4.3 - Gli studi di settore


Gli studi di settore consentono di determinare i ricavi od i compensi che possono essere attribuiti a ciascun contribuente che eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Sono strumenti elaborati dall’Agenzia delle Entrate mediante analisi economiche e attraverso l’impiego di tecniche statistico-matematiche; vengono utilizzati dall’Agenzia stessa come supporto per programmare, organizzare, predisporre e gestire le attività di accertamento.

Per ciascun settore economico, essi individuano infatti le relazioni esistenti fra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi, con particolare riferimento:

• ai processi produttivi adottati,
• all’organizzazione aziendale,
• ai beni e servizi oggetto dell’attività,
• alla localizzazione geografica,
• ad altri elementi specifici, come le aree di vendita, l’andamento dei prezzi, il livello della concorrenza, ecc.

Nel dettaglio, i dati rilevanti agli effetti dell’applicazione degli studi di settore sono di due tipi:

• dati di natura contabile (ad esempio i costi per il personale, per l’acquisizione di materie prime, per la pubblicità, ecc.);
• dati relativi alla struttura specifica dell’impresa o dell’attività professionale o artistica esercitata (ad esempio la dimensione dei locali adibiti all’attività, la ripartizione del fatturato per categorie specifiche relative ai singoli settori, la tipologia degli impianti e delle attrezzature impiegate nell’attività, ecc.).

L’introduzione in Italia degli studi di settore ha avuto avvio nel 19931 e dal quel momento ogni anno si è allargato il panorama dei soggetti interessati. Inoltre, gli studi relativi ai diversi settori di attività sono stati più volte aggiornati, ed ogni anno mediamente un terzo dei circa duecento studi di settore elaborati è oggetto di periodica revisione, al fine di renderne le risultanze più attuali ed in linea con la situazione economica dell’anno di riferimento al quale essi vengono applicati.

Gli studi di settore sono suddivisi in quattro grandi macroaree:
• servizi;
• commercio;
• manifatture;
• attività professionali.

All’interno di ogni macroarea gli studi di settore sono suddivisi per gruppi omogenei di attività (denominati «cluster»), organizzati secondo lo stesso criterio tassonomico della tabella delle attività economiche Ateco.

Essi sono caratterizzati da una lettera che ne indica il grado di «evoluzione» (cioè di revisione o aggiornamento).2


1Tuttavia solo a partire dal 1998 gli studi di settore hanno progressivamente sostituito i parametri presuntivi di ricavi, compensi e volume d’affari, che costituivano lo strumento di controllo precedentemente utilizzato.
2La lettera «T» contraddistingue gli studi revisionati e la lettera «U» quelli revisionati per la seconda volta.

 

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09/11/2015 - 12:51

Aggiornato il: 09/11/2015 - 12:51

4.3.1 - Le risultanze degli studi di settore


Gli studi di settore possono fornire numerose indicazioni sulle risultanze dell’attività economica o professionale dei singoli contribuenti.

Un primo livello di analisi è relativo alla coerenza economica del contribuente, determinata attraverso il confronto fra il valore di alcuni indici caratteristici dell’attività del contribuente stesso (margini di ricarico, rotazione del magazzino, incidenza dei costi del personale, ecc.).1

Le posizioni non coerenti possono essere utilizzate dall’Agenzia delle Entrate per selezionare i contribuenti da sottoporre ad ulteriori eventuali controlli.

Un secondo livello di analisi realizzato attraverso gli studi di settore è la verifica di congruità, che è volta a definire la stima dei ricavi o dei compensi presunti per ciascun contribuente, applicando i parametri economici della sua attività ad una complessa funzione statistica,2 caratteristica di ciascuno specifico cluster.

Il risultato della verifica di congruità è un numero che rappresenta l’ammontare dei ricavi o dei compensi che, sulla base dei dati economici riscontrati per ciascun contribuente, è ragionevole attendersi da lui.

Se i ricavi effettivamente conseguiti sono superiori al risultato dello studio di settore, il contribuente risulta congruo; se sono inferiori, egli risulta non congruo3 e l’Agenzia delle Entrate potrebbe, in presenza di alcune ulteriori condizioni, contestargli il mancato raggiungimento del volume di ricavi ritenuti congrui.

