4.5 - Piattaforme online di servizi


Nell'ambito del commercio elettronico diretto, la presente sezione è dedicata all'analisi delle implicazioni fiscali relative alle piattaforme on-line di servizi.

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19/09/2019 - 14:34

Aggiornato il: 19/09/2019 - 14:34

4.5.1 - Servizi di prenotazione immobili


Negli ultimi anni hanno avuto notevole successo alcune piattaforme informatiche finalizzate a svolgere il servizio di prenotazione per la locazione di beni immobili.
Tra queste piattaforme tre si segnalano per l’importanza conseguita: AirBnB, Booking. Com. ed EXPEDIA.

Si tratta di portali online che mettono in contatto persone in cerca di un alloggio o di una semplice camera per un breve periodo di tempo, con soggetti (generalmente non aventi la qualifica di operatori economici) che dispongono di tali beni.
Gli immobili messi a disposizione dei potenziali soggetti interessati, come indicato su alcuni portali,  vanno dagli appartamenti, alle case-vacanza, passando per i bed and breakfast a conduzione famigliare, ai resort, per arrivare alle case sugli alberi e persino agli igloo.

Mediante tali piattaforme al proprietario o al detentore dell’immobile viene offerta la possibilità di:

  • rendere noto al pubblico (pubblicizzare) l’esistenza di tale immobile e la  sua disponibilità a concederlo in locazione per un determinato periodo di tempo;
  • concludere con il cliente interessato il contratto di locazione dell’immobile;
  • riscuotere il canone di locazione e svolgere i previsti adempimenti fiscali.

Per lo svolgimento di tale servizio l’intermediario immobiliare addebita una commissione di intermediazione al soggetto locatore dell’immobile (host) o alla persona locataria (ospite) o a entrambi.

ASPETTI IVA

Riguardo ai servizi consistenti nell’intermediazione della fornitura di alloggi nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, l’Agenzia delle Entrate in una consulenza giuridica data a Federalberghi, nel 2016 (Simona Ficola – Benedetto Santacroce, Alberghi, prenotazioni on line con Iva, Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2016) ha sostenuto che il fatto che i servizi delle piattaforme siano resi attraverso internet e in modo automatizzato, non appare sufficiente ad attrarli nell’ambito dei servizi resi tramite mezzi elettronici  e nel regime del MOSS (Consulenza giuridica n. 954/39/2016).
Nel commento citato viene affermato quanto segue:
“La questione della qualificazione dei servizi di prenotazione relativi a prestazioni alberghiere e servizi simili resi dalle piattaforme online è, allo stato attuale, oggetto di discussione nell’ambito del Comitato Iva e, coerentemente con la posizione espressa dalla Commissione europea e dalla maggioranza degli Stati membri in senso al medesimo Comitato, l’agenzia delle Entrate ritiene applicabile ai servizi di prenotazione online relativi alle prestazioni alberghiere o simili l’articolo 7-sexies, comma 1, lettera a) del Dpr 633/72 ove l’intermediario (piattaforma online) che agisce in nome e per conto del suo cliente abbia preventivamente verificato che si tratta di un servizio B2C. Il fatto che i servizi delle medesime piattaforme siano resi attraverso internet e in modo automatizzato, infatti, non appare sufficiente ad attrarli nell’ambito dei servizi resi tramite mezzi elettronici (che peraltro sono distintamente indicati nel regolamento 282/2011/Ue) e nel regime del MOSS.”.
L’Agenzia delle Entrate, ha inoltre precisato che l’applicazione di tale regola alle prestazioni di intermediazione vale sia nel caso in cui l’intermediario agisca in nome e per conto del destinatario finale delle prestazioni intermediate, sia nel caso in cui egli agisca in nome e per conto del prestatore del servizio intermediato.

Nel seguito ci si attiene all’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate.

Occorre considerare che tale interpretazione non è condivisa da alcuni commentatori. Ad esempio, Giampaolo Giuliani, Affitti brevi on line - quando scatta l'Iva, Il Sole 24 Ore del 23 settembre 2019, sostiene la tesi che il servizio reso dalla piattaforma non sia qualificabile come servizio di intermediazione, ma come servizio generico e che, di conseguenza, nei rapporti B2C, debba essere assoggettato all'Iva del Paese del gestore della piattaforma.

