5 - Gli aspetti giuridici


I principali aspetti giuridici e normativi che caratterizzano un'impresa in forma associata

Nel capitolo "L’organizzazione" abbiamo parlato del primo passo che deve compiere il neo-imprenditore per definire la forma giuridica dell’azienda: la scelta tra impresa individuale e società. In questo capitolo approfondiremo in particolare questo secondo aspetto.

 

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27/10/2015 - 15:48

Aggiornato il: 27/10/2015 - 15:48

5.1 - Il contratto di società


Con il contratto di società (art. 2247 c.c.) «due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili».

È un contratto con «comunione di scopo»: in esso cioè – al contrario dei contratti di scambio in cui il venditore e il compratore perseguono scopi diversi – tutti i contraenti perseguono un obiettivo comune.

Lo scopo ultimo della società è il conseguimento di un utile, mentre lo scopo immediato – detto «oggetto sociale» – rappresenta in particolare l’attività economica che si intende esercitare (es. produzione di profilati metallici, commercio all’ingrosso di alimentari, ecc.). L’indicazione dell’oggetto sociale nel contratto è richiesta obbligatoriamente per tutti i tipi di società.

Con la partecipazione alla società ogni contraente acquista la posizione di socio, ossia il diritto di partecipare «per quote» ai risultati dell’attività sociale.

La posizione di socio permette in particolare di:
• ricevere dalla società una parte degli utili realizzati mediante l’esercizio dell’attività economica;
• partecipare all’amministrazione della società;
• ricevere una quota del patrimonio realizzato all’eventuale scioglimento della società.

Se non stabilito diversamente, il potere di amministrazione, cioè la facoltà di gestione della società, implica quello di rappresentanza, cioè la facoltà di compiere atti giuridici validi verso terzi in nome e per conto della società (art. 2266 c.c.).

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29/10/2015 - 10:51

Aggiornato il: 29/10/2015 - 10:51

5.2 - Come si distinguono i vari tipi di società


I diversi tipi di società si distinguono principalmente:

• in rapporto all’«oggetto» (o scopo sociale);
• in rapporto al diverso grado di responsabilità dei soci.


Tipi societari secondo l’oggetto sociale

In rapporto all’«oggetto sociale» (o scopo sociale), il codice civile distingue tra:

• società commerciali (che esercitano una delle attività previste dall’art. 2195 c.c.)1 e
• società non commerciali (che esercitano attività economiche non commerciali, ad es. agricole o professionali): in tal caso è ammesso il ricorso alla Società semplice (v. par. successivo).


Tipi societari secondo il grado di responsabilità dei soci

In rapporto al diverso grado di responsabilità dei soci, il codice distingue tra:

• società di persone: in esse i soci hanno di norma una responsabilità «illimitata e solidale» di fronte ad eventuali rovesci societari;
• società di capitali: in esse i soci hanno invece una responsabilità limitata verso i creditori, relativa al solo capitale sociale sottoscritto: quindi in caso di perdita o di fallimento i creditori possono rivalersi esclusivamente sul patrimonio sociale.2

►«Responsabilità illimitata» significa che un socio, se la società non è in grado di pagare i creditori, risponde con tutto il suo patrimonio personale.

►«Responsabilità solidale» (o «in solido») significa che un socio risponde anche dei debiti contratti, in nome della società, dagli altri soci: se quindi i beni personali di un socio non sono sufficienti, la sua quota di debito deve essere pagata da tutti gli altri.3


1 Produzione industriale di beni e di servizi; intermediazione commerciale; attività ausiliarie delle precedenti (vedi primo capitolo, «Mettersi in proprio: la scelta imprenditoriale). Negli ultimi anni, a seguito dell’abrogazione della legge 1815/1939, sono stati introdotti casi di esercizio di attività professionali protette in società commerciali di persone (es. la società tra avvocati di cui al d.lgs. 96/2001).
2 Ciò in base al cosiddetto principio di «autonomia patrimoniale», secondo cui il patrimonio della società è distinto da quello dei soci.

3 Ciò implica anche che il creditore può decidere di soddisfarsi sui beni di un socio a sua scelta.

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09/11/2015 - 14:07

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:07

5.2.1 - Le società di persone


Le società di persone sono:

• Società semplice (S.s.);
• Società in nome collettivo (S.n.c.);
• Società in accomandita semplice (S.a.s.).

A differenza delle società di capitali, le società di persone non hanno «personalità giuridica»: non sono cioè, per lo Stato, dei soggetti giuridici pienamente distinti dalle persone dei soci. Malgrado quindi tali società possano essere titolari di diritti e doveri, la responsabilità per eventuali inadempienze finisce per trasferirsi sui soci. Di conseguenza, questi rispondono verso i terzi in modo illimitato e solidale (con l’eccezione dei soci accomandanti delle S.a.s.). In caso di fallimento, assieme alla società falliscono personalmente tutti i soci con responsabilità illimitata e solidale.

Lo strumento di individuazione delle società di persone è la «ragione sociale», che è costituita:

• dall’eventuale nome della società;
• dal nome di uno o più soci;
• dall’indicazione del «rapporto sociale» («S.n.c», «S.a.s.», ecc.).

Per esempio: «Bianchi & Rossi S.a.s.»; «Studio A di Mario Rossi & C. S.n.c.».

Il codice civile definisce la disciplina basilare delle società di persone trattando della Società semplice (S.s.). Ciò significa che laddove il Codice non prevede esplicitamente un trattamento particolare per la S.n.c. o per la S.a.s., a queste si applica la normativa disposta per la S.s.

►Nelle società di persone:

• le qualità personali dei singoli soci (competenza, abilità, correttezza, ecc.) sono più importanti dei beni conferiti alla società: il lavoro costituisce infatti il mezzo principale con cui i soci contribuiscono all’attività sociale;
• il numero dei soci è ristretto, e di conseguenza il capitale conferito nella società non è, di norma, molto elevato;
• tutti i soci (eccetto gli accomandanti nelle S.a.s.) sono responsabili con il loro patrimonio personale per i debiti sociali («responsabilità illimitata») e rispondono anche della parte di debito non pagata dagli altri soci («responsabilità solidale»);
• l’amministrazione (quindi la parte più significativa delle attività d’impresa) può spettare solo ai soci o a parte di essi.

La società semplice

Caratteristica della Società semplice (S.s.), che a sua volta la distingue da ogni altro tipo di società, è che non può esercitare attività di impresa commerciale.

Casi tipici in cui viene usata questa forma sociale sono:

• attività agricole;
• attività professionali in forma associata;1
• attività di gestione di patrimoni mobiliari 2 o immobiliari (quest’ultima consiste in genere nella riscossione di affitti di uno o più immobili).

La disciplina delle società di persone – così come configurata trattando della S.s. – prevede che i poteri di amministrazione e di rappresentanza spettino di norma a tutti i soci «disgiuntamente» (cioè senza bisogno dell’assenso degli altri soci),3 salvo che nel contratto sociale non sia stabilito diversamente.

 

1 Fino a tempi recenti la forma di S.s. è stata usata a causa della sostanziale difficoltà per i professionisti associati iscritti a un albo di esercitare la professione utilizzando la forma di società commerciale. Dopo l’entrata in vigore della legge 266/97 era venuto formalmente meno il divieto di esercitare le professioni protette sotto forma di società commerciale, anche se l’assenza di norme specifiche rendeva sempre problematico l’uso di tale veste giuridica (ad eccezione della cosiddetta «società tra avvocati», disciplinata dal d.lgs. n. 96/2001).
Al momento in cui si scrive, secondo quanto previsto dall’ultimo decreto sviluppo, le società professionali possono essere costituite nelle seguenti forme:
• società di persone;
• cooperative.
In ogni caso le nuove norme in materia di società di professionisti non incidono sui modelli societari già previsti, ma dettano solamente un quadro di regole riservate a quei professionisti che vogliono svolgere, in via associata, la propria professione.
2Spesso la Società semplice viene utilizzata unicamente al fine di detenere quote di società di capitali. È bene tuttavia sapere che molti Registri Imprese ritengono che questo tipo di attività non sia consentito alle S.s., pertanto se se ne vogliono costituire a questo scopo è opportuno informarsi preventivamente presso la Camera di commercio.
3Di solito, per avere la necessaria agilità operativa e nello stesso tempo la garanzia che qualche socio in preda a «raptus» non combini dei grossi pasticci, nelle società di persone si conviene che l’amministrazione e la rappresentanza spettino disgiuntamente per l’ordinaria amministrazione e congiuntamente per la straordinaria.

La società in nome collettivo

La Società in nome collettivo (S.n.c.), a differenza della S.s. e come tutte le società cosiddette commerciali, può esercitare sia attività economiche non commerciali sia attività d’impresa commerciale. Si costituisce con atto pubblico (cioè redatto da un notaio) o scrittura privata autenticata (redatta dalle parti e autenticata da un pubblico ufficiale).

