4.2 - Le fonti di capitale


Individuato il fabbisogno di capitale occorre trovare il modo per soddisfarlo. Vediamo, dunque, quali sono le risorse o «fonti di finanziamento» a cui l’imprenditore può attingere.

Distinguiamo innanzitutto tra:

• fonti finanziarie internecapitale proprio»);
• fonti finanziarie esternecapitale di terzi» o di credito).

Le fonti finanziarie interne

I finanziamenti con capitale proprio (detto anche «capitale a pieno rischio»)1 provengono dall’imprenditore stesso: sono cioè «conferiti» (ovvero versati) direttamente dal titolare o dai titolari all’atto della costituzione (capitale di conferimento iniziale) e/o in momenti successivi (aumenti di capitale proprio).

Tali finanziamenti presentano le seguenti caratteristiche:

• non devono essere rimborsati ad una scadenza prefissata: sono destinati infatti a rimanere investiti nell’impresa in modo duraturo, generalmente fino alla sua liquidazione (cioè alla cessazione dell’attività);
• non comportano il pagamento di un vero e proprio interesse: il capitale proprio infatti viene remunerato con l’eventuale utile prodotto dalla gestione;2
• sono soggetti totalmente al rischio d’impresa: un cattivo andamento della gestione può portare infatti a una loro «erosione» o, addirittura, alla loro totale perdita.


Per il fatto di non avere una scadenza determinata, i finanziamenti con capitale proprio vengono di solito destinati all’acquisizione di beni immobilizzati (capitale fisso).

È importante poi sottolineare che sono finanziamenti con capitale proprio anche quelli derivanti dal mancato prelevamento degli utili conseguiti e reinvestiti all’interno dell’impresa, attraverso l’accantonamento nei fondi di riserva. Si parla, in questo caso, di autofinanziamento.

Spesso è proprio l’autofinanziamento la fonte finanziaria più preziosa per le piccole e medie imprese. E questo, più che al momento della costituzione (in quanto ancora non si sono conseguiti utili) in tutte le successive fasi di sviluppo e consolidamento.

Indubbiamente il mancato prelievo degli utili rappresenta un sacrificio per l’imprenditore. Solo in questo modo, però, la piccola impresa può crescere ed al tempo stesso rendersi, almeno in parte, indipendente dalle banche e da altri finanziatori esterni.

Indipendente, e quindi:

• meno soggetta a condizionamenti e pressioni;
• più libera, di conseguenza, nel definire le proprie scelte imprenditoriali;
• meno soggetta a possibili timori e comportamenti negativi di banche (che possono chiudere improvvisamente i «rubinetti del credito») e fornitori (che ad esempio possono chiedere da un momento all’altro i pagamenti non più a 90 gg. ma a 30 gg. o addirittura «pronta cassa»).


1 Così detto perché può essere intaccato dalle perdite di gestione. In tal caso il rischio dell’investimento – trattandosi di soldi propri del titolare – ricade al cento per cento su di lui e non su soggetti esterni finanziatori.
2 Con un compenso quindi non predeterminato e variabile.

Le fonti finanziarie esterne

I finanziamenti con capitale di terzi (o «di credito») provengono invece da soggetti estranei all’impresa: si tratta di prestiti concessi da banche, società finanziarie in senso lato o privati.

Tali finanziamenti presentano le seguenti caratteristiche:

• non sono soggetti al rischio d’impresa o, per essere più precisi, lo sono in modo limitato, nel senso che sono sottoposti al rischio di un’eventuale insolvenza da parte dell’imprenditore;1
• devono essere rimborsati ad una scadenza prefissata, eccetto casi particolari;2
• comportano il pagamento di un interesse, che può essere esplicito (chiaramente evidenziato con un tasso percentuale) o implicito (già compreso nella somma da restituire alla scadenza).

 

Capitale proprio

Capitale di terzi

Assoggettamento al rischio d’impresa

no

Rimborso a scadenze determinate

no

Pagamento di un interesse

no

Il rapporto tra capitale proprio e capitale di terzi

Capitale proprio e capitale di terzi dovrebbero essere in un rapporto equilibrato, ma non esistono regole generali al riguardo.3

• In generale si può dire che se il capitale proprio è molto inferiore al capitale di terzi impiegato nell’azienda, il rischio imprenditoriale aumenta considerevolmente.
• Tuttavia, se i «fondamentali» dell’impresa sono buoni – e in presenza di certe condizioni – un ricorso ponderato a fonti esterne può innescare un meccanismo virtuoso di crescita.4

Oltre che in base alla fonte di provenienza, i finanziamenti devono essere distinti secondo la loro durata. Si hanno così:

• finanziamenti a breve termine, la cui durata non supera in genere un anno e mezzo (18 mesi);
• finanziamenti a medio-lungo termine, che possono essere ulteriormente distinti in:

finanziamenti a medio termine: tra i 18 mesi e i 5 anni;
finanziamenti a lungo termine: oltre i 5 anni.

In base alla «regola d’oro bancaria» (cosiddetta «congruenza delle scadenze»)5 è opportuno che:

• gli investimenti a lungo termine (immobilizzazioni) siano finanziati con capitale a lungo termine (soprattutto capitale proprio – se possibile – e capitale di terzi a lungo termine);
• i fabbisogni con scadenze brevi (scorte, liquidità e crediti dei clienti) siano finanziati con capitale di terzi a breve termine.

Ignorando tale principio un’azienda può andare incontro a problemi di liquidità malgrado il fatto che disponga di risorse sufficienti.

Questa regola, però, non è sempre applicabile, poiché non prende in considerazione aspetti variabili che dipendono dal settore e dall’impresa.


1  Anche in tal caso, però, essi vantano un «diritto di precedenza» rispetto al rimborso del capitale proprio: ciò significa che, in caso di liquidazione dell’azienda, vengono dapprima rimborsati i capitali dei terzi e poi il capitale proprio dell’impresa.
2  Sono i casi in cui il creditore ha la possibilità di revocare il finanziamento in qualsiasi momento: ciò accade, ad esempio, in alcune forme di prestito bancario.
3  Secondo una «scuola di pensiero», nella situazione ottimale, si ritiene che in genere il capitale proprio quale base di ogni impresa dovrebbe equivalere al capitale di terzi. Affinché si possa avere una certa sicurezza, presso le aziende manifatturiere dovrebbe costituire comunque almeno il 40% e nelle aziende commerciali il 30%.
Ma nella maggior parte dei casi questo è difficilmente fattibile. Il caso emblematico è quello delle società a responsabilità limitata, che vengono spesso costituite e mantenute con un capitale sociale di 10.000 euro, quello minimo previsto dalla legge, indipendentemente dal fatturato e dalle dimensioni dell’attività.
4  Vedi più avanti l’ultimo paragrafo «La gestione dei debiti» e il capitolo 13 «La gestione aziendale».
5  Vedi sotto, paragrafo «La gestione dei debiti».

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09/11/2015 - 11:42

Aggiornato il: 09/11/2015 - 11:42