In base all'interpretazione dell'Agenzia dellle Entrate, i servizi considerati:

  • nei rapporti tra operatori economici (B2B) rientrano nell’ambito dei servizi generici di cui all’articolo 7-ter del Dpr n. 633/1972;
  • nei rapporti con consumatori finali (B2C) trovano la propria disciplina nell’ambito dell’articolo  7-sexies, comma 1, lettera a) del Dpr 633/72.

Al riguardo, la Circolare  37 del 29 luglio 2011, in riferimento alla previsione dell’articolo 7-quater, lettera a), del Dpr n. 633/1972, in tema di  servizi relativi a beni immobili, afferma che:
“Atteso il puntuale riferimento - sia nella normativa comunitaria che in quella nazionale - alle prestazioni di agenzia immobiliare, non sono invece da ritenere ricompresi nell'ambito applicativo della disposizione stessa le intermediazioni (rese dalle agenzie di viaggio o da altri soggetti) relative alla prenotazione di servizi alberghieri (si veda, in materia, la risoluzione n. 48/E del 1° giugno 2010).
Pertanto, come chiarito anche dall'articolo 31 del regolamento, qualora le intermediazioni relative a servizi alberghieri siano rese in nome e per conto del cliente a soggetti passivi d'imposta, trova applicazione la regola generale dei rapporti B2B e le stesse sono rilevanti ai fini impositivi in Italia se rese a un committente nazionale e irrilevanti se rese a un committente comunitario o non comunitario.
Diversamente, ove tali prestazioni siano rese (in nome e per conto del cliente) a committenti non soggetti passivi d'imposta, trova applicazione la disposizione di cui all'articolo 7-sexies, lettera a), assumendo rilievo il luogo in cui è effettuata la prestazione alberghiera oggetto dell'intermediazione; le stesse sono pertanto rilevanti ai fini impositivi in Italia se la struttura ricettiva è situata in Italia e irrilevanti se la struttura ricettiva è situata in altro Stato (comunitario o non comunitario).”.


Il trattamento Iva della prestazione resa dell’intermediario immobiliare, conseguentemente, dipende:

  • dal luogo di stabilimento (sede della società o stabile organizzazione che interviene nella prestazione del servizio) dell’intermediario;
  • dal luogo di localizzazione dell’immobile oggetto della prestazione di intermediazione;
  • dal luogo di stabilimento del committente;
  • dalla natura del committente: operatore economico o consumatore finale.

Riguardo a tale ultimo aspetto, al fine di stabilire se l’affitto breve gestito tramite Airbnb configuri o meno attività d’impresa, occorre fare riferimento a quanto previsto dall’articolo 2082 del codice civile, dall’articolo 55 del  Dpr n. 917/1986 e dall’articolo 4 del  Dpr n. 633/1972.  Sull’argomento fornisce utili indicazioni la risposta a interpello n. 373/2019.

In merito è stato affermato che (Stefano Spina, Affittacamere al test  dell’attività imprenditoriale, EutekneInfo, 11 settembre 2019):

“Si ricorda che in base all’art.55 commi 1 e 2 del TUIR, affinché la locazione di alloggi a turisti ricada nell’ambito del reddito d’impresa, la prestazione deve essere resa con professionalità abituale, ancorché non esclusiva, e con un’organizzazione di mezzi in forma imprenditoriale.

I principali indicatori si riferiscono, quindi, alle caratteristiche oggettive della prestazione fornita. In tal senso rilevano eventuali prestazioni accessorie come, ad esempio, i servizi di pulizia oppure di cambio biancheria, il carattere abituale (o non occasionale) della prestazione nonché la presenza di un’organizzazione di beni preposti all’effettuazione della locazione stessa. La principale difficoltà nell’inquadrare l’attività di fatto esercitata nella corretta tipologia reddituale consiste nell’individuare in modo oggettivo tali parametri connotanti o meno l’esercizio di una attività commerciale”.
 