L’atto costitutivo (ed ogni eventuale modifica successiva) deve essere iscritto entro 30 giorni dalla data di costituzione nel Registro delle Imprese presso la Camera di commercio, mediante la c.d. Comunicazione Unica, e deve contenere almeno:
• la ragione sociale, contenente obbligatoriamente, oltre ad eventuali nomi di fantasia (es.: «Tutto per la sposa», «Pensione Miramare» ecc.), il nome di uno o più soci e il rapporto sociale «S.n.c.»;
• l’indicazione dei soci e dei loro «conferimenti» (trasferimenti di denaro dal proprio patrimonio al patrimonio sociale);
• l’oggetto (cioè lo scopo) della società e la sua durata;
• l’indicazione della sede della società.1

L’indicazione della durata è importante perché lo scadere del termine costituisce il momento in cui il socio che non vuole proseguire il rapporto può chiedere lo scioglimento della società anche se gli altri non sono d’accordo; mentre prima che questa data sia raggiunta la società non può essere sciolta, salvo il verificarsi di certe circostanze (ad esempio il conseguimento dell’oggetto sociale o la volontà comune di tutti i soci).

Il singolo socio ha comunque il diritto di uscire dalla società (il che però può avvenire solo a certe condizioni e quasi mai in modo indolore).

Sarà quindi utile, all’atto della stipula del contratto di società, curare con attenzione sia la definizione del termine che le modalità di recesso dei soci.

Come sopra accennato, nelle S.n.c. ciascun socio «conferisce» (cioè apporta) una propria quota di capitale: le quote possono essere differenti, e anche la ripartizione degli utili o delle perdite – dalla quale nessun socio può essere escluso – segue di solito la stessa proporzione che si è adottata nel conferimento delle quote.2

Nessun socio può svolgere un’attività in concorrenza (direttamente o attraverso altra società di persone) senza il consenso degli altri soci.
I soci sono responsabili illimitatamente e solidalmente dei debiti della S.n.c.; il creditore, però, prima di rifarsi sui soci deve procedere esecutivamente nei confronti della società (cosiddetta «escussione» del patrimonio sociale).

Per il potere di amministrazione e quello di rappresentanza vale quanto disposto per la S.s.

► Nelle Società in nome collettivo:

• è consigliabile che i soci siano competenti nell’attività economica scelta come oggetto sociale (conoscano cioè il «mestiere»);
• la confidenza e la reciproca fiducia sono essenziali.

Nella S.n.c., infatti, tutti i soci partecipano di solito in prima persona all’attività.


1È consigliabile indicare nell’atto costitutivo il solo Comune senza specificazione di via e numero civico, che verranno invece indicati solo nella domanda di iscrizione nel Registro Imprese. Ciò consentirà di evitare il ricorso all’atto pubblico od alla scrittura privata autenticata in caso di modificazione della sede legale.
2 Possono anche convenirsi attribuzioni di utili o perdite non proporzionali alle quote.

La società in accomandita semplice

La Società in accomandita semplice (S.a.s.) è disciplinata in tutto come la S.n.c. con l’unica, ma assai rilevante, differenza che i soci vengono distinti in:

• accomandanti: sono soci non operativi.1 Dispongono di solito di mezzi finanziari e apportano il capitale, limitando però la loro responsabilità alla quota conferita;
• accomandatari: sono i soci operativi. Hanno le competenze tecniche richieste per lo svolgimento dell’attività, ed oltre al capitale apportano il loro lavoro, assumendo responsabilità illimitata e solidale.

Gli accomandanti non hanno poteri di amministrazione e rappresentanza; se violano il divieto di amministrare o rappresentare la società perdono il beneficio della responsabilità limitata. Per lo stesso motivo i loro nomi non possono comparire nella ragione sociale.

Gli accomandatari coincidono in tutto con la figura dei soci della S.n.c.

►Le società in accomandita (semplice e per azioni) possono definirsi anche «società miste» o «a responsabilità mista», data la presenza di due categorie di soci con diverso grado di responsabilità. Essi sono:

• i soci «accomandatari», responsabili illimitatamente e solidalmente: sono gli amministratori e i rappresentanti dell’impresa;
• i soci «accomandanti», con responsabilità limitata alla quota conferita: sono di solito i principali finanziatori dell’impresa, e delegano i poteri di gestione e rappresentanza agli accomandatari.

«Accomandare» significa infatti «affidare», «dare in gestione».

 

1Salvo il caso dell’«accomandante d’opera»: v. più avanti, «Alcune indicazioni utili per la scelta della forma sociale».

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09/11/2015 - 14:10

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:10

5.2.2 - Le società di capitali


Le società di capitali1 sono:

• Società a responsabilità limitata (S.r.l.);
• Società unipersonale a responsabilità limitata;
• Società semplificata a responsabilità limitata;
• Società per azioni (S.p.a.);
• Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.).

Le società di capitali hanno «personalità giuridica»: sono cioè, per lo Stato, dei soggetti giuridici distinti dalle persone dei soci. È quindi la società, e non il singolo socio, ad essere titolare dei diritti e degli obblighi che nascono dallo svolgimento dell’attività.

Lo strumento di individuazione della società di capitali è la «denominazione sociale», che è costituita:

• dal nome della società (composto da un nome di fantasia o dal nome di uno o più soci);
• dall’indicazione del «rapporto sociale» («S.r.l.»; «S.p.a.», ecc.).

Per esempio: «Fiat Group Automobiles S.p.a.»; «Bianchi & Rossi S.r.l.».

►Nelle società di capitali:

• i beni conferiti alla società hanno maggiore importanza delle qualità personali dei soci: i capitali costituiscono infatti il mezzo principale con cui i soci contribuiscono all’attività sociale;
• è più facile cedere le proprie quote sociali;
• i creditori possono rivalersi esclusivamente sul patrimonio sociale2 (cosiddetta «responsabilità limitata»);
• l’amministrazione può spettare anche ai non soci.


1Alcuni considerano società di capitali anche le cooperative, che però hanno uno status giuridico del tutto particolare e vengono esaminate di seguito in un paragrafo a parte.
2 Con l’eccezione dell’accomandatario nella S.a.p.a.

La società a responsabilità limitata

La Società a responsabilità limitata (S.r.l.) si costituisce esclusivamente per atto pubblico, al quale può essere allegato uno statuto che regola il funzionamento degli organi sociali. Entro 20 giorni dalla data di costituzione, l’atto viene iscritto a cura del notaio sia presso l’Ufficio del Registro Imprese sia presso l’Agenzia delle Entrate nel cui territorio la società ha la sede legale, mediante la Comunicazione Unica.1

L’atto costitutivo deve contenere obbligatoriamente:
• la denominazione sociale;
• le generalità dei soci e le loro quote di conferimento;
• l’ammontare del capitale sottoscritto e versato;
• l’oggetto (cioè lo scopo) della società ed eventualmente la sua durata;
• l’indicazione della sede della società;
• le norme di ripartizione degli utili;
• l’indicazione degli amministratori e dei loro poteri;
• l’indicazione del Sindaco Unico o del revisore contabile (se esistenti);
• l’importo globale delle spese per la costituzione poste a carico della società.

Il capitale sociale di norma (art. 2463 c.2 n.4 c.c.) non è inferiore a 10.000 euro. Deve essere conferito in denaro2 (salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo) e direttamente nelle mani degli amministratori della società (non più in banca).
Ferma restando la necessità della sottoscrizione integrale del capitale sociale, una recente legge3 ha tuttavia introdotto la possibilità di determinare un capitale inferiore a 10.000 euro, purché pari ad almeno un euro.

Si hanno quindi due casi:
• capitale sociale non inferiore a 10.000 euro: i soci depositano il 25% del capitale (cioè 2.500 euro, come minimo) nelle mani degli amministratori della società con l’impegno a coprire in ogni momento la somma rimanente;
• capitale sociale tra 1 e 9.999 euro: i conferimenti, obbligatoriamente in denaro, devono essere versati per intero nelle mani degli amministratori. Inoltre una somma pari ad 1/5 degli utili netti risultanti dal bilancio annuale deve essere destinata a riserva legale finché il patrimonio netto non abbia raggiunto i 10.000 euro.4

Il capitale sociale è diviso in quote, detenute dai diversi soci, che hanno il potere in proporzione al numero di quote in loro possesso. Essendo stato abolito dal 2009 il libro dei soci per la S.r.l., la proprietà delle quote e i loro trasferimenti sono registrati presso il Registro Imprese della Camera di commercio.

I bilanci sono pubblici e devono essere depositati presso il Registro Imprese.

La S.r.l.:

• risponde dei propri debiti esclusivamente con il proprio patrimonio, escludendo quindi le proprietà personali dei soci (al di fuori della quota conferita);
• ha come organo deliberante l’Assemblea dei Soci;5
• ha come organo amministrativo, secondo la scelta dei soci:

- o un Amministratore Unico;
- o un Consiglio di Amministrazione, che può delegare la maggior parte dei propri poteri ad un consigliere (l’«Amministratore Delegato»);6

• può disporre di:
- un organo di controllo (Sindaco Unico od eventualmente, se previsto dallo statuto, Collegio Sindacale),7 che verifica la correttezza dell’amministrazione e l’adeguatezza dell’assetto amministrativo;
- un revisore contabile, che esercita il cosiddetto controllo contabile.

