1. Il bilancio


Alcuni concetti semplici di contabilità aziendale

Un aspetto molto delicato del piano d’impresa è rappresentato dal passaggio dai termini descrittivi ad un «sistema di valori», cioè a cifre sulle quali ragionare concretamente. Far questo è impossibile se non si conosce la tecnica contabile. E, al di là di questo, una conoscenza minima di concetti quali il bilancio, la contabilità, ecc., è comunque indispensabile.

 

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27/10/2015 - 15:46

Aggiornato il: 27/10/2015 - 15:46

1.1 - Il bilancio: l'impresa in numeri


Cos’è il bilancio

Il «lavoro» degli amministrativi consiste nel produrre informazioni sulla vita e sullo stato di salute dell’impresa. Queste informazioni vengono prodotte «misurando» l’attività che viene svolta con un «metro» del tutto particolare, ma quanto mai efficace: la moneta.

In pratica ogni fatto di gestione viene tradotto in numeri.

Chiaramente lo sforzo di «traduzione» viene posto in essere «filtrando» la realtà aziendale attraverso dei processi di semplificazione, che consentono di rappresentare in forma sintetica quanto accade nell’impresa.

Il bilancio non è altro che il principale risultato di questo processo di «filtro» e di «traduzione»: è la sintesi delle vicende di gestione, che vengono descritte in termini «quantitativo-monetari».

Il bilancio, in sostanza, è uno strumento di interpretazione e di rappresentazione sintetica dei comportamenti aziendali e delle vicende di gestione.

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05/11/2015 - 10:41

Aggiornato il: 05/11/2015 - 10:41

1.1.1 Lo stato patrimoniale


Lo stato patrimoniale: uno schema fonti/impieghi

Iniziamo con lo stato patrimoniale e vediamo cosa cerca di raccontarci.

Che cosa fa un imprenditore di solito? Prende del denaro, in parte suo ed in parte di altri, e lo utilizza per effettuare degli investimenti.

Il momento fondamentale di questo primo passo dell’attività di impresa è dunque rappresentato da questo accumulo di capitale, che può essere osservato sotto due punti di vista:

• da dove viene il denaro: la raccolta del capitale;
• come viene investito il denaro: l’utilizzo del capitale.

Investimenti o impieghi

Stato patrimoniale

Finanziamenti o fonti

Come viene investito il denaro

Attività
Impianti
Immobili
Merci
Cassa e banca
Crediti verso clienti

Passività
Debiti verso banche
Debiti verso fornitori
Debiti verso dipendenti

Capitale netto

Da dove viene il denaro

Vediamo cosa dice praticamente lo stato patrimoniale nel seguente schema:

Il lato di destra dello stato patrimoniale (la sezione del passivo) risponde alla seguente domanda: da dove viene il denaro che l’imprenditore ha a sua disposizione?
Vi troveremo in parte debiti e in parte – ovviamente – denaro dell’imprenditore, ovvero il capitale proprio (o capitale netto).

Il lato di sinistra dello stato patrimoniale (la sezione dell’attivo) risponde invece alla seguente domanda: come è investito il denaro a disposizione dell’imprenditore?
Vi troveremo merci, impianti, ma anche crediti e disponibilità di contanti (cassa e banca).

Lo stato patrimoniale ci dice, in sostanza, quali siano le fonti e gli impieghi di capitali. In altre parole, è una «fotografia istantanea» di quelle che sono, in un determinato momento, le risorse a disposizione dell’impresa per la gestione futura: è un po’ «il punto di partenza dell’attività dell’anno prossimo». 
Ai fini civilistici e fiscali al 31 dicembre, per la maggior parte delle aziende in normale funzionamento, ma non necessariamente. È frequente, ad esempio, il caso di società che prevedono un esercizio sociale che va dal 1° luglio di un anno al 30 giugno dell’anno seguente.

Più in dettaglio, lo stato patrimoniale raccoglie, tecnicamente:• le attività;  • le passività;  • il capitale netto.


Le attività esprimono investimenti o «impieghi di risorse» e sono rappresentate da:
• valori finanziari attivi (crediti verso clienti, cassa, conti correnti bancari attivi, ecc.);
• valori economici relativi a beni acquistati (costi) ma non ancora interamente utilizzati (impianti, rimanenze di prodotti, ecc.).

Le passività esprimono finanziamenti o «fonti di risorse» esterne e consistono in:
• valori finanziari passivi (debiti verso fornitori, finanziamenti bancari, ecc.);
• valori economici relativi a ricavi già conseguiti ma che interessano anche gli anni futuri.

► Normalmente le attività sono superiori alle passività e la loro differenza costituisce il cosiddetto «capitale proprio» dell’azienda, detto anche «capitale netto», che va annotato sotto il totale delle passività. Esso esprime, come già visto, i finanziamenti di proprietà dell’imprenditore.
►In caso contrario (se cioè l’azienda è in passivo), la differenza tra il totale delle passività e il totale delle attività costituisce il cosiddetto «deficit patrimoniale», che va annotato sotto il totale delle attività.

Nel caso in cui l’azienda sia costituita in forma societaria, il capitale proprio può essere suddiviso in:

• capitale sociale dell’impresa, costituito dalle risorse messe a disposizione dell’azienda dai soci;
• fondi di riserva, che derivano principalmente da utili conseguiti ma non distribuiti tra i soci, o da operazioni di carattere particolare;
• utile di esercizio1 che eventualmente si realizza, e che costituisce un’ulteriore fonte di finanziamento (fino a che non venga distribuito tra i soci).

La rappresentazione tradizionale (c.d. «a sezioni contrapposte») dello stato patrimoniale è la seguente (dati puramente esemplificativi, in migliaia di euro):2

Stato patrimoniale

Attività

Passività

Cassa

5

Banche c/c passivi

450

Banche c/c attivi

40

Debiti verso fornitori

120

Crediti verso clienti

220

Debiti diversi

100

Crediti diversi

75

Mutui passivi

500

Rimanenze finali di magazzino

320

Fondo svalutazione crediti

10

Terreni

140

Altri fondi di accantonamento

110

Fabbricati

700

Fondo T.F.R.