Intermediario immobiliare stabilito in Italia

Nel caso di addebito del servizio di intermediazione a un operatore economico italiano o a un consumatore finale italiano, l’intermediario deve emettere fattura elettronica con Iva (salvo il caso in cui l’intermediario sia qualificabile come contribuente in regime forfetario o di vantaggio) e la deve annotare sul registro delle fatture emesse.

Nel caso di addebito del servizio di intermediazione a un operatore economico di altro Paese Ue, l’intermediario deve emettere fattura cartacea o in PDF per operazione non soggetta, articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972– inversione contabile e la deve annotare sul registro fatture emesse; egli deve presentare il modello Intra servizi e deve inserire tale fattura nell’esterometro, salvo che la medesima venga trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX.

Nel caso di addebito del servizio di intermediazione a un operatore economico di Paese extra Ue , l’intermediario deve emettere fattura cartacea o in PDF per operazione non soggetta, articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972 e la deve annotare sul registro fatture emesse; egli deve inserire tale fattura nell’esterometro, salvo che la medesima venga trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX.

Nel caso di addebito della commissione a un consumatore finale italiano o estero, torna applicabile la disposizione di cui all’articolo 7-sexies - Territorialità - Disposizioni speciali relative a talune prestazioni di servizi rese a committenti non soggetti passivi, del Dpr n. 633/1972, il quale afferma che:
“1. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, lettera b), si considerano effettuate nel territorio dello Stato se rese a committenti non soggetti passivi:
a) le prestazioni di intermediazione in nome e per conto del cliente, quando le operazioni oggetto dell'intermediazione si considerano effettuate nel territorio dello Stato; (…)”.


In base a tale disposizione, l’intermediario immobiliare:

  • deve addebitare la commissione con Iva se l’immobile oggetto di intermediazione è ubicato in Italia;
  • deve addebitare la commissione senza Iva se l’immobile oggetto di intermediazione è ubicato all’estero. Se tale immobile fosse localizzato in altro Paese Ue, l’intermediario dovrebbe aprire una posizione Iva in tale Paese e, per il compenso spettante, dovrebbe emettere fattura con applicazione dell’Iva locale. Se tale immobile fosse, invece, localizzato in Paese extra Ue, occorrerebbe svolgere un esame caso per caso, riguardo alla normativa Iva di tale Paese.


Intermediario immobiliare stabilito in un Paese estero (Ue o extra Ue)

Nel caso di addebito della commissione a un operatore economico italiano, l’operatore economico di altro Paese Ue emette fattura senza Iva, trattandosi di un servizio generico che , in base a quanto previsto dall’articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972, si considera effettuato nel Paese del committente. Nel caso di operatore economico di Paese extra Ue, se l’immobile non è localizzato nel suo Paese, in linea generale, tale soggetto emette fattura senza applicazione dell’Iva del suo Paese.
Ai fini dell’Iva italiana:

  • se l’intermediario è stabilito in altro Paese Ue: l’operatore economico italiano deve numerare e integrare con Iva la fattura estera e la deve annotare sul registro fatture emesse e sul registro acquisti; deve presentare il modello Intra servizi (se ha superato la soglia prevista); deve inserire la fattura integrata nella comunicazione mensile delle operazioni transfrontaliere (“esterometro”), salvo che provveda a trasmettere la fattura allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX.
  • se l’intermediario è stabilito in Paese extra Ue: indipendentemente dal trattamento fiscale applicato dal soggetto estero, l’operatore economico italiano deve emettere autofattura con Iva, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972 e la deve annotare sul registro fatture emesse e sul registro acquisti; deve inserire l’autofattura nella comunicazione mensile delle operazioni transfrontaliere (“esterometro”).

L’operatore economico italiano, in relazione alla commissione corrisposta all’intermediario, non opera la ritenuta di cui all’articolo 25-bis del Dpr n. 600/1973 essendo tale obbligo previsto solo nel caso di prestazione resa tramite da una stabile organizzazione italiana.

