Sicurezza alimentare: domande e casi pratici


Qual è la differenza tra data di scadenza e TMC? Quale olio è più adatto per la frittura? Che differenza c’è tra pastorizzazione e sterilizzazione?

Quando mangiamo, quando prepariamo i cibi, quando acquistiamo un prodotto alimentare compiamo delle azioni che, seppur inconsapevolmente, impattano sulla sicurezza alimentare. Per comprendere quali sono i comportamenti sicuri e come orientarsi nelle situazioni quotidiane, si elencano di seguito alcune domande ricorrenti, con le relative risposte: dalla data di scadenza al punto di fumo dell'olio, dalla pastorizzazione all’atmosfera protettiva.

 

Aprendo una confettura casalinga ho trovato della muffa. Posso consumarla lo stesso?

La comparsa di muffe, anche se queste potrebbero non comportare alcun rischio per la salute del consumatore, è sempre indice di una preparazione o conservazione non idonea, che potrebbe aver dato luogo alla proliferazione di batteri patogeni. È dunque sconsigliato consumare il prodotto, anche se la parte contaminata dalle muffe è stata rimossa.

Ci sono dei materiali che devo prediligere per la preparazione delle mie conserve?

Per le pentole l’acciaio inox risulta essere il materiale da prediligere, poiché liscio, facile da pulire e disinfettare. L’alluminio e il rame, invece, sono porosi e non dovrebbero essere utilizzati per cuocere conserve acide (es. pomodoro), poiché l’acidità potrebbe provocare il rilascio di sostanze metalliche nell’alimento.
Per i contenitori occorre prediligere materiali che non assorbono né odori, né sostanze e dunque non porosi, facili da pulire e disinfettare, come il vetro.

Durante un vacanza estiva ho comprato un olio extravergine di oliva (EVO). Come posso essere sicuro di aver fatto un buon acquisto?

Se l’olio EVO si acquista in estate bisogna considerare che il prodotto è stato prodotto da almeno 7/8 mesi. Le caratteristiche organolettiche dell’olio d’oliva si conservano per un anno e, nel migliore dei casi, fino a 18 mesi. Si desume, pertanto, che l’acquisto in estate non sia ottimale.

Ho aperto la latta che conteneva dell’olio EVO e mi sono accorto che l’imballaggio non era integro. Qual è l’imballaggio appropriato per contenere OLIO?

Fare sempre attenzione che l’imballaggio che contiene l’olio EVO sia idoneo per il contatto con alimenti grassi.
Se bisogna trasportarlo per lunghi tragitti è sufficiente utilizzare contenitori in acciaio inox, idonei per il contatto con alimenti grassi. In generale, il materiale più adeguato (in quanto  più inerte) rimane sempre il vetro di colore scuro.

Ho degli uliveti e, pur occupandomi personalmente della produzione dell’EVO, non sono riuscito ad ottenere un buon prodotto. Quali potrebbero essere le cause?

Bisogna anzitutto fare attenzione alla raccolta delle olive, che non devono cadere a terra. Per questo è opportuno coglierle direttamente dai rami o raccoglierle con le reti, ma comunque senza mai far loro toccare il terreno. Il tutto quando i frutti sono pronti per la raccolta. Nella stessa giornata, poi, andrebbero portate al frantoio perché le stesse, se accantonate per più giorni, si riscaldano attivando reazioni biochimiche che ne determinano l’innalzamento precoce dell’acidità.

Come faccio a saper se il mio olio è buono?

Se non si è certi della filiera di produzione dell’olio che abbiamo acquistato possiamo rivolgerci ad un laboratorio e capire, a seconda delle nostre esigenze, quali sono le analisi più opportune da fare. Per maggiori informazioni clicca qui

Come posso sapere se il vino che ho acquistato è buono?

Si possono eseguire delle analisi di laboratorio che danno indicazione del grado di maturazione del vino e caratteristiche organolettiche dello stesso, es. acidità, tasso alcoli metrico, etc. Per maggiori informazioni clicca qui

Quale deve essere il grado di acidità dell’aceto?