130

Impianti e macchinari

700

Fondo ammortamento fabbricati

250

Mobili e arredi

150

Fondo ammortam. impianti e macchinari

400

Brevetti

60

Fondo ammortamento mobili e arredi

70

Marchi

40

Totale passività

2140

 

 

 

Capitale proprio:

 

 

Capitale sociale

150

 

Fondi di riserva

50

 

Utile di esercizio

110

 

 

TOTALE A PAREGGIO

2450

Totale attività

2450

 

Vediamo ora, con maggior dettaglio, le principali voci (dette tecnicamente «poste») contenute nello stato patrimoniale.3

Attività

• Cassa e banche c/c attivi: rappresentano l’insieme dei mezzi liquidi a disposizione dell’azienda.
• Crediti verso clienti: sono crediti relativi ad operazioni di vendita che non sono state ancora regolate: si tratta cioè di somme da incassare. Possono essere ad esempio rappresentati da cambiali, e in tal caso avremo il conto «cambiali attive».
• Crediti diversi: sono crediti di varia natura (verso l’Erario, i dipendenti, ecc).
• Rimanenze finali di magazzino: si tratta di investimenti in attesa di realizzo. Come spiegato, figurano anche nella sezione ricavi del conto economico.
• Terreni, fabbricati, impianti, macchinari, mobili, arredi, automezzi: rappresentano le cosiddette immobilizzazioni materiali: sono beni che daranno la loro utilità in più esercizi. Quindi il loro costo deve essere ripartito tra i vari periodi in cui saranno utilizzati, con un procedimento detto di «ammortamento economico».
• Brevetti e marchi: sono immobilizzazioni immateriali: anche il loro costo deve essere suddiviso in più esercizi.

Passività

• Banche c/c passivi: sono i debiti verso le banche per finanziamenti ottenuti (a breve termine).
• Debiti verso fornitori: sono debiti verso i fornitori relativi ad operazioni d’acquisto effettuate, ma non ancora regolate. Nel caso in cui siano rappresentati da cambiali, troveremo il conto «cambiali passive».
• Debiti diversi: sono debiti dell’azienda verso vari soggetti (Erario, istituti previdenziali, ecc.).
• Mutui passivi: si tratta di finanziamenti a medio-lungo termine ottenuti da banche o altri istituti di finanziamento.
• Fondo svalutazione crediti: corregge il valore nominale dei crediti in previsione di rischi di insolvenza. Si incrementa con le quote che annualmente vengono destinate a tale scopo nel conto economico.
• Altri fondi di accantonamento: rappresentano passività legate ad eventi negativi probabili, ma non ancora manifestatisi, o comunque non ancora determinati nel loro ammontare.
• Fondo T.F.R. (Trattamento Fine Rapporto): è il debito totale accumulato dall’impresa verso i dipendenti per indennità di liquidazione. Nasce dalla somma delle quote maturate nell’esercizio attuale e in quelli precedenti.
• Fondi ammortamento: è una voce che rettifica il costo delle immobilizzazioni per la perdita di valore che esse subiscono col tempo, a causa del logorio fisico e del superamento tecnologico. Il suo valore è dato dalla somma delle quote di ammortamento calcolate anno per anno.


1 A volte si confonde l’utile col «reddito». Più precisamente, il termine reddito è «neutro»: esso significa «risultato». Se il risultato è positivo, si parla di «utile»; se è negativo, si parla di «perdita». La perdita dovrà essere annotata nella sezione delle attività (oppure nella sezione del capitale proprio, ma con segno negativo).
2 Negli schemi che presentiamo sono evidenziate in grigio le «poste di collegamento» tra stato patrimoniale e conto economico (il risultato di esercizio e le rimanenze finali): esse devono figurare con pari importo nei due prospetti. In caso contrario, c’è qualcosa che non va.
3 Le voci proposte sono ovviamente a titolo puramente esemplificativo, senza alcuna pretesa di esaustività: esistono infatti moltissime altre poste specifiche che possono (o devono) essere utilizzate, ad esempio stante la particolare attività esercitata (es. «riserva premi» o «riserva sinistri» nel settore assicurativo).

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09/11/2015 - 12:31

Aggiornato il: 09/11/2015 - 12:31

1.1.2 - Il conto economico


Diamo un «valore» agli «attori» della gestione

Abbiamo detto che in un dato momento (di solito al 31 dicembre) lo stato patrimoniale «fotografa» quali sono le risorse impiegate (investimenti) e i vincoli (finanziamenti di terzi) che ci troviamo di fronte.

Il nostro imprenditore, poi, con quanto si trova a disposizione al 1° gennaio, svolgerà la sua attività durante l’anno. Ovviamente, infatti, l’imprenditore non ha posto in essere questi investimenti tanto per fare ma perché ha intenzione di utilizzarli – e quindi di «consumarli» – per ottenere determinati risultati.

Il conto economico, cioè il secondo prospetto di bilancio, ci racconta appunto le «vicende di gestione», ovvero quello che accade durante l’anno:

• che cosa è stato consumato (costi) e
• con quali risultati (ricavi).

Costi e ricavi, dal nostro punto di vista, rappresentano gli «attori» dell’attività di gestione, che deve essere tradotta in termini monetari. Infatti nel conto economico:

• le risorse consumate nel corso dell’esercizio vengono espresse in valore (e rappresentano i «costi di esercizio»);
• i risultati ottenuti nell’esercizio combinando insieme le risorse consumate vengono anch’essi espressi in valore (e rappresentano i «ricavi di esercizio»).

