Trasferimento sede legale in altro stato dell'Unione Europea o extra europeo


IL DIRITTO DI STABILIMENTO NEL DIRITTO COMUNITARIO: IL TRASFERIMENTO DELLA SEDE LEGALE IN ALTRO STATO DELL'UNIONE EUROPEA

Il combinato disposto degli articoli 43(1) e 48(2) del Trattato istitutivo della Comunità Europea(3) tutela la libertà di stabilimento, non solo a favore delle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno degli Stati membri(4), ma, in presenza di determinati requisiti, anche a favore delle persone giuridiche. Il Trattato, quindi, riconosce alle società la possibilità di trasferire la sede sociale(5) in uno Stato differente da quello di origine, al fine di esercitarvi un’attività economica(6) avente carattere di continuità e stabilità.

Le società, per usufruire della libertà di stabilimento, devono avere entrambi i seguenti requisiti:

  1. essere state “costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro(7)

  2. avere “la sede sociale, l’amministrazione centrale(8) o il centro dell’attività principale all’interno della Comunità”(9) .

La libertà di stabilimento delle persone giuridiche può essere esercitata secondo due diverse modalità:

  • trasferendo la sede sociale in uno Stato differente da quello di origine (libertà di stabilimento “primario”);

  • aprendo in uno Stato differente da quello di origine agenzie, succursali e filiali ovvero qualsiasi altra struttura preposta all’esercizio organizzato e non occasionale dell’attività economica (libertà di stabilimento “secondario”).

Il trasferimento della sede legale di una società italiana in altro paese europeo è espressione del diritto di stabilimento primario.
 

La legge regolatrice delle società

La normativa comunitaria quindi riconosce alle società il diritto di stabilimento e individua  quelle che possono beneficiarne, ma non risolve completamente  la questione riguardante i trasferimenti di sede in altro Stato perché non individua l’ordinamento giuridico che dovrebbe disciplinare la legge regolatrice(10) delle società che si trasferiscono, né fornisce agli Stati membri gli elementi utili per individuarla, se quella del paese di origine o quella del paese ospitante, ma demanda la questione alle diverse legislazioni statali. 
 

Il mutuo riconoscimento delle società

L’esercizio del diritto di stabilimento delle società commerciali è strettamente connesso, non solo all’individuazione della legge regolatrice delle società che si trasferiscono, ma anche al c.d. reciproco o mutuo riconoscimento, in quanto, affinché una società regolarmente costituita nello stato di origine, possa liberamente esercitare il diritto di stabilimento, è necessario che sia riconosciuta anche dalle autorità dello Stato di destinazione.  In assenza di tale riconoscimento, la società migrante non potrebbe godere nello stato ospite della personalità giuridica.

Al fine di garantire tale reciproco riconoscimento il Trattato CE, all’articolo 293(11), ha previsto che gli stati membri avviino tra loro negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini, il reciproco riconoscimento delle società e quindi il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese ad un altro. Tale previsione però non si è mai concretizzata in quanto non è mai entrata in vigore la Convezione di Bruxelles(12) del 29 febbraio 1968 che disciplinava il reciproco riconoscimento delle società.

 

Teoria dell’incorporazione e teoria della sede effettiva

L’inesistenza di una normativa comunitaria diretta a individuare uniformemente la legge applicabile alle società che si trasferiscono e la mancata entrata in vigore di accordi tra stati sul mutuo riconoscimento, ha indotto gli Stati membri a disciplinare autonomamente il funzionamento delle società, a seguito del trasferimento della sede legale, emanando proprie norme di diritto internazionale privato.

Le norme di diritto internazionale privato hanno la funzione di determinare la legge da applicare ad una determinata fattispecie concreta sulla base di un criterio da esse indicato, comunemente chiamato “criterio di collegamento”(13): queste norme individuano, in sostanza, se in ordine ad una specifica fattispecie, nel caso specifico, il trasferimento della sede legale di una società in altro stato, è competente il diritto straniero o il diritto interno. Le varie legislazioni statali però non prevedono criteri di collegamento che determinino in modo uniforme quale debba essere la legge regolatrice delle società. Alcuni Stati membri, come Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Finlandia, Svezia e Italia(14) hanno, infatti, adottato il criterio della c.d. "incorporazione" e altri, come Francia, Austria, Belgio, Lussemburgo, Germania, Grecia quello della sede effettiva.

Ne discende che nel diritto internazionale privato comparato(15) si contendono il campo due teorie:

  • LA TEORIA DELL’INCORPORAZIONE
    secondo la quale, alla società che trasferisce la propria sede in altro stato, si applica la legge dello Stato ove è stata costituita la società.