L’organo di controllo e il revisore contabile sono obbligatori solo in presenza di determinate condizioni previste dall’art. 2477 c.c. 8

► La S.r.l. è un tipo di società in cui l’elemento personale è abbastanza importante, ma contemporaneamente si ha il vantaggio della responsabilità limitata: copre quindi la fascia di imprese con dimensioni medie,9 superiori alla S.n.c. ed inferiori alla S.p.a. (infatti ha di norma un capitale minimo obbligatorio di 10.000 euro contro i 50.000 euro della S.p.a).10

 

1A seguito della Legge n. 340/2000, l’atto costitutivo non deve più essere sottoposto ad omologazione da parte del Tribunale.
2A tale proposito il Consiglio Nazionale del Notariato ha emanato una nota in data 4 settembre 2013, chiarendo che per la costituzione delle nuove S.r.l. possono essere utilizzati:
• assegni circolari (intestati ad uno degli amministratori o alla società);
• denaro contante (solo per importi inferiori ai 1.000 euro);
• bonifico bancario a favore di uno degli amministratori.
3Il d.l. 28 giugno 2013 n. 76, convertito in legge 9 agosto 2013 n. 99.
4 Dal 2004, il conferimento può avvenire anche mediante la stipula di una polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria a garanzia degli obblighi assunti dai soci. Possono inoltre far oggetto di conferimento anche tutti gli elementi di attivo suscettibili di valutazione economica.
5 Per quanto riguarda le modalità di assunzione delle deliberazioni dei soci, dal 2004 non è più obbligatoria la cosiddetta modalità collegiale (riunione dei soci in luogo e data prestabilita), ma l’atto costitutivo può prevedere modi più agili ed informali di consultazione e di consenso scritto (lettera, fax ecc.). In casi particolari (es. le modifiche dell’atto costitutivo) viene tuttavia mantenuto l’obbligo della deliberazione collegiale.
6Dal 1.1.2004 l’amministrazione può essere delegata anche a dei Co-Amministratori, i quali, operando disgiuntamente, non formano un Consiglio di Amministrazione.
7 Dal 2011 per la S.r.l. il codice civile prevede in via ordinaria la figura del Sindaco Unico e solo in alternativa quella tradizionale del Collegio Sindacale.
8L’art. 20 comma 8 del «decreto competitività» (d.l. 91/2014) ha abrogato l’obbligo di nominare un organo di controllo o un revisore contabile nelle S.r.l. con un capitale sociale uguale o superiore a quello minimo stabilito per le S.p.a. L’organo di controllo resta tuttavia obbligatorio quando la S.r.l.:
• è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
• controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
• per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal 1° comma dell’articolo 2435-bis del codice civile [1. totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro; 2. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro; dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità]. L’obbligo cessa se, per due esercizi consecutivi, due dei predetti limiti non vengono superati.
9 Da quando è stata introdotta la S.r.l. unipersonale (e ancor più con la recentissima introduzione delle S.r.l. semplificate) questo tipo di società può essere utilizzato anche per imprese con dimensione aziendale minima ma soggette a forte rischio di capitale.

10 Come segnalato nel cap. 11, il l c.d. «decreto competitività» (d.l. 24 giugno 2014 n. 91, entrato in vigore il 25 giugno 2014), ha introdotto importanti modifiche al codice civile sulle disposizioni societarie. Tra queste la riduzione della soglia minima di capitale per la costituzione di una S.p.a, che è passata da 120.000 a 50.000 euro.

La Società unipersonale a responsabilità limitata

Recependo una normativa dell’Unione europea,1 è stata introdotta anche nel nostro sistema la possibilità che la S.r.l. venga costituita con un unico socio.

Con questa novità, anche gli imprenditori individuali possono usufruire della limitazione di responsabilità.

In effetti è sempre stato possibile, nel nostro ordinamento, che una società di capitali si trovasse nel corso del tempo ad avere un solo socio, ma in tal caso questo perdeva il beneficio della responsabilità limitata. La nuova disciplina riconosce invece la possibilità che la S.r.l. venga costituita fin dall’inizio con un unico socio «fondatore» (e quindi, eccezionalmente, non con un contratto tra più persone ma con un’enunciazione unilaterale).

Il socio unico beneficia della limitazione di responsabilità2 purché:
• non sia una «persona giuridica» (cioè per es. una S.p.a. non può essere socio unico di una S.r.l. unipersonale)3 o socio unico di altre società di capitali (cioè in pratica non può possedere un’altra S.r.l. unipersonale);
• abbia effettuato i conferimenti dal proprio patrimonio al patrimonio sociale nei modi e nei termini stabiliti dalla legge;
• abbia fatto constatare nei modi dovuti la unipersonalità della S.r.l. al Registro Imprese della Camera di commercio.


1Decreto legislativo 3 marzo 1993 n. 88, in conformità alla Direttiva Comunitaria n. 667 del 1989.
2Dal 2004, la responsabilità diventa illimitata se, previamente verificatosi lo stato di insolvenza, il socio unico non abbia provveduto al versamento del capitale o non abbia dichiarato al Registro Imprese che le quote sono di spettanza di un solo soggetto.
3 In generale è un problema dibattuto se il socio di una società possa essere una persona giuridica, oltre che una persona fisica (cioè ad es. se una S.r.l. possa essere socia di una S.n.c., di una S.p.a., ecc.).

La Società semplificata a responsabilità limitata

Nel corso del 2012 è stato introdotto un nuovo modello societario: la Società semplificata a responsabilità limitata la cui disciplina, nell’anno successivo, ha subito alcune importanti modificazioni.1

All’inizio la S.r.l. semplificata poteva essere costituita solo da persone fisiche di età inferiore ai 35 anni: tale limite è stato eliminato,2 per cui possono partecipare alla S.r.l. semplificata persone fisiche di qualunque età.

La costituzione deve avvenire con atto pubblico: quindi con l’intervento del notaio, ma con esenzione dall’onorario notarile.

L’atto costitutivo deve essere depositato a cura del notaio o degli amministratori all’ufficio del Registro Imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, così come gli atti modificativi e gli eventuali trasferimenti di quote.3 Le relative denunce sono esenti da bollo e da diritti di segreteria.

Il capitale sociale minimo deve essere:
• di almeno 1 euro;
• inferiore ai 10.000 euro, limite minimo «ordinario» per le S.r.l.;
• sottoscritto ed interamente versato in denaro all’organo amministrativo all’atto della costituzione.

Un apposito decreto ministeriale4 ha formulato la versione tipizzata ed inderogabile dello statuto ed ha individuato i criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci. L’amministrazione, inizialmente riservata ai soli soci, può ora essere affidata anche a persone esterne alla società.

I vantaggi di questo nuovo tipo di società sono sostanzialmente riconducibili ad una riduzione dei costi iniziali e ad uno snellimento delle procedure per la costituzione della società e le sue variazioni.

Trattandosi di forma giuridica nuova, ancor priva della necessaria elaborazione giurisprudenziale, è consigliabile rivolgersi alla Camera di commercio od ad altro soggetto qualificato per conoscere nel dettaglio le caratteristiche del contratto societario.


1La S.r.l. semplificata è stata introdotta con l’articolo 3 del decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 27 del 24 marzo 2012. Successivamente con il decreto legge 28 giugno 2013, convertito nella legge 9 agosto 2013 n. 99, sono state apportate significative modificazioni e, al contempo, sono state soppresse le S.r.l. a capitale ridotto.
2Con il decreto legge 76/2013, convertito in legge 99/2013.
3I trasferimenti di quote a favore di soggetti ultratrentacinquenni, in un primo tempo nulli, sono ora possibili data la possibilità di partecipazione di soci di qualunque età anagrafica.
4D.m. 138/2012, entrato in vigore il 29 agosto 2012.

La società a responsabilità limitata a capitale ridotto

Questa forma societaria è stata eliminata dall’ordinamento giuridico con la medesima normativa (vedi nota 24) con cui è stata modificata la disciplina della S.r.l. semplificata, che ne ha, per così dire, riassorbito le principali caratteristiche.

Le S.r.l. a capitale ridotto già operative ed iscritte nel Registro Imprese sono state convertite di diritto in S.r.l. semplificate.

La società per azioni

È estremamente improbabile che chi si mette in proprio voglia aprire di primo acchito una Società per azioni (S.p.a.), in quanto questa forma sociale è adatta esclusivamente per le grandi imprese. Per completezza di informazione, tuttavia, ne diamo di seguito qualche cenno.

Per le S.p.a. valgono di massima le stesse disposizioni delle S.r.l., con queste differenze:

• l’organo di controllo gestionale interno è obbligatorio in tutti i casi ed è rappresentato dal Collegio Sindacale;1
• il controllo contabile è esercitato da un revisore contabile;2
• il capitale sociale non può essere inferiore a 50.000 euro;3
• esso inoltre non è suddiviso in quote ma in azioni, cioè in titoli di credito liberamente acquistabili e vendibili sul mercato (v. riquadro di seguito);
• riguardo all’organo amministrativo, oltre allo schema classico (Amministratore Unico o Consiglio di Amministrazione) sono ora possibili anche altri schemi tratti dal diritto di altri Paesi europei.4

Dato il forte rilievo nella vita economica del Paese, il legislatore ha previsto per le S.p.a., oltre al controllo interno (dato dal Collegio Sindacale), anche due tipi di controllo esterno:

• quello esercitato dalla CONSOB, che controlla la correttezza delle operazioni delle società quotate in borsa od in mercati regolamentati;
• quello esercitato dalle società di revisione, che certifica la regolare tenuta delle scritture contabili e del bilancio da parte delle S.p.a. emittenti azioni quotate in mercati regolamentati.