Nel caso di addebito della commissione a un consumatore finale italiano o estero, torna applicabile la disposizione di cui all’articolo 7-sexies – del Dpr n. 633/1972, sopra riportata, in base alla quale riguardo alle prestazioni di intermediazione B2C, relative a beni immobili, vale la regola del Paese di localizzazione del bene immobile; di conseguenza, ove la prestazione sia relativa a immobili ubicati in Italia, la società estera deve identificarsi ai fini dell’Iva in Italia (in via diretta o a mezzo di rappresentante fiscale) e, per l’addebito della commissione, deve emettere fattura gravata dell’Iva italiana.
E ciò, lo si ribadisce,  anche nell’ipotesi di consumatore finale di altro Paese Ue o di Paese extra Ue (ad esempio, turista tedesco o statunitense che, tramite la piattaforma, ha stipulato un contratto di locazione con il proprietario di un alloggio situato in Italia).


ASPETTI IMPOSTE SUI REDDITI

Nel caso di rapporti B2C, aventi ad oggetto beni immobili situati in Italia la società che gestisce la piattaforma  deve comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle locazioni brevi stipulate per il suo tramite.
Come afferma l’articolo 4 del Dl n. 50/2017 convertito dalla Legge n. 96/2017:
 “1. Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni  brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di  durata  non superiore  a  30  giorni,  ivi  inclusi  quelli  che   prevedono   la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di  pulizia  dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori  dell'esercizio  di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti  che  esercitano attività di intermediazione  immobiliare, ovvero  soggetti  che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in  cerca di un immobile con persone che dispongono di  unità  immobiliari  da locare.”.


Per quanto riguarda i dati da comunicare, il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 132395 del 12 luglio 2017  e la successiva Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 24 del 12 ottobre 2017, stabiliscono  che i soggetti, residenti o non residenti nel territorio dello Stato, che intervengono nella conclusione dei contratti di locazione breve devono comunicare all’Agenzia delle entrate:

  • il nome, il cognome e il codice fiscale del locatore
  • la durata del contratto
  • l’importo del corrispettivo lordo
  • l’indirizzo dell’immobile

Per i contratti relativi al medesimo immobile e stipulati dal medesimo locatore, la comunicazione dei dati può essere effettuata anche in forma aggregata.

Nel caso in cui l’intermediario incassi anche il canone pattuito, lo stesso deve:

  • operare in qualità di sostituto d’imposta trattenendo il 21% dello stesso, a titolo di imposta cedolare,  e deve procedere al suo versamento mediante F24, con il codice tributo 1919 (come previsto dalla Risoluzione n. 88/E del 5 luglio 2017)
  • certificare al locatore l’imposta trattenuta e versata; per il locatore tale ritenuta avrà carattere d’imposta o d’acconto a seconda che lo stesso abbia optato o meno per la cedolare secca

Nel caso in cui l’intermediario immobiliare sia un soggetto estero, la Circolare n. 24 del 12 ottobre 2017, afferma che:
2.4. Intermediari non residenti
Gli adempimenti inerenti la comunicazione dei dati, l'effettuazione, il versamento e la certificazione delle ritenute operate sono effettuati da tutti gli intermediari compresi quelli fiscalmente non residenti nel territorio dello Stato (cfr. articolo 4, comma 5-bis ). Al riguardo, nel Provvedimento viene specificato che tali soggetti:

  • se in possesso di una stabile organizzazione in Italia, ai sensi dell'’ articolo 162 del TUIR, adempiono agli obblighi di comunicazione per il tramite della stabile organizzazione
  • se risultano privi di stabile organizzazione in Italia, si avvalgono di un rappresentante fiscale, in qualità di responsabile d'imposta, individuato tra i soggetti indicati nell’articolo del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, il quale provvede anche alla richiesta di attribuzione del codice fiscale dei soggetti rappresentati qualora non ne siano in possesso

L'utilizzo della locuzione "responsabile d'imposta" in luogo di "sostituto d'imposta" è finalizzato ad evitare che l'effettuazione degli adempimenti richiesti dalle nuove disposizioni, possano far ritenere sussistente una stabile
organizzazione.”.

L’articolo 13-quater del Dl n. 34/2019 convertito dalla Legge n. 58/2019, afferma che:

«In assenza di nomina del rappresentante fiscale, i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al periodo precedente sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l'effettuazione e il versamento della ritenuta sull'ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3».