 

Conto economico

Cosa è stato consumato

 

Costi: valore delle risorse consumate

Ricavi: valore dei risultati ottenuti

 

Per ottenere che cosa

Chiaramente se i risultati ottenuti sono, in termine di valore, maggiori dei costi avremo un utile, altrimenti una perdita.

Se ora consideriamo il periodo che va dal 1˚ gennaio al 31 dicembre, vediamo che:

1) partiamo al 1° gennaio con un certo stato del capitale (composto da attivo, passivo e capitale netto), fotografato, appunto, dallo stato patrimoniale;
2) nel corso dell’anno effettuiamo un’attività di gestione che ci viene descritta, in termini di consumi di risorse e di risultati ottenuti, dal conto economico;
3) infine, arriviamo al 31 dicembre successivo ad un nuovo stato del capitale che rappresenta il «nuovo punto di partenza» e che sarà diverso – sia in termini di attivo e passivo (come qualità e quantità) sia in termini di capitale netto – rispetto a quello redatto all’inizio dell’anno: questo perché la gestione ha prodotto un certo risultato, modificando di conseguenza la composizione dell’intero capitale di funzionamento.

Quindi il bilancio al 31 dicembre – composto appunto da stato patrimoniale e conto economico – ci dice:
• come abbiamo lavorato nei 12 mesi precedenti (conto economico);
• cosa abbiamo a disposizione per gli anni futuri (stato patrimoniale).

Fra i due prospetti di bilancio, pertanto, il più orientato al futuro è lo stato patrimoniale.

Il conto economico, invece, raccoglie risorse consumate e ricavi conseguiti, cioè costi e ricavi «morti». Ci racconta quello che è successo, non ciò che succederà (anche se noi possiamo comunque estrapolare da esso dei dati per avere qualche indicazione sul futuro).
Vediamo di seguito il prospetto di conto economico, anch’esso visto nella sua impostazione tradizionale (cifre puramente indicative, in migliaia di euro):

Conto economico

Costi

Ricavi

Rimanenze iniziali di magazzino

300

Ricavi di vendita

2370

Costi di acquisto

1100

Proventi vari

25

Costi del personale

630

Proventi finanziari

20

Spese generali

160

Plusvalenze e proventi straordinari

10

Oneri finanziari

150

Resi su acquisti

5

Ammortamenti

155

Rimanenze finali di magazzino

320

Quota fondo T.F.R.

15

Abbuoni e sconti attivi

3

Quota fondo svalutazione crediti

10

 

Quota accantonamento altri fondi

5

 

Minusvalenze e oneri straordinari

5

 

Oneri diversi

5

 

Resi su vendite

20

 

Abbuoni e sconti passivi

8

 

Imposte sul reddito

80

 

Totale costi

2643

Totale ricavi

2753

Utile di esercizio

110

 

TOTALE A PAREGGIO

2753

 

Come abbiamo già fatto per lo stato patrimoniale vediamo ora in modo più analitico le principali voci o «poste» che rientrano nel conto economico.

Costi

• Rimanenze iniziali di magazzino: si tratta delle giacenze (merci, prodotti finiti, semilavorati, prodotti in corso di lavorazione, materie prime, imballaggi, scorte di consumo) esistenti in magazzino all’inizio dell’esercizio; come precisato, sono costi ereditati dall’anno precedente.
• Costi di acquisto: riguardano le merci, gli imballaggi, le scorte di consumo, i semilavorati acquistati nell’esercizio.
• Costi del personale: sono i costi sostenuti per salari e stipendi corrisposti ai dipendenti, comprensivi dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro.
• Spese generali: sono i costi sostenuti per prestazioni di servizi in genere: spese postali, cancelleria, utenze varie (telefono, luce, ecc.), assicurazioni, trasporti, consulenze, pubblicità, ecc.
• Oneri finanziari: sono gli interessi passivi che maturano su debiti di diversa natura: verso le banche, verso i fornitori, ecc.
• Ammortamenti: rappresentano la quota del costo d’acquisto di alcuni beni aziendali che si fa incidere sul reddito dell’esercizio. I beni sono costituiti dai cosiddetti «investimenti pluriennali» (edifici, impianti, mobili, ecc.), che daranno il loro contributo alla produzione per periodi superiori a un anno. L’ammortamento rappresenta la parte di tali beni consumata nell’anno.
• Accantonamenti nei «fondi spese future» e nei «fondi rischi»: rappresentano quote di costi che si fanno pesare sul reddito d’esercizio in previsione di eventi che accadranno (sicuramente o probabilmente) nel futuro. Si ricordano:
quota fondo T.F.R. (Trattamento Fine Rapporto): rappresenta la quota di costo per indennità di liquidazione maturata nell’esercizio;
quota fondo svalutazione crediti: è un costo presunto che si fa gravare prudenzialmente sul reddito di esercizio, in previsione di eventuali insolvenze dei clienti;
quota accantonamento altri fondi, legata a situazioni particolari e difficilmente generalizzabili.
• Minusvalenze e oneri straordinari: si tratta di costi legati a fatti straordinari di gestione (vendita di un impianto a prezzo inferiore al suo valore contabile, furti dalla cassa, danni provocati da incendi o calamità naturali, ecc.).
• Oneri diversi: si tratta di costi di natura accessoria.
• Resi su vendite: si tratta di valori derivanti da restituzioni di merci vendute (materie prime, prodotti). Essi correggono indirettamente i ricavi delle vendite.
• Abbuoni e sconti passivi: costituiscono riduzioni dei prezzi di vendita pagati dai clienti.
• Imposte sul reddito: sono le imposte (già versate o ancora da versare) che colpiscono il reddito conseguito nell’esercizio.