La S.p.a. è il tipo di contratto sociale più adatto per la costituzione delle grandi imprese, in quanto consente di reperire ingenti capitali. I settori più interessati sono generalmente il credito, la finanza, la grande industria, la grande distribuzione commerciale, ecc.

Azioni ed obbligazioni: per saperne di più

In una S.p.a. (o in una S.a.p.a.) il capitale sociale può essere diviso in un numero predeterminato di quote che abbiano valore uguale. Se ad esempio una S.p.a. ha un capitale di 300.000 euro, può dividerlo in 300.000 quote da 1 euro ciascuna; ogni quota viene rappresentata da un documento chiamato azione, che può essere liberamente acquistato e venduto sul mercato.

Chi acquista una o più azioni diventa automaticamente socio della società che le ha emesse.

L’azione è un titolo di credito «nominativo», in quanto deve generalmente riportare il nome del titolare (in casi circoscritti e ben determinati sono ammesse la azioni «al portatore»).

 L’azione esprime la misura in cui il socio partecipa alla società: ad esempio se un socio conferisce 1.000 euro, avrà 1.000 azioni; se conferisce 2.000 euro 2.000 azioni, e così via.

Oltre alla quota di partecipazione, l’azione incorpora anche i diritti del socio: diritto al «dividendo» (cioè alla distribuzione degli utili tra i soci), diritto di voto nelle assemblee (se previsto), ecc.

Le azioni possono essere di diversi tipi. I più ricorrenti sono:

• azioni ordinarie;
• azioni privilegiate (con priorità nella distribuzione degli utili, e generalmente con limitazione del diritto di voto a determinati argomenti);
• azioni di risparmio (non comportano diritto di voto; costituiscono una categoria particolare di azioni privilegiate, create per promuovere l’investimento azionario dei piccoli risparmiatori).

Per raccogliere denaro, oltre ad emettere azioni – con il conseguente aumento di capitale sociale – le S.p.a. (e dal 2004 anche le S.r.l.) possono offrire delle obbligazioni, cioè dei titoli non legati al capitale sociale. A differenza delle azioni, le obbligazioni non incorporano lo status di socio, ma solo un diritto di credito.5


1Composto da sindaci effettivi (da tre a cinque) e sindaci supplenti (due).
2Nelle S.p.a. che non ricorrono al mercato del capitale di rischio, il controllo contabile può essere svolto dall’organo di controllo interno.
3Vedi nota 21. Diversamente che per le S.r.l., il versamento del 25% del capitale non è sostituibile da altre garanzie; inoltre non possono essere oggetto di conferimento le prestazioni d’opera o di servizi.
4Nel primo schema, detto dualistico, abbiamo due organi: l’Assemblea dei Soci elegge infatti un Consiglio di Sorveglianza (organo di controllo della gestione), che nomina a sua volta un Consiglio di Gestione (organo amministrativo). Nel secondo schema, detto monistico, si ha invece un solo organo: il Consiglio di Amministrazione, che elegge nel suo seno un Comitato per il controllo di gestione. Si ha in quest’ultimo caso un organo formalmente unico ma con distinzione di funzioni tra i componenti (alcuni «operativi» ed altri incaricati del controllo gestionale).

5 In caso di emissione di «obbligazioni convertibili» il creditore può scegliere tra la restituzione di quanto prestato alla società o l’acquisizione di un certo numero di azioni secondo un rapporto predeterminato con le obbligazioni sottoscritte
 

La Società in accomandita per azioni

La Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.) è un tipo societario usato rarissimamente nel nostro Paese, e fonde le caratteristiche:

• della S.a.s. (soci accomandatari amministratori e illimitatamente responsabili degli obblighi sociali) e
• della S.p.a. (le quote sono rappresentate da azioni, la disciplina per il funzionamento è analoga a quella della S.p.a.).

I soci accomandatari sono amministratori di diritto, e possono essere revocati dai soci (accomandatari e accomandanti riuniti insieme in assemblea) che siano titolari della maggioranza del capitale sociale.

Classificazione delle società secondo il grado di responsabilità dei soci

Società in cui ogni socio è personalmente responsabile

Società semplice e Società in nome collettivo

Società in cui solo alcuni soci sono personalmente responsabili

Società in accomandita semplice e Società in accomandita per azioni

Società in cui nessun socio è personalmente responsabile

Società a responsabilità limitata (*) e Società per azioni

(*) Comprese le S.r.l. unipersonali e semplificate.

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09/11/2015 - 14:16

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:16

5.2.3 - Le società cooperative


Le Società cooperative meritano un cenno a parte. A differenza delle società lucrative (di persone e di capitali) le cooperative si caratterizzano per il fatto di perseguire uno «scopo mutualistico»: quest’ultimo è diverso dallo scopo di lucro, in quanto non consiste nel conseguire un utile, ma un «beneficio» genericamente inteso.

La cooperativa si può definire infatti come l’unione di persone che svolgono un’attività economica a favore dei soci stessi, per ottenere beni, servizi o retribuzioni a condizioni più vantaggiose di quelle ottenibili sul mercato.

Nelle cooperative i soci, oltre ad essere produttori, sono anche consumatori di parte dei beni e servizi prodotti: scopo della società non è quindi quello di realizzare degli utili e distribuirli tra i soci, ma di vendere ai soci stessi beni e servizi a prezzi di favore, senza quel margine di profitto normalmente applicato dalle imprese commerciali nelle vendite a terzi.

Allo scopo mutualistico può aggiungersi, entro certi limiti, anche lo scopo di lucro, che rimane tuttavia puramente secondario. In pratica, infatti, i beni e i servizi prodotti non consumati dai soci vengono venduti anche ai non soci; i prezzi praticati, sia pure inferiori a quelli di una normale impresa commerciale, sono fissati di solito in modo da conseguire degli utili. Questi verranno distribuiti ai soci solo entro certi limiti, per non perdere le agevolazioni accordate dalla legge.

Non avendo per obiettivo il profitto (cioè la retribuzione del capitale), le cooperative non possono avere nel bilancio annuale un utile da ripartire tra i soci superiore ad una minima percentuale del capitale sociale.1

I soci devono essere almeno nove o – a determinate condizioni – almeno tre.2 Dopo la riforma del diritto societario, per tutte le obbligazioni sociali risponde la sola società cooperativa con il proprio patrimonio.3

La riforma del diritto societario del 2004 ha introdotto il principio della cosiddetta «mutualità prevalente»,4 la cui certificazione è di competenza del Ministero dello sviluppo economico mediante l’iscrizione in un apposito Albo che consente l’accesso alle agevolazioni previste dalla legge. L’adempimento rientra tra quelli effettuabili tramite la Comunicazione Unica.

Quanto alle forme della costituzione, all’amministrazione ed al controllo valgono di massima le norme sulle S.p.a. Tuttavia nell’atto costitutivo i soci possono prevedere la scelta della disciplina delle S.r.l., ma solo per le cooperative con meno di venti soci o con attivo patrimoniale non superiore ad un milione di euro. Le cooperative con almeno tre soci e meno di nove soci devono invece adottare le stesse norme della S.r.l.

I vari tipi di cooperative

Le cooperative possono essere di vario tipo a seconda dell’attività svolta e delle dimensioni. Ad esempio:
• cooperative di consumo: acquistano merci all’ingrosso dal produttore per venderle ai soci (o a terzi) a prezzi economici, consentendo di ottenere un risparmio mediante la riduzione dei costi;
• cooperative di produzione e lavoro: i lavoratori divengono imprenditori di se stessi. Svolgono un’attività di produzione di beni o servizi;
• cooperative agricole: sono molto diffuse ed operano sia nel campo della produzione che in quello della lavorazione e conservazione dei prodotti agricoli, nonché dell’allevamento del bestiame;
• cooperative edilizie: provvedono alla costruzione o all’acquisto di immobili, da affittare o da vendere ai soci;
• cooperative di credito: raccolgono capitali dai soci per procurare agli stessi (ed eventualmente a terzi) i finanziamenti necessari a condizione di favore;
• cooperative sociali (l. 381/91): operano nell’interesse della collettività attraverso la gestione di servizi socio sanitari ed educativi oppure lo svolgimento di qualsiasi tipo di attività, se finalizzato all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate; beneficiano di apposite agevolazioni.5

 

1Caratteristica peculiare delle cooperative è la variabilità del capitale in rapporto al variare del numero dei soci.
2 Fino al 2001 il codice civile prevedeva che per costituire una cooperativa ci volesse un minimo di 9 soci, mentre con un numero di soci da 3 a 8 si poteva costituire una piccola società cooperativa. Con la riforma del diritto societario del 2004 l’istituto giuridico della piccola cooperativa è stato abrogato, ma ad oggi è comunque sempre possibile – a determinate condizioni – costituire società cooperative con un numero di soci minimo di 3. Recita infatti l’art. 2522 c.c.: «Per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove. Può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata (...)».
3Inoltre non esiste più la distinzione tra cooperative a responsabilità limitata e cooperative a responsabilità illimitata: i soci della cooperativa assumono sempre, per le obbligazioni sociali, una responsabilità limitata al solo capitale sottoscritto.
4Consistente nella prevalenza, ad esempio:
• dell’attività svolta a favore dei soci;
• degli apporti di beni e servizi da parte dei soci;
• ecc.
5Le cooperative sociali sono riconosciute dal d.lgs. 460/97 quali ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale), soggetti, cioè, che si organizzano in forma imprenditoriale per il conseguimento di finalità sociali.