A livello legislativo è previsto che l’aceto abbia un grado di acidità compreso tra il 5% e 12%.

In base a che cosa si identificano le diverse tipologie di farina?

L'identificazione delle diverse farine di grano tenero e di grano duro, ottenute dalla macinazione del frumento, è basata su rispondenze analitiche (es. ceneri, umidità, proteine) che portano alla distinzione tra farine tipo 0, 00, integrale etc.
La differenza tra le tipologie di farina di grano tenero tipo 00, 0, etc. dipende dalla lavorazione subita dal chicco, dalla maggiore o minore asportazione dei suoi strati più superficiali, cioè delle parti maggiormente ricche di componenti minerali e fibra. A seconda del tenore in ceneri (componenti minerali che rimangono integri a seguito dalla carbonizzazione della farina) è possibile distinguere le tipologie di farina: maggiore è la quantità di ceneri rimaste, minore è la raffinatezza della farina. Ad esempio, la farina integrale, meno raffinata, ha un contenuto maggiore di ceneri rispetto alla farina di tipo 0.

Ho sentito parlare di attività dell’acqua degli alimenti. A cosa ci si riferisce?

L’attività dell’acqua (dall’inglese activity water: AW) è un indice relativo all’acqua intramolecolare degli alimenti che, libera da legami con altri componenti, è disponibile per reazioni chimiche e biologiche. Il valore di AW è compreso tra 0 e 1. Per determinare la deteriorabilità di un prodotto alimentare, oltre a considerare fattori quali le condizioni di temperatura, l’acidità, i trattamenti subìti, etc. è importante valutare il valore di AW: più il valore di AW è vicino a 1 (es. ortaggi freschi, carne, etc), più l’alimento è facilmente alterabile, poiché è maggiore l’acqua disponibile per la proliferazione dei microrganismi.

La scritta “Conservare in frigorifero dopo l’apertura” è obbligatoria per tutte le marmellate?

Quando un alimento è prodotto in condizioni di sterilità, che ne garantiscono la sicurezza quando il contenitore è chiuso ermeticamente, bisogna considerare che dopo l’apertura del contenitore stesso, esse non sussistono più e occorre conservare il prodotto in frigorifero e consumarlo entro pochi giorni. In particolare per le marmellate è obbligatorio riportare questa dicitura se il contenuto di zuccheri del prodotto è compreso tra 45% e 60%. 

Mi è stato detto che devo scegliere l’olio per friggere in base al “punto di fumo”? Cos’è e quale olio devo scegliere?

Il “punto di fumo” è la temperatura alla quale un condimento grasso (es. olio, burro, strutto, etc.) riscaldato inizia a produrre dei composti dannosi per la salute, che si manifestano sotto forma di fumo. Ciascun grasso ha un “punto di fumo” specifico, ad esempio quello del burro ha un valore di 170°C, l’olio extra vergine di oliva di 210°C e l’olio di arachide 230°C. Per le preparazioni che richiedono il raggiungimento di temperature elevate, come la frittura, è opportuno utilizzare grassi con un punto di fumo elevato, cercando di non superare i 180°C.

Come faccio a capire se una conserva non è più “sicura”?

Non bisogna consumare l’alimento se si riscontrano odori, colori e sapori anomali e/o sgradevoli, che sono indice di contaminazione e moltiplicazione batterica. Tuttavia, non sempre le caratteristiche organolettiche sono alterate. È bene valutare anche la presenza di altri segnali, come il coperchio bombato (ossia sollevato), oppure tappi o capsule convessi (incurvati verso l’alto), o facilmente apribili, indici di perdita dell’ermeticità della chiusura.

Mi è stato detto che non sempre le conserve casalinghe sono “sicure”. Perché?