Ricavi

• Ricavi di vendita: rappresentano il fatturato relativo ai beni o servizi venduti in corso d’esercizio.
• Proventi vari: rappresentano rendite di varia natura (accessoria o patrimoniale): ne sono un esempio i «fitti attivi», cioè i canoni di affitto di beni concessi in locazione.
• Proventi finanziari: sono gli interessi attivi maturati sui conti correnti bancari e postali o sui crediti (verso clienti o soggetti diversi).
• Plusvalenze e proventi straordinari: si tratta di ricavi legati a fatti eccezionali di gestione (la vendita di un impianto a prezzo superiore al suo valore, un debito che cade in prescrizione senza essere stato pagato, ecc.).
• Resi su acquisti: si tratta di valori derivanti da restituzioni di merci e materie prime acquistate dai fornitori. Essi correggono indirettamente i costi degli acquisti.
• Abbuoni e sconti attivi: costituiscono riduzioni dei prezzi di acquisto pagati ai fornitori.
• Rimanenze finali di magazzino: sono le giacenze di merci, prodotti, ecc. esistenti in magazzino al termine del periodo amministrativo. La rimanenza finale di un anno costituisce la rimanenza iniziale dell’anno successivo.

La determinazione del valore delle rimanenze

La determinazione del valore delle rimanenze di magazzino è di fondamentale importanza per calcolare correttamente il reddito derivante dalla compravendita dei prodotti. Per rendercene conto consideriamo il seguente esempio.

Supponiamo che l’impresa:

• abbia acquistato tre prodotti a 100 euro l’uno;
• ne abbia venduto uno a 200 euro.

Il totale dei costi di acquisto dell’anno è pari a 300 euro, mentre il totale dei ricavi ammonta a 200 euro. La semplice differenza di tali costi e ricavi evidenzierebbe una perdita di 100 euro. Questa conclusione è sbagliata, perché nasce dal confronto fra dati non omogenei.

Sull’unico prodotto venduto l’azienda ha guadagnato in realtà 100 euro. I due prodotti in rimanenza a fine anno non sono ancora stati utilizzati: dunque il loro costo non deve essere considerato nel calcolo del reddito dell’esercizio, ma rinviato all’esercizio successivo.

Questa correzione del costo dei prodotti acquistati – detta «rettifica», su cui torneremo più avanti – non può però avvenire direttamente. Il totale dei costi di acquisto deve figurare chiaramente in bilancio: tale correzione allora si effettua inserendo come ricavo – anche se non si tratta propriamente di un ricavo, ma della «sospensione» di un costo – il valore delle rimanenze.

La valutazione delle rimanenze è un’operazione molto delicata, e soggetta – nei limiti della normativa – ad una certa discrezionalità, che può modificare in modo significativo il risultato del bilancio: è chiaro infatti che più alto è il valore attribuito alla rimanenze, più elevato risulta il reddito conseguito.

A conclusione di questa «carrellata» sui prospetti di bilancio, ricordiamo che negli schemi sopra presentati sono evidenziate in grigio le «poste di collegamento» tra stato patrimoniale e conto economico, e infatti sia il risultato di esercizio che le rimanenze finali figurano con pari importo nei due prospetti. Se ciò non avviene c’è qualcosa che non va…

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05/11/2015 - 10:58

Aggiornato il: 05/11/2015 - 10:58

1.2 - La contabilità generale


Non è possibile redigere il bilancio, ed in particolare il conto economico, senza tenere la contabilità.

La contabilità generale è un sistema di registrazione delle vicende aziendali. In particolare permette di tenere memoria di tutti i rapporti di scambio (vendite, acquisti, incassi, pagamenti, ecc.) fra l’azienda e l’ambiente esterno.

Scopo della contabilità generale è quello di arrivare al bilancio di esercizio, e quindi di misurare:

• attraverso il conto economico, il reddito prodotto dall’azienda ogni anno: ossia l’utile o la perdita derivanti dallo svolgimento della gestione;
• attraverso lo stato patrimoniale, il capitale disponibile in un dato momento: ovvero da un lato il complesso degli investimenti, e dall’altro l’insieme dei finanziamenti (debiti e capitale proprio).

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29/10/2015 - 11:27

Aggiornato il: 29/10/2015 - 11:27

1.2.1 - La partita doppia


La contabilità generale è tenuta con il metodo della «partita doppia». Esso richiede che i fatti aziendali siano esaminati sotto due aspetti:

• l’aspetto finanziario;
• l’aspetto economico-patrimoniale.

► Nell’aspetto finanziario si osservano le operazioni di gestione in termini di entrate ed uscite di moneta che esse provocano. Tali movimenti possono essere in denaro contante o rappresentati temporaneamente dal formarsi di crediti e debiti. Questi non sono altro che movimenti di denaro differiti nel tempo.
► Nell’aspetto economico l’attenzione è rivolta ai valori degli elementi chiave del processo produttivo: fattori produttivi e prodotti. Si indicano come costi i valori dei fattori produttivi acquistati e come ricavi i valori dei prodotti venduti.

L’aspetto economico rappresenta, per così dire, la causa che produce i movimenti finanziari.

Per la registrazione dei suddetti aspetti delle operazioni aziendali la contabilità generale utilizza particolari tabelle dette conti.

I conti si distinguono, pertanto, in due grandi classi:
• conti finanziari, che raccolgono i valori di entrate, uscite, debiti e crediti;
• conti economici (di reddito e patrimoniali), che raccolgono i valori dei costi e dei ricavi (o degli elementi che formano il patrimonio).

Così, ad esempio:

• nell’aspetto finanziario,
- il conto «cassa» indicherà i movimenti di denaro contante derivante dalle operazioni di gestione;
- il conto «clienti» i crediti che l’impresa deve riscuotere dai propri clienti;
- il conto «fornitori» i debiti che l’impresa deve pagare ai propri fornitori;

• nell’aspetto economico-patrimoniale,
- il conto «impianti» indicherà il valore del fattore produttivo impianti;
- il conto «merci c/vendite» il ricavo dei prodotti venduti.