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09/11/2015 - 14:17

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:17

5.2.4 - Un particolare tipo di società di capitali: la Start up innovativa


È stato recentemente introdotto nell’ordinamento italiano1 un quadro organico di riferimento per favorire la nascita e lo sviluppo di imprese innovative. Secondo la definizione data dalla legge la Start up innovativa è una società di capitali (S.p.a., S.r.l., cooperativa) non quotata in mercati regolamentati, che possiede determinati requisiti:

• maggioranza del capitale detenuto da persone fisiche;
• sede principale in Italia;
• valore della produzione annua, a partire dal secondo anno, di non oltre 5 milioni di euro;
• assenza di distribuzione di utili;
• oggetto sociale dedicato in modo esclusivo o prevalente allo sviluppo, alla produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto contenuto tecnologico.

La Start up deve inoltre:
• sostenere spese di ricerca o sviluppo pari o superiore al 15% del maggior importo tra costo e valore della produzione, oppure
• impiegare per almeno un terzo del totale personale altamente qualificato, oppure
• essere titolare o licenziataria di privativa industriale relativa ad invenzioni industriali.

È stata istituita una sezione speciale del Registro Imprese nella quale le società di capitali devono iscriversi se vogliono acquisire lo status giuridico di Start up. Tale iscrizione ha carattere costitutivo, per cui le agevolazioni fiscali, alcune deroghe al diritto societario e la disciplina particolare nei rapporti di lavoro nell’impresa, previste dalla normativa sulle Start up, possono applicarsi solo completato tale adempimento.

Per informazioni più approfondite è bene consultare l’apposito sito predisposto dal sistema camerale: http://startup.registroimprese.it/


1 Con decreto legge 179/2012, convertito nella legge 221/2012.

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09/11/2015 - 14:18

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:18

5.2.5 - Altre forme sociali


Questa figura è stata introdotta già da diversi anni nel nostro ordinamento in conformità alla normativa comunitaria (Regolamento CEE n. 2137/85) ed è finalizzata a favorire la collaborazione di tre soggetti economici nell’ambito Ue: infatti questo tipo di società può essere costituito solo tra contraenti appartenenti ad almeno due Paesi comunitari con un massimo di venti membri.

La relativa disciplina (Contenuta nel decreto legislativo 23 luglio 1991 n. 240) prevede che il GEIE debba essere costituito per atto scritto e che l’atto costitutivo e le successive modificazioni siano soggetti, oltre che alla pubblicità nazionale (iscrizione nel Registro delle Imprese) anche alla pubblicità a livello comunitario.

La responsabilità dei soci GEIE è illimitata e l’amministrazione può spettare (diversamente da tutti gli altri casi) anche ad una persona giuridica, attraverso un suo rappresentante. Data la sua particolare natura questo tipo di società è assoggettato ad agevolazioni comunitarie.

Una disciplina apposita è prevista anche sotto il profilo fiscale sia per quanto riguarda le imposte dirette che le indirette: in particolare, ai fini delle imposte sui redditi, i redditi e le perdite del GEIE sono imputati direttamente a ciascun membro anziché al Gruppo.

Il consorzio

Il Consorzio è un contratto con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

La differenza sostanziale tra la società commerciale e il consorzio è che la prima è finalizzata all’esercizio di un’impresa, mentre il secondo è costituito da più imprese per condividere risorse o servizi o per meglio organizzare un’attività economica.

Il contratto di consorzio deve essere redatto per iscritto, indicando:
• l’oggetto e la durata;
• gli obblighi dei consorziati;
• le condizioni che regolano ammissione, esclusione e recesso dei soci;
• gli organi e le persone che hanno la rappresentanza e l’amministrazione;
• le modalità di scioglimento.

Quando l’attività consorziata ha un rilievo esterno (ad es. un consorzio per l’acquisto o per la vendita) il legale rappresentante deve iscrivere il consorzio nel Registro delle Imprese.

La società consortile

Invece che con un consorzio vero e proprio, l’attività svolta con finalità consortili può essere perseguita anche con una società commerciale: tipicamente la S.r.l. o la S.p.a., che assumono la denominazione:

• «Società consortile a responsabilità limitata», o
• «Società consortile per azioni».

In tali casi si applica la normativa del tipo sociale di riferimento (alla S.r.l. consortile cioè si applicano le norme della S.r.l. e non quelle del consorzio).

Il contratto di rete

Oltre al consorzio occorre accennare per affinità ad un nuovo strumento, introdotto nell’ordinamento giuridico nel 20091 e più volte modificato: il Contratto di rete, che la legge mette a disposizione degli imprenditori per creare aggregazioni d’impresa sinergiche, organizzate e durature, fruendo al contempo di incentivi ed agevolazioni fiscali.

Tale strumento, redatto in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, può limitarsi ad un profilo di accordo contrattuale tra soggetti del tutto autonomi, oppure assumere soggettività propria mediante costituzione di un fondo patrimoniale e di un organo comune destinato a rapportarsi con i terzi.

Nel primo caso il Contratto di rete deve essere depositato nel Registro Imprese di tutte le Camere di commercio nei cui territori hanno sede i soggetti partecipanti.

Nel secondo caso il Contratto acquisisce personalità giuridica autonoma di «Rete di imprese» e va iscritto nella sezione ordinaria del Registro Imprese della Camera di commercio in cui è stabilita la sua sede legale.


1Dalla legge 9 aprile 2009 n. 33.

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09/11/2015 - 14:19

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:19

5.2.6 - Società irregolari


Le società commerciali regolarmente costituite e registrate nel Registro delle Imprese della Camera di commercio si dicono regolari. Vi sono peraltro società che presentano anomalie nell’iter costitutivo e non risultano iscritte nel Registro delle Imprese: tali società si definiscono irregolari.

In tutti i casi di questo tipo, per la responsabilità dei soci verso i terzi si applicano le norme previste per la S.s. (ogni socio può essere chiamato a rispondere illimitatamente e solidalmente).

Un’altra conseguenza pratica è che – non essendo possibile l’iscrizione nel Registro delle Imprese – vi sono ricadute fortemente negative sulla possibilità di effettuare le normali procedure amministrative per l’esercizio dell’attività prescelta (es. invio SCIA, richiesta autorizzazioni ecc.).

Società di fatto

Tra le società irregolari, una forma ormai praticamente estinta è quella della Società di fatto (S.d.f.). Pur se non espressamente regolate dal codice civile attuale (lo erano col codice precedente del 1865), sono assimilate alle Società in nome collettivo irregolari (che cioè non hanno depositato l’atto costitutivo al Registro delle Imprese).

Fino a poco tempo fa, quando più persone avevano un interesse comune in un’attività imprenditoriale, potevano costituire una Società «di fatto», cioè senza un accordo scritto. In tal modo venivano meno le spese che la costituzione di una società regolare comporta (notaio, Registro delle Imprese, ecc.). Oggi la costituzione di una S.d.f. è teoricamente possibile (soprattutto per gli artigiani, visto che le norme vigenti in materia continuano a prevederla), ma di fatto impraticabile. Esiste infatti una precisa volontà politica di eliminare questa forma irregolare. Da molti anni ormai il Registro delle Imprese della Camera di commercio non accetta più alcuna nuova iscrizione di Società di fatto. Ne deriva che la S.d.f. non è in grado di ottenere e produrre ad altri una pubblica certificazione della propria esistenza, con conseguenze paralizzanti sotto il profilo dell’operatività.

Società occulte

Oltre alle S.d.f. esistono altre forme irregolari, che però non è il caso di approfondire in questa sede. Accenniamo brevemente alle società occulte, che si formano quando più persone convengono di gestire segretamente un affare in comune: l’attività sociale viene svolta da uno dei soci «in nome proprio» (iscrivendosi cioè al Registro Imprese come imprenditore individuale), mentre l’esistenza degli altri soci viene mantenuta segreta. In tal caso i soci occulti, se scoperti, risponderanno illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali e potranno perfino essere dichiarati falliti.

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29/10/2015 - 11:08

Aggiornato il: 29/10/2015 - 11:08

5.3 - La scelta delle forme sociali


Per scegliere la veste giuridica più adeguata alle nostre esigenze, dobbiamo infatti chiederci se:

  • L’attività che stiamo per avviare si configura come «impresa»;
  • Perseguiamo uno «scopo di lucro» (realizzare un profitto) o un «fine mutualistico» (ottenere altri vantaggi di carattere patrimoniale, come risparmi di spesa, salari più alti ecc.);
  • L’attività ha natura «commerciale» (ai sensi del codice civile), agricola o artigiana;
  • Vogliamo condurre l’attività in forma individuale (eventualmente con la collaborazione dei familiari) o collettiva (cioè tramite una società).

Quando avviare una società di persone

Di norma chi intende intraprendere in forma associata una piccola attività (per esempio un bar, un negozio, un’officina, ecc.) sceglie una forma giuridica che rientra nell’ambito delle società di persone, e cioè:

• la Società in nome collettivo: costituisce la soluzione normale quando tutti i soci partecipano all’impresa;
• la Società in accomandita semplice: consente di distinguere eventuali soci che non partecipano personalmente all’attività (sia ai fini della partecipazione alle decisioni gestionali, sia ai fini della responsabilità patrimoniale).