Un terzo livello di analisi, introdotto a partire dal 2006, è quello della cosiddetta normalità economica. Essa individua, per ciascun settore produttivo, alcuni indici detti INE (indicatori di normalità economica) per i quali la presenza di valori anomali può far pensare ad un’attività svolta in condizioni economiche «non normali».

Anche in questo caso, per ciascun INE viene individuato un intervallo all’interno del quale si collocano le attività svolte in condizioni di normalità economica: eventuali valori al di sopra del massimo o al di sotto del minimo fanno presumere che l’attività sia svolta in condizioni di non normalità e che dunque essa produca ricavi superiori a quelli ritenuti congrui.4
Alle risultanze degli studi di settore, infine, vengono applicati da alcuni anni a questa parte taluni correttivi, con il fine di tener conto di molteplici variabili, per produrre risultati più in linea possibile con l’effettiva realtà economica studiata.

 

I correttivi introdotti nel tempo sono di quattro tipi:
• rettifiche a specifici indicatori di normalità economica: è il caso dell’indice di durata delle scorte, che viene utilizzato per verificare che le rimanenze non vengano sottostimate al fine di ridurre l’utile;5
• correttivi congiunturali per specifiche attività economiche: riguardano i singoli settori in cui sono intervenute novità significative rispetto agli esercizi precedenti, soprattutto a causa di eventi congiunturali (ad esempio le rettifiche allo studio di settore per il trasporto merci su strada, in conseguenza dell’aumento del prezzo del petrolio);
• correttivi congiunturali per interi settori economici: a differenza dei precedenti si applicano a tutti i settori, sempre in conseguenza di eventi congiunturali (ad esempio la crisi economica degli ultimi anni, seppur con modalità differenti in relazione alla tipologia di attività esercitata);
• correttivi congiunturali individuali: si applicano ai singoli soggetti che, all’interno di ciascuna categoria di attività, hanno presentato conseguenze di particolare rilevanza a causa della crisi economica.


1 Con un intervallo compreso all’interno di due valori minimo e massimo, ritenuto coerente per il suo cluster di riferimento.
2 Funzione di regressione multipla.

3 A dire il vero il processo è un po’ più complesso. Al fine di graduare le diverse posizioni di non congruità, con la stessa funzione di regressione lineare con cui si determina il livello dei ricavi congrui, si determina anche un intervallo (detto «intervallo di confidenza») all’interno del quale è molto alta la probabilità che ricada il ricavo effettivo del contribuente. Di conseguenza le posizioni effettivamente verificate sono quelle per le quali i ricavi effettivi, oltre ad essere inferiori a quelli determinati tramite gli studi di settore, sono anche inferiori al limite minimo dell’intervallo di confidenza.
4 Determinati dalla funzione di regressione multipla. Di conseguenza, se un imprenditore o un professionista operano in condizioni di non normalità economica, il limite dei ricavi o dei compensi da raggiungere affinché essi siano considerati congrui è superiore al livello di congruità di altri operatori dello stesso cluster, che operino in condizioni di normalità.
5 In questo caso l’intervallo di normalità economica viene rettificato di anno in anno, per tener conto degli incrementi fisiologici delle rimanenze finali riconducibili a contrazioni delle vendite dovute alla crisi economica.

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4.3.2 - Le attività di accertamento


Il semplice scostamento dei ricavi o compensi dichiarati, rispetto a quelli identificati dallo studio di settore, di per sé non dimostra nulla e non comporta alcuna procedura automatica di adeguamento tributario.1

Solo se ulteriori riscontri confermano che i ricavi o compensi effettivi sono realmente superiori a quelli dichiarati, l’Agenzia delle Entrate può ricorrere alle risultanze degli studi di settore e chiedere che sia il contribuente a dimostrarne l’inapplicabilità al suo caso.

In tal caso, appunto, spetta al contribuente dimostrare che – per la sua specifica situazione in un determinato esercizio – le risultanze degli studi di settore non possono essere applicate alla propria situazione, o comunque forniscono informazioni inattendibili.

Comunque, prima di procedere all’accertamento, l’Agenzia delle Entrate deve invitare il contribuente a comparire, per tentare una definizione della situazione in contraddittorio, attraverso l’istituto del concordato. Già in quest’occasione, sarà possibile – anzi, consigliabile – dimostrare all’Agenzia delle Entrate le circostanze che, considerata la specifica situazione del contribuente, rendono inapplicabile al suo caso lo studio di settore.