Lo stato membro applica come criterio di collegamento “il luogo in cui è stato perfezionato il procedimento di costituzione”.
L’adozione di siffatto criterio non comporta, in capo alla società che si trasferisce in altro Stato membro, la perdita automatica della qualità di “soggetto giuridico” e della personalità giuridica, perché lo Stato di destinazione riconosce il soggetto estero validamente costituito ai sensi della legislazione dello Stato di provenienza. La società che si trasferisce è quindi accolta nell’ordinamento dello Stato di destinazione continuando a vivere e a funzionare secondo le regole del luogo in cui si è perfezionato il procedimento costitutivo essendogli riconosciuto, in sostanza, il suo statuto personale, la sua struttura e la sua organizzazione, senza che ciò comporti quindi la perdita automatica della nazionalità di provenienza. La società che trasferisce la sede legale può tuttavia manifestare anche la volontà di acquisire, conseguentemente al trasferimento, la nazionalità dello Stato di destinazione, abbandonando così la nazionalità di provenienza.

  • LA TEORIA DELLA SEDE EFFETTIVA
    secondo la quale, alla società che trasferisce la propria sede in altro stato, si applica la legge dello Stato ove è situata l’effettiva direzione economica della società.

Lo stato membro applica in questo caso il criterio di collegamento della “sede effettiva”.
Gli Stati che seguono tale criterio non considerano la società validamente costituita nello Stato di provenienza e non la riconoscono come soggetto giuridico, pertanto, il trasferimento comporta l’estinzione della società, con conseguente perdita della nazionalità dello stato di provenienza, e una nuova costituzione della società nel paese di destinazione.
In particolare, lo stato di destinazione assoggetta al proprio controllo giuridico la società con mutamento della legislazione applicabile e della nazionalità.
Ciò premesso, si può affermare, quindi, che la teoria dell’incorporazione è sicuramente più favorevole alla possibilità delle società di spostarsi in ambito comunitario mentre la teoria della sede effettiva ostacola, di fatto,  la libertà di stabilimento.
 

Giurisprudenza comunitaria

La Corte di Giustizia della Comunità europea(16) ha tentato di portare chiarezza alla questione del diritto di stabilimento, volendo risolvere il conflitto tra la teoria della sede effettiva e dell’incorporazione. Essa è intervenuta con le sentenze Centros, Uberseering ed Inspire Art(17), orientandosi sui seguenti principi:

  • LIBERTA’ DI STABILIMENTO DI TUTTE LE SOCIETA’ COMUNITARIE ovvero efficacia diretta del diritto di stabilimento negli ordinamenti degli Stati membri. Ciascuno Stato membro non può ostacolare o scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato, le eventuali limitazioni devono essere giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica così come previsto dall’articolo 46 del Trattato(18).

  • POSSIBILITA’ DELLE SOCIETA’ COMUNITARIE DI MANTENERE LA SOGGEZIONE UNICAMENTE AL PROPRIO ORDINAMENTO GIURIDICO DI COSTITUZIONE E DI OPERARE IN UN ALTRO PAESE UE senza la necessità di adeguare il proprio statuto a quello del Paese di destinazione.

La Corte aderendo, quindi, alla teoria dell’incorporazione, perché ritenuta più adeguata alle esigenze della libera circolazione delle imprese nel mercato europeo, si orienta verso il principio della continuità giuridica della società che trasferisce la propria sede legale all’estero, con permanenza di personalità giuridica e organizzazione in base alla legge di costituzione originaria.

Tale orientamento giurisprudenziale maggioritario non è stato però stabile nel corso degli anni, perché tramite altre pronunce anteriori(19) e successive(20) a quelle su enunciate, la Corte si è orientata verso altri principi più vicini alla c.d. teoria della sede effettiva.

Ne discende un andamento alquanto discontinuo della Corte, indice di un’evoluzione in corso.

 

Conclusioni

In conclusione si può affermare che il diritto comunitario, nonostante riconosca alle società il diritto di stabilimento come libertà di trasferire liberamente la propria sede sociale all’interno della comunità europea, non individua l’ordinamento giuridico cui spetta disciplinare lo statuto delle società che si trasferiscono, se quello del paese di partenza o quello di destinazione.

Tale mancanza e la mancata entrata in vigore di accordi tra stati sul mutuo riconoscimento, come si è già evidenziato, ha indotto gli Stati membri a disciplinare il funzionamento delle società, a seguito del trasferimento della sede legale, emanando proprie norme di diritto internazionale privato aderenti a criteri diversi tra loro.