Spesso la Società in accomandita semplice viene scelta come alternativa all’Impresa familiare (soprattutto da quando è stata impedita a quest’ultima la ripartizione in parti uguali del reddito imponibile): ciò vale soprattutto nel caso che un parente (il genitore, il coniuge, ecc.) sia comproprietario dell’azienda e non partecipi all’attività.

La S.a.s. tuttavia non riguarda solo i rapporti con familiari, ma anche con estranei: in questo caso gli accomandanti sono generalmente i finanziatori dell’impresa (anzi all’origine la S.a.s. era nata proprio per questo scopo: il nobile, che per «decoro» non poteva lavorare, conferiva un capitale al mercante, che gestiva l’impresa. Il nome di questo istituto era «commenda»).

Se poi l’imprenditore vuole ottenere finanziamenti da un privato senza «portarselo in casa» può ricorrere al contratto di Associazione in partecipazione (vedi par. seguente).

La S.a.s. da alcuni anni a questa parte viene anche utilizzata per impiegare persone come «dipendenti di fatto», risparmiando i costi e gli oneri previdenziali previsti per i dipendenti a tutti gli effetti: a tal fine i soci in accomandita, anziché assumere regolarmente una persona la fanno entrare in società come socio «accomandante d’opera», che conferisce il proprio lavoro invece del capitale. Questa soluzione va utilizzata con estrema cautela, potendo debordare da un lato nel rapporto di lavoro subordinato e dall’altro in rapporto di fatto di Società in nome collettivo, in entrambi i casi con conseguenze molto sgradevoli.

Quando avviare una società di capitali

Quanto alle società di capitali, è evidente che si tratta di forme sociali riservate ad una limitata percentuale di imprese con dimensioni superiori alla media.1

Come sopra accennato, nel caso di imprese medio-grandi la scelta è ristretta:
• alle Società per azioni, che richiedono un impegno economico minore che in passato ma non ancora alla portata di tutti (dal 25.6.2014 devono avere un capitale sociale di almeno 50.000 euro, contro i 120.000 richiesti in precedenza), e
• alle Società in accomandita per azioni (poco diffuse nel nostro Paese).

Supponiamo che alla grande maggioranza dei nostri lettori non interessi aprire una S.p.a. o una S.a.p.a., per cui non ne faremo ulteriormente cenno in questa sede.

L’unica forma di società di capitali che si riscontri con relativa frequenza – soprattutto nel caso di imprese medio-piccole o medie – è la Società a responsabilità limitata.

L’utilità di ricorrere a questa forma sociale è legata sostanzialmente:
• alla limitazione di responsabilità (anche se in caso di contratti impegnativi qualunque operatore accorto richiede una serie di garanzie, personali e non, che finiscono per rendere meno significativa questa limitazione);
• alla maggior formalizzazione dei rapporti tra i soci e con i terzi, che consente una gestione adeguata nel momento in cui il capitale impegnato supera una certa soglia.

L’importo minimo richiesto per il capitale delle S.r.l., pari di norma a 10.000 euro, è relativamente basso e non costituisce certo un punto di riferimento per la soglia di cui parliamo, che comunque va individuata in concreto volta per volta con l’aiuto di un professionista di fiducia.

Due casi particolari sono costituiti:
• dalla S.r.l. unipersonale, che come sopra accennato consente anche ai singoli imprenditori – con aziende solitamente piccole o piccolissime – di avviare una società di capitali beneficiando della limitazione di responsabilità. Dal 1997, la possibilità di utilizzare la S.r.l. unipersonale è stata estesa anche agli artigiani; dal 2001 anche le S.r.l. pluripersonali sono iscrivibili, a certe condizioni, nell’Albo delle imprese artigiane;
• dalla S.r.l. semplificata, pensata per i neo-imprenditori senza limiti di età: per la costituzione occorre l’intervento del notaio ma vige l’esenzione dall’onorario notarile; le procedure sono ridotte ai minimi termini ed il capitale sociale è simbolico (1 euro). Si tratta comunque di una forma giuridica da considerare provvisoria nel caso in cui l’iniziativa imprenditoriale assuma dimensioni rilevanti.

Accade spesso, comunque, che in rapporto all’andamento dell’impresa e al mutare della normativa (specialmente quella fiscale) si abbiano trasformazioni da società di persone a società di capitali (soprattutto da S.n.c. a S.r.l.), e viceversa.


1Per le differenze tra imprese «micro», «piccole», «medie» e «grandi» secondo la classificazione statistica italiana v. capitolo 1; secondo la classificazione comunitaria, ai fini delle agevolazioni, vedi capitolo seguente.

Quando avviare una cooperativa

In generale, il ricorso alla forma cooperativa può essere utile soprattutto per accedere a determinate agevolazioni (v. in proposito cap. seguente).

Esistono tuttavia delle controindicazioni. Infatti alcune caratteristiche delle cooperative – l’elevato numero minimo di soci necessario per costituirle, ma anche le diverse limitazioni a cui sono sottoposte – le rendono poco compatibili con diverse attività di servizi (ad esempio un’agenzia pubblicitaria) e con le attività tradizionali di intermediazione (ad esempio il piccolo commercio al dettaglio): quindi è abbastanza improbabile che chi vuole esercitare queste attività opti per questa soluzione.

Piuttosto può accadere che una cooperativa già esistente per altri motivi aggiunga alla propria attività anche quella commerciale: ad esempio una cooperativa per la trasformazione dei prodotti agricoli (vino, olio, ecc.) può decidere di commerciare beni diversi da quelli derivanti dalla propria attività (dolci, formaggi, salumi, ecc.).

Questa forma societaria è, invece, particolarmente indicata per tutte le attività «non profit» o di particolare rilevanza sociale (es. assistenza anziani e soggetti svantaggiati in genere).

Con quale veste giuridica si può esercitare l’impresa artigiana?

L’impresa artigiana può essere esercitata sia da soli che in società. In quest’ultimo caso le forme giuridiche ammesse sono le seguenti:

• S.n.c.: questa forma sociale è la più usata per l’artigianato, e richiede che la maggioranza dei soci (o almeno uno nel caso di due soci) partecipi personalmente all’attività;
• S.a.s.: in tal caso è richiesta la partecipazione personale della maggioranza dei soci accomandatari;
• S.r.l.: in tal caso sono richiesti requisiti diversi per le S.r.l. unipersonali e per quelle ordinarie;1
• Cooperativa;
• Consorzio.

In ogni caso, l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.


1 Nelle S.r.l. unipersonali il socio unico deve partecipare personalmente all’attività; in quelle ordinarie la maggioranza dei soci deve partecipare personalmente all’attività (nel caso di due soci almeno uno), ma si richiede anche che i soci partecipanti detengano la maggioranza negli organi deliberativi ed amministrativi.

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09/11/2015 - 14:20

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:20

5.4 - Soggetti diversi dall'imprenditore


Vi sono dei casi in cui la partecipazione alla gestione o alla proprietà dell’azienda non fa assumere il ruolo di imprenditore.

La conoscenza di queste situazioni particolari serve soprattutto ad evitare guai al momento dello scioglimento del rapporto, quando le parti potrebbero scoprire di avere mal valutato la propria posizione o quella altrui. Vediamole.

Associazione in partecipazione

Col contratto di Associazione in partecipazione l’associante – che è l’imprenditore, sia questo individuale o collettivo – attribuisce all’associato una partecipazione agli utili (dell’impresa in generale o di uno o più affari); l’associato in cambio fornisce all’associante capitale o lavoro.

In questo rapporto l’associato non diventa socio dell’imprenditore: quest’ultimo conserva interamente la disponibilità dell’azienda e la responsabilità della gestione. Se il risultato dell’attività è negativo, l’associato partecipa alle perdite entro e non oltre i limiti del conferimento eseguito.

Negli ultimi vent’anni l’istituto dell’Associazione in partecipazione è stato a volte usato in forma non appropriata per ottenere prestazioni di lavoro senza stabilire un regolare rapporto d’impiego con il prestatore d’opera. Se il rapporto reale è quello di lavoro subordinato, il ricorso a questa soluzione può essere molto pericoloso sia per l’associante che per l’associato.

Impresa familiare

Come visto nel capitolo 1, nel caso dell’Impresa familiare (art. 230 bis c.c.) si ha un unico titolare individuale, che si avvale della collaborazione:

• del coniuge, e/o
• dei parenti entro il terzo grado e/o
• degli affini entro il secondo grado.

Caratteristiche di questa collaborazione devono essere:
• la continuità e la prevalenza rispetto ad eventuali altre attività;
• l’esercizio della collaborazione nell’ambito dell’impresa (il coniuge che collabora occupandosi prevalentemente dell’organizzazione domestica e familiare quindi non è un «collaboratore familiare» dell’impresa);
• l’assenza di un rapporto di lavoro subordinato.

Il familiare collaboratore ha diritto al mantenimento ed alla partecipazione agli utili in rapporto al lavoro prestato (al titolare deve comunque rimanere almeno il 51% dell’utile).1 Può inoltre partecipare alle decisioni sull’amministrazione straordinaria e sull’investimento degli utili.

È esclusa la partecipazione dei familiari alle perdite, così come la loro assoggettabilità al fallimento, rimanendo il titolare l’unico vero imprenditore nell’ambito della famiglia.