Gli adempimenti sopra previsti non si applicano:

  • nel caso di prestazioni di intermediazione B2C aventi per oggetto immobili esistenti all’estero
  • nel caso B2B, qualunque sia l’ubicazione dell’immobile

Sull’adempimento in questione è insorto un notevole contenzioso tra AirBnB e l’Agenzia delle Entrate; secondo tale società la medesima NON sarebbe tenuta a operare la ritenuta alla fonte e ad adempiere agli ulteriori obblighi previsti.

AirBnB ha sottoposto la questione al TAR del Lazio, il quale con sentenza n. 2207 del 18 febbraio 2019, non ha accolto le doglianze della stessa.

Airbnb ha impugnato la sentenza di fronte al Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza n. 6219 del 18 settembre 2019 ha accolto le richieste della società, rimettendo la questione alla Corte di Giustizia Ue affinché venga verificata la conformità del Dl n. 50/ 2017 con la Direttiva  2015/1535/UE in materia di servizi delle società di informazione, oltre che con i principi di libera prestazione dei servizi e libera concorrenza.
 

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07/11/2019 - 09:34

Aggiornato il: 07/11/2019 - 09:34

4.5.2 - Servizi di prenotazione titoli di trasporto


E’ ormai frequente la stipula di contratti di trasporto a mezzo di strumenti informatici e il rilascio al passeggero di ricevute del titolo di viaggio dematerializzate, rese disponibili sul sito internet della società, ovvero messe a disposizione del passeggero attraverso macchine self-service presso le principali aerostazioni.
Ad esempio, nel caso biglietti Trenitalia, il passeggero riceve una ricevuta telematica con QR code che può essere stampata su carta oppure conservata su uno smartphone per essere esibita al personale addetto al controllo.
Nel caso dei trasporti aerei sempre più spesso il contratto  concluso con i clienti viene identificato dalla  stessa  procedura  automatica  con  un  "codice univoco di identificazione della   prenotazione"   (PNR),   utile  anche  ai  fini  della successiva stampa del biglietto elettronico (E-Tkt).

Riguardo ai suddetti titoli di viaggio elettronico vengono a delinearsi almeno due risvolti di carattere fiscale:

  • nel caso di vettori nazionali, l’idoneità di tali titoli a sostituire lo scontrino o la ricevuta fiscale
  • nel caso di vettori esteri, gli adempimenti che gravano in capo agli acquirenti nazionali soggetti passivi d’imposta

Nel seguito si procede a esaminare sinteticamente i due risvolti di carattere fiscale, limitando l’esame al caso della biglietteria aerea.

Idoneità dei titoli di viaggio elettronici emessi da vettori nazionali a soddisfare gli obblighi in tema di certificazione fiscale

Sul tema la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 349 del 28 novembre 2007,  dopo aver premesso che:

  • l'articolo 22  del  Dpr  n. 633 /1972, dispone che "l'emissione della fattura non  é obbligatoria,  se  non  richiesta  dal  cliente  non oltre il momento di   effettuazione   dell'operazione:...3)   per   le  prestazioni  di  trasporto di persone nonché di veicoli e bagagli al seguito..."
  • l'articolo 12  della  legge  n. 413/1991, prevede, a sua volta, che  "per  le prestazioni di trasporto pubblico collettivo di persone e  di veicoli  e  bagagli al seguito, con qualunque mezzo esercitato, i biglietti di trasporto assolvono la funzione dello scontrino fiscale"
  • il Dm 30  giugno 1992 ha fissato le  caratteristiche del  biglietto  di  trasporto, la cui funzione suppletiva allo  scontrino fiscale  é  stata  ribadita  dall'articolo  1,  comma 3, del Dpr n. 696/1996 (regolamento  recante  norme  per  la semplificazione  degli obblighi  di  certificazione  dei  corrispettivi), ove é stato previsto  che "per  le  prestazioni  di  trasporto  pubblico  collettivo di persone e di veicoli e  bagagli  al seguito, con qualunque mezzo effettuate, i biglietti di  trasporto aventi  le  caratteristiche  fissate  con decreto del Ministro delle  finanze 30 giugno 1992, assolvono la funzione dello scontrino fiscale". In particolare,  l'articolo  1,  comma  3,  del  menzionato DM del 1992, prevede che  "il  biglietto  di  trasporto  deve  contenere  in  ogni  caso le seguenti indicazioni:
    • ditta,  denominazione  o  ragione  sociale  o  nome  e  cognome  della persona fisica  ovvero  il  logos  distintivo  dell'impresa  e numero di partita IVA  del  soggetto emittente il titolo di viaggio o che effettua la prestazione di trasporto
    • descrizione delle caratteristiche del trasporto
    • ammontare dei corrispettivi dovuti
    • numero progressivo
    • data da apporre al momento dell'emissione o della utilizzazione";

