze e proventi straordinari: si tratta di ricavi legati a fatti eccezionali di gestione (la vendita di un impianto a prezzo superiore al suo valore, un debito che cade in prescrizione senza essere stato pagato, ecc.).
• Resi su acquisti: si tratta di valori derivanti da restituzioni di merci e materie prime acquistate dai fornitori. Essi correggono indirettamente i costi degli acquisti.
• Abbuoni e sconti attivi: costituiscono riduzioni dei prezzi di acquisto pagati ai fornitori.
• Rimanenze finali di magazzino: sono le giacenze di merci, prodotti, ecc. esistenti in magazzino al termine del periodo amministrativo. La rimanenza finale di un anno costituisce la rimanenza iniziale dell’anno successivo.

La determinazione del valore delle rimanenze

La determinazione del valore delle rimanenze di magazzino è di fondamentale importanza per calcolare correttamente il reddito derivante dalla compravendita dei prodotti. Per rendercene conto consideriamo il seguente esempio.

Supponiamo che l’impresa:

• abbia acquistato tre prodotti a 100 euro l’uno;
• ne abbia venduto uno a 200 euro.

Il totale dei costi di acquisto dell’anno è pari a 300 euro, mentre il totale dei ricavi ammonta a 200 euro. La semplice differenza di tali costi e ricavi evidenzierebbe una perdita di 100 euro. Questa conclusione è sbagliata, perché nasce dal confronto fra dati non omogenei.

Sull’unico prodotto venduto l’azienda ha guadagnato in realtà 100 euro. I due prodotti in rimanenza a fine anno non sono ancora stati utilizzati: dunque il loro costo non deve essere considerato nel calcolo del reddito dell’esercizio, ma rinviato all’esercizio successivo.

Questa correzione del costo dei prodotti acquistati – detta «rettifica», su cui torneremo più avanti – non può però avvenire direttamente. Il totale dei costi di acquisto deve figurare chiaramente in bilancio: tale correzione allora si effettua inserendo come ricavo – anche se non si tratta propriamente di un ricavo, ma della «sospensione» di un costo – il valore delle rimanenze.

La valutazione delle rimanenze è un’operazione molto delicata, e soggetta – nei limiti della normativa – ad una certa discrezionalità, che può modificare in modo significativo il risultato del bilancio: è chiaro infatti che più alto è il valore attribuito alla rimanenze, più elevato risulta il reddito conseguito.

A conclusione di questa «carrellata» sui prospetti di bilancio, ricordiamo che negli schemi sopra presentati sono evidenziate in grigio le «poste di collegamento» tra stato patrimoniale e conto economico, e infatti sia il risultato di esercizio che le rimanenze finali figurano con pari importo nei due prospetti. Se ciò non avviene c’è qualcosa che non va…

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05/11/2015 - 10:58

Aggiornato il: 05/11/2015 - 10:58