La preparazione casalinga delle conserve (es. confetture, sott’oli, etc.) non sempre fornisce sufficienti garanzie di sicurezza alimentare, rischiando di farle diventare pericolose per il consumo. Le conserve preparate in modo non corretto possono rappresentare un rischio serio per la salute del consumatore, poiché possono innescare meccanismi che portano alla proliferazione di microrganismi patogeni e alla conseguente comparsa di malattie trasmesse dagli alimenti, tra i quali la più temibile è il botulismo.
Generalmente, la conservazione e la sicurezza di una conserva sono ottenute dalla combinazione di più tecniche (es. trattamento termico, salagione, acidificazione, etc.). Nel caso dei sott’oli, ad esempio, l’olio in sé non è un mezzo di conservazione; è necessario effettuare dei trattamenti in grado di inibire lo sviluppo dei batteri (es. acidificazione con aceto, essiccazione) e procedere con un trattamento termico in grado di eliminare anche le forme sporigene (es. sterilizzazione). 
È fondamentale selezionare accuratamente le materie prime e lavorare con strumenti adeguati, rispettando le norme igieniche (es. lavarsi spesso le mani e igienizzare gli utensili). Si deve garantire il rispetto di tempi e di temperature di lavorazione ben precisi (cottura, refrigerazione, congelamento, ecc.) e infine un’adeguata conservazione, in termini di modalità e tempi, del prodotto finito.

Posso utilizzare il microonde per pastorizzare le mie conserve?

Il trattamento termico, tramite riscaldamento in microonde, non è un metodo adeguato per garantire la pastorizzazione degli alimenti, poiché il riscaldamento non è uniforme nel prodotto e dipende dalla struttura e della forma dell’alimento. 

Qual è la differenza tra pastorizzazione e sterilizzazione?

Entrambi sono trattamenti termici utilizzati per rendere l’alimento sicuro, dal punto di vista batteriologico, e prolungarne la durabilità. Differiscono per le temperature raggiunte e i tempi di esposizione, la pastorizzazione avviene a temperature inferiori ai 100°C (60-95°C a seconda dell’alimento) e consente l’eliminazione dei batteri patogeni senza modificare eccessivamente le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti. La sterilizzazione avviene a temperature superiori ai 100°C, per tempi prestabiliti, ed elimina anche le forme di resistenza dei microrganismi (es. spore).

Su alcuni alimenti è indicata la data di scadenza, mentre su altri il termine minimo di conservazione (TMC). Qual è la differenza?

Il TMC (termine minimo di conservazione) è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione; se si supera, l’alimento può essere consumato, ma il produttore non ne garantisce il mantenimento delle caratteristiche organolettiche. È indicata sulla confezione con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro il (o “fine”)” ed è utilizzato per alimenti con un lungo periodo di conservazione (es. prodotti in scatola, prodotti da forno, etc.).
La data di scadenza, invece, viene utilizzata per i prodotti rapidamente deperibili (es. carne, pesce, latte fresco, etc.) per i quali il consumo oltre alla data indicata potrebbe costituire un pericolo per la salute umana. La data di scadenza è indicata con la dicitura “Da consumare entro”.

Sull’etichetta ho letto la dicitura “Confezionato in atmosfera protettiva”, cosa vuol dire?

Quando le confezioni riportano tale dicitura, significa che l’aria al loro interno è stata sostituita da un’appropriata miscela di gas di imballaggio con lo scopo di rallentare i processi di alterazione degli alimenti (es. proliferazione batterica, irrancidimento, imbrunimento, etc.) e preservarne le caratteristiche organolettiche (es. freschezza, aspetto, etc.). Una volta che la confezione viene aperta, tuttavia, queste garanzie di conservazione non sussistono più ed è necessario consumare rapidamente il prodotto.

Vorrei vendere dei biscotti fatti in casa? Devo fare l’etichetta

L’attività di produzione e vendita di prodotti alimentari, anche se fatti in casa, prevede il possesso delle autorizzazioni di legge ed il rispetto della normativa sulla sicurezza alimentare. L’etichetta deve essere presente sulla confezione del biscotti (se preimballati) e deve essere redatta rispettando le indicazioni date dalla normativa sull’etichettatura dei prodotti alimentari.

Se non hai trovato la risposta ai tuoi dubbi, puoi contattare l'esperto per ulteriori informazioni e chiarimenti

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Venerdì, Ottobre 7, 2022 - 11:17

Aggiornato il: Venerdì, Ottobre 7, 2022 - 11:17