Ne discende che l’applicazione in concreto del diritto di stabilimento è notevolmente condizionata dalle varie legislazioni degli Stati membri.

 

                       IL DIRITTO DI STABILIMENTO NEL DIRITTO COMUNITARIO

Tabella che riassume quanto indicato nelle righe precedenti


 
IL DIRITTO DI STABILIMENTO AL DI FUORI DELL'UNIONE EUROPEA: IL TRASFERIMENTO DELLA SEDE LEGALE IN UNO STATO NON APPARTENENTE ALL'UNIONE EUROPEA

Il diritto di stabilimento non è riconosciuto alle società al di fuori dell'Unione europea e precisamente a quelle società che non sono costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e che non hanno la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell'Unione.

Ne discende che il trasferimento di sede legale di una società italiana in un paese extraeuropeo, come ad esempio Stati Uniti, Brasile ecc., non è efficace se il paese extraeuropeo di destinazione adotta la c.d. "teoria della sede effettiva" mentre è efficace se adotta la teoria c.d. "dell’incorporazione(21)".

In ambito extraeuropeo, quindi, come d’altronde in ambito europeo, il trasferimento è condizionato dalle leggi degli stati che secondo i criteri adottati ammettono o no il trasferimento. L’unica differenza sostanziale è che in ambito europeo è vigente il diritto di stabilimento e quindi il divieto di restrizioni alla libera circolazione delle società comunitarie, mentre in ambito extracomunitario non è prevista tale garanzia.


LA DISCIPLINA ITALIANA DEL TRASFERIMENTO DELLA SEDE LEGALE IN PAESE ESTERO EUROPEO O EXTRAEUROPEO: IL CODICE CIVILE E LA RIFORMA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

Codice civile

Il codice civile non contiene alcuna norma espressa sul trasferimento di sede all’estero, neanche l’articolo 2509 c.c.(22) , ormai abrogato, lo prevedeva, nonostante ciò la sua ammissibilità è sempre stata indirettamente riconosciuta sulla base dei seguenti articoli:

  • articolo 2369, nel quale si rafforza il quorum necessario a più di un terzo del capitale sociale, anche in seconda convocazione, per le deliberazioni concernenti il trasferimento della sede sociale all’estero;

  • articolo 2437, nel quale si statuisce il diritto di recesso del socio nel caso di trasferimento della sede in altro Stato.


La Legge di Riforma del 31 maggio 1995, n. 218 (norme di diritto internazionale privato)

La Legge di Riforma del 31 maggio 1995, n. 218 è intervenuta riconoscendo espressamente la possibilità, alle società aventi la sede in Italia, di trasferire la sede legale all’estero, sia verso un paese dell’Unione europea sia verso un paese extra europeo statuendo al comma 3 dell’articolo 25  che:

“I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati”.

Lo stato italiano, aderendo alla teoria dell’incorporazione(23), riconosce il diritto di trasferimento senza  imporre, in via preliminare, alle società che trasferiscono la sede legale all’estero, lo scioglimento e la liquidazione delle stesse. Alla luce del diritto italiano, quindi, è possibile che una società, costituita in Italia, ed avente la sede legale in Italia, successivamente stabilisca quest’ultima all’estero, senza che questo comporti l’estinzione della stessa.

Il trasferimento di sede legale all’estero, tuttavia, nonostante sia riconosciuto dall’ordinamento giuridico italiano, presenta notevoli problemi giuridici perché tale operazione straordinaria non è caratterizzata, in alcune situazioni, dalla continuità giuridica della società che trasferisce la sede legale all’estero. Ai sensi dell’articolo 25, comma 3, della Legge n. 218/95, infatti, il trasferimento della sede all’estero ha efficacia, come continuità del soggetto giuridico, solo quando sia posto in essere conformemente alle leggi degli stati interessati, ossia lo Stato dove viene trasferita la sede (stato di destinazione) e quello da dove viene trasferita (stato di provenienza), e questi concordino sugli effetti da attribuire alla vita della società a seguito del trasferimento; con l’ovvia conseguenza che la continuità giuridica è esclusa ogni qual volta esista un conflitto tra le leggi nazionali dei paesi interessati perché attribuiscono al trasferimento effetti diversi.

Se quindi la società italiana decide di trasferirsi in paese estero e questo adotta i medesimi principi dello stato italiano, il trasferimento sarà pienamente efficace; mentre viceversa se il paese estero adotta principi diversi, il trasferimento di sede mancherà di efficacia.