L’esistenza dell’impresa familiare si formalizza, ai fini fiscali, con apposito atto redatto da pubblico ufficiale.

Come funziona l’impresa familiare

Si ha un’impresa familiare quando il coniuge del titolare di un’impresa individuale, i parenti entro il terzo grado (fino ai nipoti) o gli affini entro il secondo grado (fino ai cognati) prestano in modo continuativo la loro attività di lavoro nell’azienda, salvo che esista un diverso rapporto contrattuale.

L’amministrazione ordinaria dell’impresa spetta al titolare, quella straordinaria (inerente agli indirizzi produttivi, alla cessazione, ecc.) spetta al titolare insieme con i familiari; le decisioni vengono prese a maggioranza.

Il trasferimento della partecipazione si può effettuare solo a favore di altri familiari e solo col consenso unanime degli altri.

In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda, i familiari hanno diritto di prelazione sull’azienda.

 

1Secondo la normativa vigente, i redditi dell’impresa familiare sono imputati per almeno il 51% al titolare e per il 49% ai familiari, proporzionalmente alla loro quota di partecipazione agli utili. La quota imputata al titolare è soggetta ad IRAP.

Azienda coniugale

Un caso particolare è quello dell’Azienda coniugale (artt. 177 e 178 c.c.), che riguarda i rapporti patrimoniali tra coniugi (di cui uno o entrambi imprenditori). Si parla di «azienda coniugale» in quanto, trattandosi di proprietà di beni, la disciplina si riferisce alla titolarità dell’azienda e non dell’impresa (quest’ultima di solito è un’impresa individuale).

Sotto l’aspetto fiscale l’azienda coniugale può essere equiparata ad un’impresa collettiva.

Se i rapporti patrimoniali dell’imprenditore con il coniuge sono assoggettati al regime di comunione di beni, al coniuge stesso spetterà sempre il 50% degli incrementi di valore dell’azienda.

Se inoltre l’azienda è gestita da entrambi i coniugi, si hanno i seguenti casi:
1) impresa avviata dopo il matrimonio: comproprietà al 50% dell’azienda e degli utili;
2) impresa avviata prima del matrimonio: comproprietà al 50% dei soli utili.

Su questa situazione patrimoniale si possono innestare strutture d’impresa diverse, in rapporto al livello di coinvolgimento dei coniugi nella gestione dell’impresa. Così potremo avere:

• una impresa individuale (magari strutturata come impresa familiare);
• una società regolare a tutti gli effetti (escluse forme irregolari ammesse fino a qualche anno fa, come

Comunione ereditaria

In caso di morte del titolare di un’impresa può accadere che gli eredi, soprattutto se l’evento si è verificato improvvisamente, non siano in grado di decidere immediatamente il nuovo assetto da dare alla gestione dell’attività.

Per consentire di fare le scelte necessarie con la dovuta calma, la legge permette che gli «eredi in comunione» (cioè tutti gli eredi comproprietari del bene indiviso) possano gestire l’attività per un anno, precisando la struttura giuridica adottata per l’impresa (ditta individuale o società) solo alla scadenza di questo periodo.1

In tal caso, tra gli eredi, quelli che gestiscono l’impresa diventano imprenditori a tutti gli effetti, con tutte le conseguenze connesse.


1Tuttavia la disciplina del Registro delle Imprese non consente l’iscrizione delle comunioni ereditarie, per cui è opportuno provvedere al più presto a scegliere la forma giuridica (individuale o societaria) per l’esercizio a regime dell’impresa.

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09/11/2015 - 14:20

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:20

5.5 - Trasformazione, fusione, scissione


Le società non sono obbligate a conservare sempre la stessa forma: possono anche trasformarsi, fondersi o scindersi.

Si ha trasformazione di una società quando questa assume una struttura sociale diversa da quella originaria (per esempio da S.n.c. a S.r.l.). La trasformazione viene deliberata da un’assemblea straordinaria dei soci, e la società trasformata conserva i diritti e gli obblighi preesistenti.

► Si ha fusione quando due o più società si riconducono ad un unico organismo sociale. Vi sono due tipi di fusione:

• fusione in senso stretto (una o più società si estinguono e danno vita ad un nuovo ente);
• incorporazione (una società incorporante ne assorbe un’altra assumendone gli obblighi e i diritti).

► Si ha scissione quando un unico organismo sociale viene spezzato in più società, o da un unico organismo ne nasce un secondo (scissione parziale).

Il diritto societario è una materia soggetta a mutamenti abbastanza continui e frequenti, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti fiscali (ma ultimamente anche per quelli civilistici). La trattazione minuta di tutti i dettagli è tutt’altro che semplice ed esula dagli scopi di questa pubblicazione. Per maggiori particolari sugli obblighi civilistici e fiscali dei vari tipi di società consigliamo pertanto di:

• consultare apposite pubblicazioni aggiornate anno per anno;
• consultare siti Internet specializzati;
• rivolgersi al proprio consulente di fiducia e, per gli aspetti inerenti ai procedimenti amministrativi, al Registro Imprese della Camera di commercio.

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09/11/2015 - 10:11

Aggiornato il: 09/11/2015 - 10:11

5.6 - Forme sociali non imprenditoriali


Vi sono quattro tipi di forme sociali non imprenditoriali:

Associazioni

Si ha una associazione1 quando due o più persone si uniscono in maniera più o meno duratura per il raggiungimento di un determinato scopo, non lucrativo2 e non mutualistico:3 ad es. etico, culturale, assistenziale, ricreativo, sociale, educativo, religioso, sportivo ecc.

Le associazioni svolgono la loro attività prevalentemente attraverso prestazioni lavorative o in denaro, volontarie o meno, degli aderenti (associati).

Le associazioni possono essere:

• riconosciute:4 in tal caso il patrimonio personale degli associati è separato da quello dell'ente e quindi chi risponde delle obbligazioni contratte dall’associazione (es. debiti) è sempre e soltanto il patrimonio dell'ente (e non quello degli associati); inoltre i creditori personali degli associati non possono rifarsi sul patrimonio dell'ente;
• non riconosciute: in tal caso il patrimonio personale degli associati non è separato da quello dell'ente, e delle obbligazioni contratte dall’associazione possono rispondere – oltre al patrimonio dell'ente – i soggetti che hanno agito in nome e per conto dell'associazione stessa (anche se non sono iscritti).

Per ottenere il riconoscimento l’associazione deve costituirsi con atto pubblico: deve cioè redigere un «atto costitutivo», tramite notaio o pubblico ufficiale, e un altro documento – lo «statuto» – che detta le regole generali per il funzionamento dell’associazione stessa e dei relativi organi.


1Le nozioni contenute in questo paragrafo e nei due successivi sono tratte liberamente da «L’utile senza gli utili – Guida alla creazione dell’impresa sociale», realizzata da Retecamere per la Camera di commercio di Roma.
2Ricordiamo che lo scopo di lucro è tipico delle società di persone e di capitali, escluse le cooperative.
3 Ricordiamo che lo scopo mutualistico è tipico delle società cooperative; è diverso dallo scopo di lucro in quanto non consiste nel conseguire un profitto, ma un «beneficio» genericamente inteso. Scopo della cooperativa non è quindi quello di realizzare degli utili e distribuirli tra i soci, ma di vendere ai soci stessi beni e servizi a prezzi di favore, senza quel margine di profitto normalmente applicato dalle imprese commerciali nelle vendite a terzi.
4Per ottenere il riconoscimento l’associazione deve iscriversi nel Registro delle persone giuridiche private, istituito e tenuto presso l’Ufficio Territoriale del Governo (ex Prefettura). Con il riconoscimento l’associazione acquisisce infatti la cosiddetta “personalità giuridica”, diviene cioè (in estrema sintesi e senza approfondire l’argomento, che di per sé è piuttosto complesso) un soggetto giuridico pienamente distinto dalle persone che lo compongono. Sono persone giuridiche pubbliche lo Stato e gli altri Enti pubblici; sono persone giuridiche private le associazioni e le fondazioni riconosciute, nonché le società di capitali, le cooperative e i consorzi.

Fondazioni

Si ha una fondazione normalmente1 quando un fondatore mette a disposizione un patrimonio per determinati scopi diversi da quello di lucro (culturali, educativi, religiosi, sociali, scientifici o comunque di utilità pubblica). La fondazione forse più nota al mondo è quella realizzata dal chimico svedese Alfred Nobel, l'inventore della dinamite, la quale insignisce ogni anno del premio omonimo personaggi che si sono distinti nel campo delle arti, delle scienze e per il bene dell'umanità.

Anche la fondazione per ottenere il riconoscimento deve costituirsi con atto pubblico (in questo caso si chiama «atto di fondazione»)2 e redigere uno statuto.


1La fondazione può essere realizzata anche da più persone fisiche o giuridiche.
2L’atto di fondazione può essere – oltre che un atto pubblico tra vivi – anche un testamento.

Comitati

Si ha un comitato quando più persone perseguono uno scopo altruistico o di pubblica utilità, e – non disponendo di mezzi patrimoniali adeguati – promuovono una pubblica sottoscrizione per raccogliere i fondi necessari a tal fine. Ne sono esempi i comitati di soccorso o di beneficenza, nonché i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti ecc.

L'atto costitutivo, in questo caso, non richiede formalità particolari (può essere redatto anche tramite scrittura privata) ma deve comunque specificare lo scopo per il quale il comitato è stato costituito.