ha espresso “… l’avviso che l'emissione del titolo di viaggio con le  modalità  illustrate dal contribuente, ossia di un documento conforme alle disposizioni  contenute  nel  DM  30  giugno  1992,  seppure  in  formato
 elettronico non    modificabile   e   contraddistinto   da   una   numerazione progressiva, conservi  la  sua  "attitudine a documentare il corrispettivo" in capo alla  ditta  di  trasporto.  
La  facoltà  di  stampa del documento in un momento successivo   alla   sua  emissione,  infatti,  non  incide  sulla  sua funzione suppletiva  di  scontrino fiscale, ne' sugli ulteriori adempimenti di rendicontazione e  contabilizzazione  ai  fini  civilistici  e fiscali, sempre che la   "electronic   itinerary   receipt"   contenga,   seppure  in  formato elettronico, tutte  le  indicazioni  obbligatorie  elencate  dall'articolo  1, comma 3,  del  richiamato  DM  essenziali  a qualificare il titolo di viaggio,  nonché ogni  altra  informazione  utile  ad  individuare  il tipo di servizio reso (ad  esempio,  cognome  e  nome  del  passeggero, itinerario completo del viaggio, compresa  l'indicazione  degli aeroporti di imbarco e scalo, numero e  data del volo, il peso del bagaglio,...).
E' necessario  che,  in  ogni  caso,  la "electronic itinerary receipt", sin dal  momento  dell'acquisto  del  servizio,  sia  resa  disponibile per la stampa a   cura  dello  stesso  cliente  secondo  le  modalità  dal  medesimo prescelte (direttamente   con  mezzi  propri,  tramite  macchine  self-service  presso le  aerostazioni),  che la medesima costituisca titolo legittimante per la fruizione   del   servizio   di   trasporto  e,  all'occorrenza,  strumento gestionale e di controllo per l'impresa di trasporto.”.

Adempimenti gravanti in capo agli acquirenti nazionali soggetti passivi d’imposta in caso di trasporti eseguiti da vettori esteri

L’articolo 48 della Direttiva 2006/112/CE, afferma che:
“Il luogo delle prestazioni di trasporto di passeggeri è quello dove si effettua il trasporto in funzione delle distanze percorse.”.

L'articolo 7-quater del Dpr n. 633/1972, afferma che:
"In deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, si considerano effettuate nel territorio dello Stato:
(...)
b) le prestazioni di trasporto di passeggeri in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato".

 
L'articolo 9 del Dpr n. 633/1972, afferma che:
"Costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili:
i trasporti di persone eseguiti in parte nel territorio dello Stato e in parte in territorio estero in dipendenza di unico contratto;".

Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile delineare il seguente prospetto di sintesi:

  • voli nazionali (con partenza e arrivo in Italia): Imponibili con l’aliquota Iva del 10%
  • voli internazionali (partenza dall’Italia  con arrivo all’estero o viceversa):
    • tratta italiana: non imponibile articolo 9, comma 1, n. 1 del Dpr n. 633/1972;
    • tratta estera: non soggetta articolo 7-quater, comma 1, lettera b), del Dpr n. 633/972;
  • voli internazionali (estero su estero: partenza da un Paese estero e arrivo nello stesso o in altro Paese estero): non soggetti articolo 7-quater, comma 1, lettera b), del Dpr n. 633/972.