In sintesi, quindi, il trasferimento di sede legale all’estero di una società italiana avrà piena efficacia se:

  1. lo stato estero adotta la teoria dell’incorporazione, in questo caso entrambi gli ordinamenti, sia quello italiano sia quello del paese di destinazione, riconoscono il trasferimento ossia la continuità giuridica della società che si trasferisce, senza la necessità che la società che si trasferisce debba procedere allo scioglimento, liquidazione e cancellazione nel paese di origine e alla costituzione ex novo nel paese di destinazione.
    In questo caso, il trasferimento di sede legale all’estero si configurerà semplicemente come una modificazione statutaria.

Viceversa, invece, il trasferimento di sede legale all’estero di una società italiana non avrà piena efficacia se:

  1. lo stato estero adotta la teoria della sede effettiva e quindi non riconosce la società come entità giuridica preesistente in altro stato, imponendo così lo scioglimento, la liquidazione e la cancellazione(24) nel paese di origine e la costituzione ex novo nel paese di destinazione.

L’ipotesi a) si dovrebbe verificare nel caso del trasferimento di sede all’interno dell'Unione europea, in quanto, nell’ambito della stessa vige il principio del diritto di stabilimento che vuole che, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia, lo Stato di origine debba garantire alle società il diritto di stabilimento, senza imporre (salvo che ricorrano ragioni imperative di interesse pubblico), in via preliminare, lo scioglimento e la liquidazione della società che intende trasferirsi in altro stato per acquisire una nuova nazionalità, in quanto un comportamento del genere darebbe luogo ad una restrizione della libertà di stabilimento vietata dall’articolo 43 della Trattato CE.

Ragione per cui “si può affermare che, nel caso di trasferimento di sede in ambito UE, non si verifica una fase di scioglimento e/o liquidazione della società, ma la società che trasferisce la propria sede realizza una modificazione del proprio assetto e della propria struttura che continua ad esistere nello stato di costituzione, se esprime la volontà di essere disciplinata dall’ordinamento originario(25) ”.

Purtroppo tale orientamento non è pacificamente condiviso in quanto gli stati aderenti alla teoria della sede effettiva impongono alle società, che decidono di trasferire la propria sede all’estero, la preventiva liquidazione.
 

RIFORMA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

Tabella che riassume quanto indicato nelle righe precedenti

 

Note
 

(1)Trattato 25 marzo 1957, articolo 43, comma 1:“Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro”.

(2)Trattato 25 marzo 1957, articolo 48:“Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.
Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro”.

(3)Trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957.

(4)L’Unione Europea conta, a partire dal 1° luglio 2013, 28 Stati membri. Essi sono: Austria (1 gennaio 1995) , Belgio (23 luglio 1952), Bulgaria (1° gennaio 2007), Cipro (1° maggio 2004), Croazia (1° luglio 2013), Danimarca (1° gennaio 1973), Estonia (1° maggio 2004), Finlandia (1° gennaio 1995), Francia (23 luglio 1952), Germania (23 luglio 1952), Grecia (1° gennaio 1981), Irlanda (1° gennaio 1973), Italia (23 luglio 1952), Lettonia (1° maggio 2004), Lituania (1° maggio 2004), Lussemburgo (23 luglio 1952), Malta (1° maggio 2004), Pese Bassi (23 luglio 1952), Polonia (1° maggio 2004), Portogallo (1° gennaio 1986), Regno Unito (1° gennaio 1973), Repubblica Ceca (1° maggio 2004), Romania (1° gennaio 2007), Slovacchia (1° maggio 2004), Slovenia (1° maggio 2004), Spagna (1° gennaio 1986), Svezia (1° gennaio 1995).

(5)La sede sociale o legale è il luogo dove si svolge l’attività direzionale, di gestione e rappresentanza della società. La sede sociale o legale deve essere indicata nell’atto costitutivo di tutte le società commerciali.

(6)L’articolo 45 del Trattato CE stabilisce che “sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente all’esercizio dei pubblici poteri”.

(7)Vedi l’articolo 48  del Trattato 25 marzo 1957 alla nota 2.

(8)Alla sede legale può aggiungersi la sede effettiva o amministrativa, situata in un luogo diverso. La giurisprudenza costante afferma che sede legale e sede effettiva si presumono coincidenti quando non risultino in contrario elementi sicuri e concreti. Perciò si ritiene esistente una sede  effettiva o amministrativa solamente quando la società svolge in concreto l’attività direttiva ed amministrativa (dove vengono convocate le assemblee, dove risiedono gli organi amministrativi e direttivi) in un luogo diverso dalla sede legale, cioè il luogo scelto e stabilmente utilizzato per l’accertamento degli organi e degli uffici societari. In questo caso, poiché le attività normalmente svolte nella sede legale avvengono in realtà in quella effettiva, si parla di sede legale fittizia. Diversamente dalla sede legale, la sede effettiva non è indicata nell’atto costitutivo né è oggetto di altre forme di pubblicità legale.