Delle obbligazioni assunte dal comitato verso i terzi rispondono tutti i componenti del comitato stesso in modo illimitato e solidale.

Società di mutuo soccorso

Le Società di mutuo soccorso sono enti associativi tra soggetti che, nel libero esercizio dell’autonomia privata, intendono dar vita a:

• forme di previdenza ed assistenza volontaria (in caso di malattia, invalidità lavorativa, vecchiaia, ecc.);
• attività culturali (in via accessoria).

La legge istitutiva, che risale al 1886, è stata recentemente modificata1 prevedendo l’obbligo di iscrizione in una sezione speciale del Registro Imprese e in una analoga sezione dell’Albo Cooperative tenuto dal Ministero dello sviluppo economico.

La costituzione avviene per atto pubblico notarile e l’iscrizione nel Registro Imprese conferisce alle Società di mutuo soccorso la personalità giuridica privata.


1 Con il decreto legge 179/2012, convertito nella legge 221/2012.

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09/11/2015 - 14:21

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:21

5.7 - Il terzo settore e gli enti "non profit"


Da diversi anni in tutta Europa, Italia compresa, si registra una forte espansione del cosiddetto «Terzo Settore».

Con questo termine si intendono tutte quelle organizzazioni che nel sistema economico si collocano tra lo Stato e il mercato, ma non sono pienamente riconducibili ne all’uno ne all’altro: sono cioè soggetti di natura privata, ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva.

All’interno del Terzo settore esistono da tempo diverse tipologie di organismi, tra cui ad esempio:

• APS – Associazioni di promozione sociale;1
• ONLUS – Organizzazioni non lucrative di utilità sociale;2
• Cooperative sociali;
• Imprese sociali.

Indipendentemente dalla denominazione e dalla forma giuridica adottata, tutte queste organizzazioni sono caratterizzate dall’assenza di scopo di lucro e dall’erogazione di servizi di pubblica utilità, anche attraverso attività di volontariato.


1Di cui alla legge n. 383 del 7 dicembre 2000.
2Di cui al decreto legislativo n. 460 del 4 dicembre 1997.

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09/11/2015 - 14:22

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:22

5.8 - L'impresa sociale


L’impresa sociale, pur rientrando a pieno titolo in questo contesto, rappresenta qualcosa di nuovo. Essa unisce, infatti, due mondi finora separati:

• quello dell’attività d’impresa;
• quello della produzione di beni e servizi di utilità sociale.

Quest’ultimo settore, tradizionalmente affidato ad enti pubblici, è sempre meno efficiente, di scarso livello qualitativo ed è oggetto di una spesa sociale divenuta oramai insostenibile. Da qui l’idea di rendere produttivo ciò che per sua natura non lo è, attraverso organizzazioni private in grado di offrire beni e servizi di utilità sociale, senza perseguire il profitto ma mantenendo l’azienda in equilibrio economico e finanziario.

Il fatto che un’organizzazione privata sia senza scopo di lucro ed abbia finalità sociali non vuol dire che possa vivere esclusivamente di sussidi: l’impresa sociale va infatti considerata come un’impresa a tutti gli effetti, anche se con caratteristiche particolari.

In questo senso le imprese sociali vengono da alcuni definite come un ibrido tra imprese «for profit» ed enti «non-profit», cioè come organizzazioni private che agiscono per finalità diverse da quelle del profitto («not for profit»).

► L’impresa sociale presenta diverse caratteristiche innovative:1

• la democraticità della gestione (ossia il coinvolgimento di tutti gli stakeholder o portatori d’interesse, sia interni (soci, collaboratori, volontari) che esterni all’organizzazione (utenti finali, committenti, finanziatori o donatori) nella gestione dell’impresa;
• la partecipazione degli utenti finali alla valutazione dei risultati (in tal modo i fruitori dei servizi divengono protagonisti attivi del proprio percorso di emancipazione);
• la rendicontazione sociale, effettuata soprattutto attraverso la redazione e pubblicazione del bilancio sociale (documento che, al di là dei meri aspetti contabili, permette a chiunque di verificare il raggiungimento dei risultati).

Un’altra novità interessante è rappresentata dall’iscrizione dell’organismo qualificato come «impresa sociale» nel Registro delle Imprese, il che implica trasparenza, garanzia ed affidabilità delle informazioni per il mondo economico e degli affari.


1  Precisate nel d.lgs. n. 155/2006 (Legge sull’impresa sociale) e nei rispettivi decreti attuativi.

Definizione di impresa sociale

L’impresa sociale è un particolare tipo di impresa dalle caratteristiche ben definite. Secondo la legge1 si tratta di un’organizzazione:
• privata;
• senza scopo di lucro;
• che esercita una attività economica (produzione o scambio di beni e di servizi) di utilità sociale;
• con finalità di interesse generale.

L’impresa sociale non è una nuova forma giuridica, ma una qualifica2 che viene attribuita – a determinate condizioni – a forme giuridiche già esistenti, e cioè:
• ad organizzazioni di carattere non imprenditoriale: associazioni, fondazioni, comitati;
• ad organizzazioni di carattere imprenditoriale: società (di persone, di capitali, cooperative) e consorzi.

Di conseguenza qualsiasi organizzazione, in possesso dei requisiti, che voglia assumere la qualifica di impresa sociale deve prima costituirsi attraverso una delle forme giuridiche sopra citate.


1Legge 13 giugno 2005, n. 118.
2 Possono acquisire, a determinate condizioni, la qualifica di impresa sociale:
a) gli enti di cui al Libro I del codice civile (enti senza fini di lucro e destinati al perseguimento di finalità etico-sociali: le associazioni riconosciute e non, le fondazioni, i comitati);
b) gli enti di cui al Libro V del codice civile, finalizzati alla produzione di beni e di servizi in funzione meramente lucrativa o di mutualità interna: le società (di persone, di capitali e cooperative) e i consorzi. Si ricorda in proposito che la mutualità si distingue in «interna», rivolta esclusivamente ai soci, ed «esterna», rivolta a terzi (es. territorio, comunità locali, cittadini). In particolare la mutualità interna viene definita come fornire beni, servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri della organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato.

Requisiti dell'impresa sociale

Per essere definita tale,1 l’impresa sociale deve essere di carattere privato e non deve avere scopo di lucro. Ciò significa che:
• non può essere diretta o controllata da imprese private con finalità lucrative e da amministrazioni pubbliche;2
• ha l’obbligo di reinvestire gli utili o gli avanzi di gestione nello svolgimento dell’attività istituzionale o ad incremento del patrimonio;
• ha il divieto di ridistribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione comunque denominati, nonché fondi, riserve o capitali, ad amministratori e a soci, partecipanti (persone fisiche o giuridiche), collaboratori o dipendenti, al fine di garantire in ogni caso il carattere non speculativo della partecipazione all’attività dell’impresa.

L’impresa sociale deve inoltre:
• ottenere oltre il 70% dei ricavi dalla sua attività principale;
• avere come oggetto dell’attività principale l’erogazione di beni e/o servizi di utilità sociale, cioè quelli prodotti o scambiati in determinati ambiti di attività di particolare rilievo etico-sociale per la collettività.

Ad esempio, l’oggetto sociale può riguardare l’assistenza sociale, l’assistenza sanitaria, l’educazione, la tutela dell’ambiente, la valorizzazione del patrimonio culturale ecc.

Indipendentemente dai settori di attività ammessi, possono acquisire il titolo di impresa sociale tutte le organizzazioni che esercitano attività d’impresa in forma associata – quindi tutte le società commerciali comunemente intese – al fine dell’inserimento lavorativo di soggetti che siano:

• lavoratori svantaggiati,
• lavoratori disabili,
a patto che tali soggetti rappresentino almeno il 30% del personale.


1 Ai sensi della legge n. 118/2005 e del d.lgs. n. 155/2006.
2Di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Adempimenti per l'iscrizione dell'impresa sociale

In questo paragrafo accenneremo brevemente agli adempimenti relativi all’iscrizione di tutte le organizzazioni che, indipendentemente dalla forma giuridica adottata, intendano qualificarsi come imprese sociali.

In primo luogo, l’organizzazione che esercita un’impresa sociale deve essere costituita generalmente con atto pubblico, redatto cioè da un notaio.

Oltre a quanto specificamente previsto per ciascuna forma giuridica, gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere sociale dell’impresa, indicando in particolare:
• l’oggetto sociale, con riferimento ai settori ammessi dalla normativa, di particolare rilevanza etico-sociale;
• l’assenza di scopo di lucro.

Oltre all’atto costitutivo occorre redigere lo statuto, cioè il documento che detta le regole generali per il funzionamento dell’impresa sociale e dei relativi organi.

Negli atti ufficiali, particolare attenzione deve essere posta sulla denominazione, che deve contenere obbligatoriamente la dicitura «impresa sociale».

Entro trenta giorni dalla costituzione, l’atto costitutivo, le sue eventuali modificazioni e gli altri fatti e documenti relativi all’organizzazione devono essere depositati a cura del notaio o degli amministratori presso l’Ufficio del Registro Imprese della Camera di commercio nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale, per l’iscrizione nell’apposita sezione.

La domanda di iscrizione deve essere presentata attraverso il canale telematico della Comunicazione Unica.

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09/11/2015 - 14:23

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:23