La tenuta delle scritture secondo il metodo della partita doppia richiede che le rilevazioni contabili vengano redatte in due appositi registri:

• libro giornale: in esso vengono annotati, giorno per giorno, i movimenti contabili relativi ad ogni singola operazione di gestione;
• libro mastro: raccoglie i prospetti (i cosiddetti «mastrini») relativi a tutti i conti impiegati dall’impresa. In esso vengono quindi riportati i movimenti dei conti, corrispondenti alle registrazioni del libro giornale.

Se l’attività dell’impresa non richiede l’impiego di molti conti, le scritture contabili in partita doppia possono essere redatte utilizzando un unico registro chiamato «giornalmastro», il quale costituisce una sorta di fusione dei due libri sopra indicati.

È bene ricordare, comunque, che con il diffondersi degli strumenti informatici, oggi l’utilizzo dei sistemi contabili di rilevazione puramente cartacei è quasi nullo.

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05/11/2015 - 10:58

Aggiornato il: 05/11/2015 - 10:58

1.2.2 - Dalla contabilità al bilancio: un passaggio delicato


La corretta determinazione del reddito

Al 31 dicembre l’impresa deve «tirare le fila» delle rilevazioni contabili, al fine di determinare il reddito prodotto dalla gestione ed evidenziare il capitale utilizzato a questo scopo. Il reddito è indubbiamente la grandezza più «importante». La sua determinazione, sulla base dei valori raccolti nei conti, non è tuttavia immediata. Vediamo il perché, riflettendo su alcuni esempi.

► Durante l’anno l’imprenditore acquista un impianto per l’importo di centomila euro. Contabilmente ciò darà luogo ad un movimento finanziario (esborso) da un lato e ad un costo dall’altro.
►Tuttavia il costo sostenuto per l’impianto non può essere considerato interamente come costo dell’anno. L’impianto, infatti, verrà utilizzato come mezzo di produzione per diversi anni. Il suo costo, dunque, deve essere suddiviso fra i vari anni in cui l’impianto è utilizzato, e pertanto considerato solo in parte «di competenza» dell’esercizio.1
► Supponiamo che l’azienda abbia dei dipendenti. Quando essi cesseranno il rapporto di lavoro, l’azienda sarà tenuta per legge a versare loro la «liquidazione».

Quest’ultima costituisce evidentemente un costo per l’impresa. L’esborso finanziario corrispondente a tale costo avviene nell’anno in cui cessa il rapporto di lavoro. Tuttavia tale costo non può essere considerato tutto di competenza dell’anno in cui si manifesterà; per quote, esso appartiene anche agli anni precedenti.

Come è noto infatti, l’importo della liquidazione dipende dalla durata del rapporto di lavoro: matura cioè periodo per periodo. Al termine di ogni anno, allora, l’impresa deve conteggiare fra i propri costi la quota di costo per liquidazione maturata, anche se ancora non ha comportato esborsi finanziari.

Rettifica e integrazione

Cosa ci dicono questi esempi?

• Alcuni costi ed alcuni ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria sono eccedenti rispetto a quanto compete all’anno. Essi devono quindi essere decurtati, ripartendoli fra gli anni di competenza: questa operazione è detta «rettifica».
• Alcuni costi, pur non avendo avuto manifestazione finanziaria durante l’anno (cioè: anche se non sono stati ancora pagati), devono essere inclusi tra i costi dell’anno; ugualmente alcuni ricavi devono essere inclusi tra i ricavi dell’anno, pur non essendo stati incassati in tale periodo: questa operazione è detta «integrazione».

In conclusione: il reddito non si può determinare né come semplice somma algebrica dei ricavi e dei costi rilevati durante l’anno, né tanto meno come differenza tra entrate e uscite verificatesi nell’anno.

Le operazioni di rettifica e integrazione2 (che nel loro complesso sono dette operazioni, o scritture, di assestamento dei conti) sono quindi di fondamentale importanza per costruire correttamente il conto economico e lo stato patrimoniale che formano il bilancio dell’impresa.


1 Questo avviene attraverso la procedura tecnico-contabile dell’«ammortamento».
2 Oltre che di ammortamento.

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09/11/2015 - 12:33

Aggiornato il: 09/11/2015 - 12:33

1.3 - "Ripensare" il bilancio: la riclassificazione


Il bilancio non è, come credono alcuni, una pura formalità amministrativa.

Un bilancio ben fatto è come una radiografia: consente di controllare lo «stato di salute» dell’impresa.

Ma perché ciò sia possibile, i prospetti di bilancio devono essere rielaborati in modo da renderli più utili ai fini di analisi della gestione. Questa operazione è detta «riclassificazione».

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05/11/2015 - 10:59

Aggiornato il: 05/11/2015 - 10:59

1.3.1 - Lo Stato Patrimoniale riclassificato


Lo stato patrimoniale riclassificato

Lo stato patrimoniale riclassificato fornisce una diversa e più adeguata rappresentazione dei valori di impieghi (attività) e fonti di capitale (passività).

Il criterio più seguito per riclassificare tali valori è quello finanziario,1 che si basa sulla velocità di trasformazione in denaro (sotto forma di incassi e pagamenti) dei valori stessi.

Secondo il criterio finanziario possiamo quindi distinguere:

• gli impieghi di capitale (o attività) liquidabili in breve tempo (ad es. BOT semestrali) e quelli che rappresentano investimenti di durata pluriennale (ad es. impianti e macchinari);

• le fonti di capitale (o passività) da ripagare in breve tempo (ad es. lo scoperto di conto corrente) e quelle che rappresentano finanziamenti di durata pluriennale (ad es. il mutuo).

►I valori delle attività sono ripartiti in due grandi classi:2
• attività correnti (o capitale circolante lordo): esprimono investimenti destinati a ritornare in moneta in tempi brevi;
• attività immobilizzate (o capitale fisso): esprimono l’entità degli investimenti durevoli.