La Circolare n. 37/E  del 29 luglio 2011, a pp. 27-28 afferma che:
“In questo ambito si possono riconfermare le istruzioni già impartite in passato con riguardo alla determinazione di percentuali forfetarie di percorrenza nel territorio nazionale per i vari tipi di trasporto di passeggeri, tra cui si ricordano a titolo esemplificativo:

  • per il trasporto marittimo internazionale, la circolare n. 11/420390 del 7 marzo 1980, in base alla quale si fissa forfetariamente - nella misura del cinque per cento di ogni singolo intero trasporto - la quota parte del servizio di trasporto marittimo internazionale che può considerarsi effettuata nel territorio dello Stato, sia pure in regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 9, primo comma, n. 2), del d.P.R. n. 633;
  • per il trasporto aereo internazionale, la risoluzione n. 89 del 23 aprile 1997, in base alla quale si è stabilito che le prestazioni di servizi rese nello spazio aereo italiano debbano essere forfetariamente individuate nella misura del 38 per cento dell'intero tragitto del singolo volo internazionale.

L'articolo 22, comma 1, del Dpr n. 633/1972 afferma che:
“L'emissione  della fattura  non é  obbligatoria,  se  non  è  richiesta  dal  cliente    non   oltre    il   momento   di   effettuazione   dell'operazione:  
(...)
3) per le  prestazioni di trasporto di persone nonché di veicoli  e  bagagli  al seguito;".

Articolo 19 bis .1 del Dpr n. 633/1972 afferma che:
“Esclusione o riduzione della detrazione per alcuni beni e servizi
1. In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 19:
(….)
e) salvo che formino oggetto dell'attività propria dell'impresa, non é ammessa in detrazione l'imposta relativa a prestazioni di trasporto di persone; (…)”.

Nel caso di vettori aerei nazionali torna applicabile la disposizione sopra citata, con la conseguenza che il vettore non emette fattura e il viaggiatore (o il datore di lavoro del viaggiatore), in sede di acquisto del biglietto, si limita a pagare il prezzo previsto e a tenere agli atti (se operatore economico) la documentazione comprovante l’acquisto e l’avvenuto pagamento.

Nel caso di vettori aerei esteri, occorre distinguere tra due diverse situazioni:

  • per le prestazioni rese per il tramite di stabile organizzazione italiana: gli obblighi gravano in capo alla stabile organizzazione italiana: come nel caso di vettori aerei nazionali;
  • per le prestazioni rese NON per il tramite di stabile organizzazione italiana, a favore di un soggetto passivo d’imposta stabilito in Italia,  in base a quanto previsto dall'articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972, soggetto obbligato a svolgere gli adempimenti previsti è il committente della prestazione (soggetto passivo d'imposta stabilito nel territorio dello Stato); in tale evenienza:
    • il committente deve emettere autofattura (se si tratta di vettore di Paese extra Ue) o numerare / integrare la fattura estera (se si tratta di vettore di altro Paese Ue)
    • se si tratta di trasporto interno all’Italia (è, ad esempio,  il caso della Circolare n. 28/E del 21 giugno 2011, risposta n. 1.3 ), con applicazione dell’Iva
    • in presenza di trasporto internazionale, non imponibile articolo 9, comma 1, n. 1, del Dpr n. 633/1972, per la tratta nazionale e fuori campo Iva articolo 7-quater, lettera b), del Dpr n. 633/1972 per la tratta estera
    • il committente non può avvalersi della disposizione di cui all'articolo 22 sopra citata (tale possibilità non è prevista dall'articolo 17 del Dpr n. 633/1972 citato).

Casistica operativa (nei rapporti tra operatori economici):