Se però il contribuente non si presenta all’invito a comparire, l’Agenzia delle Entrate è legittimata a procedere all’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli studi di settore, senza motivare ulteriormente la propria pretesa tributaria.

Il contradditorio preventivo con l’Ufficio delle Entrate è dunque estremamente importante, perché rappresenta il momento fondamentale nel quale il contribuente può far valere le proprie ragioni.


1 Lo scostamento rispetto al risultato parametrico costituisce infatti solamente una presunzione semplice, priva dei requisiti che la legge richiede affinché un fatto possa essere considerato come una prova nel processo tributario.

 

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09/11/2015 - 12:52

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4.3.3 - I soggetti esclusi


È opportuno precisare che non tutti i contribuenti sono tenuti ad adeguarsi alle risultanze degli studi di settore, poiché alcuni sono esclusi dal loro ambito di applicazione.

In particolare, e senza pretesa di esaustività, l’accertamento tramite gli studi di settore non può essere effettuato nei confronti dei contribuenti che:

 hanno iniziato o cessato l’attività nel periodo d’imposta;
• hanno dichiarato ricavi superiori al limite dei vecchi 10 miliardi di lire;1
• determinano il reddito con criteri forfettari;
• si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell’attività;2
• hanno modificato l’attività esercitata nel periodo d’imposta considerato, se le due attività sono soggette a studi di settore diversi.

Ai casi generali di esclusione sopra indicati, vanno poi aggiunti specifici casi di non applicazione previsti dai singoli decreti di approvazione degli studi di settore, come ad esempio il caso delle cooperative a mutualità pura.
 

L’adeguamento in situazioni di non coerenza, non congruità e non normalità

Per tutti coloro che non si trovano nelle situazioni di esclusione o inapplicabilità, gli studi di settore trovano tuttavia applicazione, indipendentemente dalla natura giuridica o dal regime contabile adottato.3
I contribuenti che non siano coerenti o congrui con le risultanze degli studi di settore possono effettuare un adeguamento nella dichiarazione dei redditi.

L’adeguamento può essere effettuato sia ai fini delle imposte dirette, che dell’Iva e dell’Irap. L’importo da pagare può consistere sia nella differenza col ricavo di riferimento puntuale, sia anche in un importo minore (purché non inferiore al ricavo minimo dell’intervallo statistico di confidenza).

Per il primo anno di applicazione o di revisione dei singoli studi di settore, i contribuenti possono adeguarsi senza applicazione di sanzioni o interessi. Per gli altri periodi d’imposta sono invece previste delle maggiorazioni, anche se di importo percentualmente non elevato rispetto ai maggiori ricavi o compensi dichiarati.

I parametri presuntivi

Per i contribuenti ai quali non si applicano gli studi di settore, o per le cui attività gli studi di settore non sono stati approvati, si applicano altri strumenti presuntivi di ricavi, compensi e volume d’affari: i parametri.

Si tratta tuttavia di uno strumento meno evoluto, che trova applicazione solamente nei confronti di soggetti che adottino un regime di contabilità semplificata o di coloro per i quali la contabilità ordinaria sia stata dichiarata inattendibile sulla base di un apposito verbale d’ispezione.
I parametri si avvalgono di soli dati di natura contabile, e devono essere comunicati congiuntamente al modello INE.
L’adeguamento ai parametri può essere effettuato ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, ma non dell’Irap. Le modalità di adeguamento sono sostanzialmente analoghe a quelle degli studi di settore, ma in questo caso non vengono applicate maggiorazioni o interessi.


1Nei loro confronti gli accertamenti vengono svolti in maniera specifica ed analitica, non parametrica.
2 Ad esempio il periodo in cui l’impresa è assoggettata ad una procedura concorsuale, o quello da cui decorre la messa in liquidazione dell’impresa; oppure quando l’attività prevista dall’oggetto sociale non è ancora iniziata per cause indipendenti dalla volontà dell’imprenditore (come il protrarsi della costruzione di un impianto o il ritardo nel rilascio di una concessione o di un’autorizzazione amministrativa).

3 Eccezion fatta per il regime dei contribuenti minimi (non soggetti a studi di settore).

 

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