► I valori delle passività e del capitale netto sono suddivisi nelle seguenti classi:
• passività correnti: indicano il complesso dei debiti a breve termine;
• passività consolidate: indicano quello dei debiti a medio-lungo termine;
• capitale netto (o proprio): come detto più volte in precedenza, esprime la consistenza del patrimonio, di proprietà dell’imprenditore, utilizzato per finanziare l’azienda.

La tavola seguente riassume ed esemplifica quanto sopra, offrendo una rielaborazione dello stato patrimoniale già visto in precedenza (dati puramente indicativi, in migliaia di euro).

Alcune cose degne di puntualizzazione:
• Le poste rettificative dell’attivo, quali il fondo ammortamento, il fondo svalutazione crediti, ecc., sono portate direttamente in detrazione delle poste attive alle quali si riferiscono, per cui gli impianti sono al netto dei rispettivi fondi ammortamento.
• Le rimanenze di magazzino sono considerate attività correnti.
• I debiti a medio-lungo termine, oggetto di rimborso secondo rate periodiche, vanno distinti in due quote:
- le rate che scadono entro un anno: queste devono essere incluse fra le passività correnti;
- le rate restanti.
• Considerazioni analoghe valgono per i fondi spese future: ove possibile, occorre distinguere le quote che avranno presumibilmente manifestazione nell’anno successivo dalle altre di più lontana scadenza.


1 Esistono anche altri criteri, tra cui quello detto «funzionale» (usato solo per esigenze particolari), in cui le voci di bilancio sono riclassificate in base al loro collegamento con le diverse aree gestionali dell’impresa.
2  All’interno delle due classi si possono poi eventualmente operare ulteriori suddivisioni e raggruppamenti.

Schema di Stato Patrimoniale riclassificato

Stato patrimoniale riclassificato

Investimenti

Finanziamenti

 

 

 

 

Attività correnti

 

Passività correnti

 

 

 

 

 

Liquidità immediate:

 

Debiti verso fornitori

120

Cassa

5

Banche c/c passivi

450

Banche c/c attivi

40

Debiti diversi a breve

100

 

 

Altri fondi correnti

110

Liquidità differite:

 

Parte corrente mutui passivi

50

Crediti netti verso clienti

210

 

 

Crediti diversi a breve

75

Passività consolidate

 

 

 

 

 

Rimanenze:

 

Mutui passivi

450

Materie prime

60

Fondo T.F.R.

130

Semilavorati

130

 

 

Prodotti finiti

130

TOTALE FONTI ESTERNE

1410

 

 

 

 

Attività immobilizzate

 

Capitale netto

 

 

 

 

 

Immobilizzazioni materiali nette:

 

Capitale sociale

150

Terreni

140

Fondi di riserva

50

Fabbricati

450

Utili di esercizio

110

Impianti e macchinari

300

 

 

Mobili e arredi

80

TOTALE FONTI INTERNE

310

 

 

 

 

Immobilizzazioni immateriali:

 

 

 

Brevetti

60

 

 

Marchi

40

 

 

 

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

1720

TOTALE FONTI

1720

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09/11/2015 - 12:34

Aggiornato il: 09/11/2015 - 12:34

1.3.2 - Il Conto Economico riclassificato


Il conto economico da noi presentato in precedenza evidenzia solo il reddito, cioè il risultato, della gestione complessivamente svolta (utile o perdita di esercizio). Si parla appunto, in senso generale, di gestione «reddituale». Il conto economico riclassificato permette invece di distinguere, all’interno della gestione reddituale complessiva:

• il reddito della gestione ordinaria (o corrente);
• il reddito della gestione straordinaria.

► La gestione ordinaria (o corrente) comprende tutte le normali operazioni aziendali e si articola, a sua volta, in:
• gestione caratteristica, da cui derivano costi e ricavi relativi all’attività tipica dell’azienda (es. produzione di scarpe sportive);
• gestione accessorio-patrimoniale, che comporta costi e ricavi dovuti alle attività accessorie rispetto all’attività tipica (es. affitti attivi di immobili ad uso investimento);
• gestione finanziaria, volta al reperimento dei mezzi finanziari necessari all’attività d’impresa e all’impiego delle risorse eccedenti.1

► La gestione straordinaria comprende costi e ricavi che derivano da fenomeni di carattere episodico ed eccezionale, come ad esempio i furti, gli incendi, le vendite di «beni ammortizzabili» (cioè di beni che non sono stati acquisiti originariamente per essere venduti, come macchinari, impianti, ecc.), ad un prezzo diverso dal loro valore contabile.

È chiaro che è diverso ottenere un utile dalla gestione ordinaria o dalla gestione straordinaria: nel secondo caso è improbabile che l’utile si ripeta l’anno successivo!

Per questo è opportuno conoscere, distintamente:
• il reddito prodotto dalla gestione ordinaria e, in particolare:
quello prodotto dalla gestione caratteristica (il più importante, detto reddito operativo);
quello prodotto dalla gestione accessorio-patrimoniale;
quello prodotto dalla gestione finanziaria;
• il reddito prodotto dalla gestione straordinaria.

Non esiste uno schema di riclassificazione unico. In genere si utilizzano due modelli di riclassificazione:

• a valore aggiunto;
• a margine di contribuzione.

Di seguito proponiamo una riclassificazione del conto economico ottenuta utilizzando il primo modello. Esso evidenzia, appunto, un ulteriore risultato intermedio rispetto a quelli già menzionati: il valore aggiunto.

Il valore aggiunto viene calcolato come differenza tra il valore della produzione ottenuta nell’esercizio ed il costo dei fattori produttivi (materie prime e servizi) acquisiti all’esterno ed impiegati per ottenere quella produzione.

La sua determinazione consente di valutare quanto valore l’impresa, attraverso i propri processi produttivi, è riuscita ad aggiungere alle risorse comprate da altri soggetti.