(9)Vedi l’articolo. 48  del Trattato 25 marzo 1957 alla nota 2.

(10)Ossia lo statuto personale dell’ente.

(11)L’articolo 293 del Trattato CE stabilisce che: “Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini: …omissis…il reciproco riconoscimento delle società a mente dell’art. 48, comma secondo, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese a un altro...”.

(12)La Convenzione di Bruxelles non è mai entrata in vigore a causa della mancata ratifica da parte dei Paesi Bassi. La Convenzione accoglieva in linea di principio la teoria dell’incorporazione, ma conteneva altresì una clausola di riserva che consentiva a ciascuno Stato di applicare le proprie norme alle società di altri Stati membri con sede sul suo territorio. Per tale motivo i Paesi Bassi, che applicano in maniera pura e senza correttivi il criterio dell’incorporazione, non hanno ritenuto di ratificare la Convenzione.

(13)I principali criteri di collegamento per le persone giuridiche sono: il luogo di costituzione, la sede legale, la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale.

(14)L’Italia, ai sensi dell’articolo 25, 1° comma della L. n. 218/95, ha aderito alla c.d. teoria dell’incorporazione, ma tale criterio è temperato alla presenza di alcuni requisiti come la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale dall’applicazione della teoria della sede effettiva ai sensi dell’articolo  25, comma 1 ultima parte della L. n. 218/95. Si può quindi affermare che l’Italia ha adottato un sistema misto.

(15)Parte della scienza giuridica che mette a confronto critico e ragionato i diversi sistemi giuridici.

(16)La Corte di giustizia delle Comunità europee (spesso indicata semplicemente come “la Corte”) è stata istituita nel 1952 dal trattato CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) e ha sede a Lussemburgo. La sua funzione è garantire che la legislazione dell’UE sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione e che la legge sia quindi uguale per tutti. Essa garantisce, per esempio, che i tribunali nazionali non emettano sentenze differenti in merito alle medesime questioni. Anche se le sue pronunce non sono vincolanti al di là del caso concreto, ciò non toglie che la loro rilevanza  e autorevolezza non influisca le pronunce dei tribunali degli stati europei.

(17)Corte di Giustizia CE, 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros c Ehrvers-org Selkskabsstyrelsen; Corte di Giustizia CE 5 novembre 2002, causa C-208/00 Uberseering c Nordic Construction Company Baumgarten; Corte di Giustizia CE, 30 settembre 2003, causa C-167/01, Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam c Inspire Art.

(18)Trattato 25 marzo 1957, articolo 46, primo comma:“Le prescrizioni del presente capo e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l’applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica”.

(19)Corte di Giustizia CE, 27 settembre 1988, causa C-81/87, Daily Mail.

(20)Corte di Giustizia CE, 210/2006.

(21)Lo stato del Delaware – U.S.A. adotta, come lo stato italiano, il criterio della “incorporazione” e quindi ammette che il trasferimento di una società dall’uno all’altro luogo avvenga senza che l’ente si sciolga per essere ricostituito nel nuovo diritto.

(22)L’articolo 2509 stabiliva che “Le società che si costituiscono nel territorio dello Stato, anche se l’oggetto della loro attività è all’estero, sono soggette alle disposizioni della legge italiana” - articolo abrogato dalla Legge di riforma n. 218/1995.

(23)L’articolo 25, comma 1, sottopone la disciplina delle società estere alla “legge dello stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione” aderendo così alla teoria dell’incorporazione allo scopo di assicurare la continuità e l’uniformità della vita giuridica internazionale delle società estere. L’art. 25, comma 3,  appare ispirato al medesimo principio, riconoscendo implicitamente la continuità delle persone giuridiche che spostano la sede sociale all’estero nel rispetto delle leggi interessate.

(24)Per cui, in questo caso, la società non chiederà al Registro delle imprese italiano l’iscrizione di un atto di trasferimento della sede legale in altro Stato, bensì l’iscrizione dell’atto di scioglimento anticipato e messa in liquidazione e successivamente la cancellazione.

(25)Così si esprime con una massima il Consiglio del Notariato della Lombardia: “Trasferimento sede di società italiana all’estero e di società estera in Italia” gennaio 2008.

 

 

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Martedì, Gennaio 16, 2018 - 11:53

Aggiornato il: Martedì, Gennaio 16, 2018 - 11:53

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