1 Da essa dipendono gli oneri dovuti al governo dei mezzi monetari.

Schema di Conto Economico riclassificato

Conto economico riclassificato «a valore aggiunto»

Ricavi vendita prodotti

2370

 

 

 

Abbuoni e sconti passivi

-8

Resi su vendite

-20

=

Ricavi netti di vendita (produzione venduta)

2342

 

 

 

Rimanenze iniziali semilavorati

-100

+

Rimanenze finali semilavorati

130

Rimanenze iniziali prodotti finiti

-120

+

Rimanenze finali prodotti finiti

130

=

Produzione ottenuta nell’esercizio

2382

 

 

 

Consumi materie prime:

 

 

rimanenze iniziali materie prime                                                     -80

 

 

acquisti materie prime                                                                -1100

 

 

rimanenze finali materie prime                                                         60

 

 

sconti e abbuoni attivi                                                                         3

 

 

resi su acquisti                                                                                    5

 

 

Totale consumi materie prime

-1112

Spese generali (per prestazioni di servizi)

160

=

Valore aggiunto

1110

 

 

 

Costo del personale

-630

Quota fondo T.F.R.

-15

Ammortamenti

-155

Quota fondo svalutazione crediti

-10

Quota altri fondi

-5

=

Reddito operativo (della gestione caratteristica)

295

 

 

 

Reddito della gestione accessorio-patrimoniale:

 

 

Oneri diversi (di tipo accessorio e patrimoniale)                            -5

 

 

Proventi vari (di tipo accessorio e patrimoniale)                            25

 

 

Totale reddito della gestione accessorio-patrimoniale

20

 

 

 

Reddito della gestione finanziaria:

 

 

Oneri finanziari                                                                              -150

 

 

Proventi finanziari                                                                             20

 

 

Totale reddito della gestione finanziaria

-130

=

Reddito della gestione ordinaria

185

+

 

 

 

Reddito della gestione straordinaria:

 

 

Proventi straordinari                                                                         10

 

 

Costi straordinari                                                                               -5

 

 

Totale reddito della gestione straordinaria

5

=

Reddito al lordo delle imposte

190

Imposte sul reddito

-80

=

Utile di esercizio

110

 

Conto Economico «a margine di contribuzione»

Come accennato, il conto economico può essere «ristrutturato» anche in modo diverso: ad esempio «a margine di contribuzione».

Se torniamo un attimo indietro ci ricorderemo l’importanza di determinare il «punto di pareggio», la soglia critica di produzione e vendita da superare se vogliamo sperare di guadagnare qualcosa.

Per determinare questa soglia, abbiamo detto, è necessario distinguere i costi in fissi e variabili.

Ecco allora l’utilità di un conto economico come quello a margine di contribuzione, che non solo individui il reddito operativo – il quale resta comunque il fulcro di ogni conto economico riclassificato – ma che sappia anche separare i costi in relazione al loro grado di variabilità. Attraverso un tale conto economico, il calcolo del punto di pareggio sarà pressoché immediato.

Anche se estremamente utile, il conto economico a margine di contribuzione non è però di facile costruzione. E questo perché non è facile distinguere in modo esatto i costi variabili dai costi fissi. Occorre pertanto «arrangiarci», sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza.

A tal fine possiamo pensare di considerare fisse le seguenti voci di costo:

• salari e stipendi;
• ammortamenti;
• fitti, canoni, ecc.;
• spese generali e di amministrazione, pubblicità, formazione, ricerca e sviluppo, ecc.

Tutti i restanti costi li potremo considerare sostanzialmente variabili.

Si badi bene comunque: il conto economico a margine di contribuzione non è «migliore» del modello a valore aggiunto. Ogni modello offre informazioni per rispondere a domande diverse.

► Evidenziando il margine di contribuzione si punta l’indice sul «fatturato critico». A più riprese, abbiamo visto quanto sia importante per un aspirante imprenditore conoscere tale soglia.

► Evidenziando il valore aggiunto, invece, si pone in evidenza la differenza di valore che esiste, ad esempio, fra il «pane» e la «farina» con cui è fatto quel pane. Il pane infatti è prodotto con la farina, ma se è fatto bene ha un valore superiore a quello della farina. Quindi, quanto più valore riusciamo ad aggiungere alle materie – la farina – e ai servizi impiegati nella produzione, tanto più saremo meno in grado di «coprire» tutti gli altri costi che comunque la produzione comporta, e assicurarci un congruo profitto. Al contrario se il nostro pane vale poco più (o addirittura meno) della farina con cui è fatto, avremo difficoltà a coprire i costi di produzione.

Perciò ogni imprenditore deve conoscere bene anche quanto valore aggiunto è in grado di creare.

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09/11/2015 - 12:36

Aggiornato il: 09/11/2015 - 12:36

1.4 - Il bilancio europeo


Ricordiamo che il Decreto Legislativo 127/91 ha disposto anche in Italia le modalità di attuazione delle norme comunitarie in materia di «conti annuali» delle imprese (IV Direttiva CEE del 1978). Tali norme sono entrate in vigore, per la stragrande maggioranza delle imprese, con i bilanci del 1993; esse si applicano di regola a tutte le società di capitali1,  mentre per le imprese individuali e le società di persone l’obbligo concerne esclusivamente l’utilizzo dei criteri di valutazione imposti da detta normativa.

Presentiamo qui di seguito i prospetti di stato patrimoniale e conto economico imposti dalla normativa europea al fine di consentire una maggiore ed immediata comparazione tra i bilanci degli operatori economici appartenenti ai diversi Paesi UE, con le eventuali modifiche successivamente apportate dalla legislazione nazionale. Tali prospetti sono riportati rispettivamente negli articoli 2424 (lo stato patrimoniale) e 2425 (il conto economico) del codice civile.

Come si vede i prospetti «comunitari», rispetto a quelli che abbiamo chiamato «tradizionali», sono molto più vicini agli schemi riclassificati visti in precedenza, imponendo in molti casi la rappresentazione di poste già al netto dei rispettivi elementi rettificativi.2


1 Eccezion fatta per le imprese soggette a normative speciali, come ad esempio le imprese di assicurazione, che devono utilizzare schemi di bilancio specifici.
2 I bilanci comunitari, presentati di seguito, sono in forma completa. Tuttavia, ai sensi dell’art. 2435 bis c.c. le imprese possono redigere i nuovi bilanci anche in forma abbreviata quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi non abbiano superato due dei seguenti limiti:
a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
b) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;
c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità.
Dal 1.1.2004, per poter redigere il bilancio in forma abbreviata occorre anche che le imprese non abbiano emesso titoli negoziati sui mercati regolamentati.

Schema di Stato Patrimoniale comunitario

Stato patrimoniale «comunitario»

Attività

A) CREDITI VERSO SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI,

con separata indicazione della parte già richiamata

B) IMMOBILIZZAZIONI,

con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria

I – Immobilizzazioni immateriali:

1)   costi di impianto e di ampliamento
2)   costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità
3)   diritti di brevetto industriale e di utilizzazione delle opere dell’ingegno
4)   concessioni, licenze, marchi e diritti simili
5)   avviamento
6)   immobilizzazioni in corso e acconti
7)   altre

TOTALE

II – Immobilizzazioni materiali:

1)   terreni e fabbricati
2)   impianti e macchinario
3)   attrezzature industriali e commerciali
4)   altri beni
5)   immobilizzazioni in corso e acconti

TOTALE

III – Immobilizzazioni finanziarie,

con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio successivo:

1.    partecipazioni in:
       a) imprese controllate
       b) imprese collegate
       c) imprese controllanti
       d) altre imprese

2.    crediti:
       a) verso imprese controllate
       b) verso imprese collegate
       c) verso controllanti
       d) verso altri

3.    altri titoli

4.    azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo

TOTALE

TOTALE IMMOBILIZZAZIONI (B)

 

C) ATTIVO CIRCOLANTE

I – Rimanenze

1)   materie prime, sussidiarie e di consumo
2)   prodotti in corso di lavorazione e semilavorati
3)   lavori in corso su ordinazione
4)   prodotti finiti e merci
5)   acconti

TOTALE

 

II – Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:

1)   verso clienti
2)   verso imprese controllate
3)   verso imprese collegate
4)   verso controllanti
4-bis) crediti tributari
4-ter) imposte anticipate
5)   verso altri

TOTALE

III – Attività finanziarie che non

costituiscono immobilizzazioni:

1)   partecipazioni in imprese controllate
2)   partecipazioni in imprese collegate
3)   partecipazioni in imprese controllanti
4)   altre partecipazioni
5)   azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo
6)   altri titoli

TOTALE

 

IV – Disponibilità liquide:

7)   depositi bancari e postali
8)   assegni
9)   denaro e valori in cassa

TOTALE

TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE (C)

(D) RATEI E RISCONTI,

con separata indicazione del disaggio su prestiti

 

Passività

A) PATRIMONIO NETTO:

I     Capitale
II    Riserva da sovrapprezzo delle azioni
III   Riserve di rivalutazione
IV   Riserva legale
V     Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI   Riserve statutarie
VII  Altre riserve, distintamente indicate
VIII Utili (perdite) portati a nuovo
IX   Utile (perdita) dell’esercizio

TOTALE

B) FONDI PER RISCHI ED ONERI

1)   per trattamento di quiescenza e obblighi simili
2)   per imposte, anche differite
3)   altri

TOTALE

C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO

D) DEBITI,

con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:

a)   obbligazioni
b)   obbligazioni convertibili
c)    debiti verso soci per finanziamenti
d)   debiti verso banche
e)   debiti verso altri finanziatori
f)    acconti
g)   debiti verso fornitori
h)   debiti rappresentati da titoli di credito
i)     debiti verso imprese controllate
j)    debiti verso imprese collegate
k)    debiti verso controllanti
l)     debiti tributari
m)   debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale
n)   altri debiti

TOTALE

E) RATEI E RISCONTI,

con separata indicazione dell’aggio su prestiti

Schema di Conto Economico comunitario

Conto economico «comunitario»

A) VALORE DELLA PRODUZIONE

1)   ricavi delle vendite e delle prestazioni
2)   variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti
3)   variazione dei lavori in corso su ordinazione
4)   incrementi di immobilizzazione per lavori interni
5)   altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio

TOTALE

B) COSTI DELLA PRODUZIONE

6)   per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
7)   per servizi
8)   per godimento di beni di terzi
9)   per il personale:
a)    salari e stipendi
b)    oneri sociali
c)    trattamento di fine rapporto
d)    trattamento di quiescenza e simili
e)    altri costi

10) ammortamenti e svalutazioni:
a)    ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
b)    ammortamento delle immobilizzazioni materiali
c)    altre svalutazioni delle immobilizzazioni
d)    svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide

11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
12) accantonamenti per rischi
13) altri accantonamenti
14) oneri diversi di gestione

TOTALE

DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE (A B)

C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI

15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate
16) altri proventi finanziari:
a)    da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti
b)    da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni
c)    da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
d)    proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti

17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti
17 bis) utili e perdite su cambi

TOTALE (15+16-17±17 bis)

 

 

D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITÀ FINANZIARIE

18) rivalutazioni:
a)    di partecipazioni
b)    di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c)    di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni

19) svalutazioni:
a)    di partecipazioni
b)    di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c)    di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni

TOTALE DELLE RETTIFICHE (18 – 19)

E) PROVENTI E ONERI STRAORDINARI

20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5)
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti

TOTALE DELLE PARTITE STRAORDINARIE (20 – 21)

RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A – B ± C ± D ± E)

22) imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate

23) UTILE (PERDITA) DELL’ESERCIZIO

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09/11/2015 - 12:36

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