  • Vettore italiano (ad esempio: Alitalia): indipendentemente dalla tratta, gli adempimenti sono in capo al vettore, il quale può avvalersi della possibilità di non emettere fattura: il cliente italiano si limita ad annotare in contabilità generale la spesa sostenuta
  • Vettore estero che esegue la prestazione mediante stabile organizzazione italiana (ad esempio: Luftansa Italia): come vettore italiano
  • Vettore estero extra Ue, dotato o meno di partita Iva italiana:
    • che esegue un volo interno: obbligo di autofatturazione, con Iva da parte del cliente italiano
    • che esegue un volo internazionale (tratta italiana e tratta estera): obbligo di autofatturazione da parte del cliente italiano: non imponibile articolo 9, comma 1, n. 2), del Dpr n. 633/1972, per la tratta italiana
    • non soggetto, articolo 7-quater, lettera b), del Dpr n. 633/1972, per la tratta estera
    • che esegue un volo che non tocca lo spazio aereo italiano: nessun obbligo in capo all’impresa italiana;
  • Vettore estero di altro Paese Ue, dotato o meno di partita Iva italiana: come punto precedente, ma numerazione e integrazione fattura estera;
  • Vettore estero (Ue o extra Ue), che opera nei confronti di consumatori finali italiani: deve essere dotato di partita Iva italiana e deve adempiere agli obblighi Iva italiani (al pari dei vettori nazionali o dei vettori esteri operanti tramite stabile organizzazione italiana).

Alla luce di quanto sopra, nel caso di trasferte di personale dipendente o di Amministratori o di Co.Co.Pro., al fine di evitare problemi fiscali in capo al datore di lavoro, sarebbe opportuno adottare la soluzione dell’acquisto del biglietto direttamente da parte del lavoratore dipendente (con pagamento eseguito dallo stesso con i propri mezzi finanziari), con inserimento del medesimo nell’ambito dei rimborsi spese.
Tale soluzione consente al datore di lavoro di restare estraneo alla gestione Iva di tali biglietti. Se il pagamento venisse eseguito con carta di credito del datore di lavoro, è da ritenere che si ricada nell’ambito dell’acquisto del trasporto da parte dell’impresa.

 

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26/09/2019 - 15:51

Aggiornato il: 26/09/2019 - 15:51

4.5.3 - Servizi di condivisione mezzi di trasporto


Sono sempre più diffusi i casi di piattaforme informatiche che mettono in contatto:

  • soggetti (persone fisiche o giuridiche, svolgenti o meno attività d’impresa) che hanno necessità di trasportare dei beni e soggetti (persone fisiche o giuridiche, svolgenti attività d’impresa) che dispongono di idonei mezzi di trasporto. Il contratto di trasporto viene stipulato tra tali soggetti; la piattaforma incassa il corrispettivo del trasporto, trattiene il corrispettivo spettante per il proprio servizio e trasferisce al vettore il netto ricavo. Si tratta del cd. truck sharing (Ad esempio: VAHGO)
  • soggetti consumatori finali dotati di autovettura che intendono svolgere un determinato percorso in qualità di conducenti e che desiderano condividere le spese con un altro passeggero consumatore finale. Le piattaforme in argomento, prevedono un corrispettivo periodico (abbonamento) oltre ad eventuali commissioni. Si tratta del cd. car pooling (ad esempio: BlaBlaCar, operante in 22 Paesi; con 75 milioni di utenti è la più utilizzata al mondo; Roadsharing, YouTrip).

Si sono parimenti sviluppate piattaforme che consentono ai soggetti che hanno necessità di utilizzare un’autovettura al fine di eseguire un determinato percorso (all’interno di una stessa città o tra località del territorio nazionale e/o estero) di prelevare tale autovettura dal luogo nel quale essa è dislocata (mediante geolocalizzazione), eseguire il percorso previsto, lasciandola in un luogo rientrante nel perimetro fissato dalla piattaforma, il tutto verso un determinato corrispettivo. Si tratta del cd. car sharing (ad esempio: CAR2GO, GuidaMi, Enjoy, Share’ngo );


TRUCK SHARING

Ottimizzazione della capacità di carico dei mezzi di trasporto, con simultanea riduzione del costo del trasporto.  

AI FINI IVA

L’articolo 7 del Regolamento UE 282/2011 (come modificato dal Regolamento n. 1042/2013), afferma che:
“I «servizi prestati tramite mezzi elettronici», di cui alla direttiva 2006/112/CE, comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione”.

In particolare, rientrano nell’ambito d’applicazione del paragrafo 1:
(….)
c) i servizi automaticamente generati da un computer attraverso Internet o una rete elettronica, in risposta a dati specifici immessi dal destinatario”.

Alla luce di quanto sopra esposto:

  • se il servizio viene svolto con una elevata automatizzazione e con un intervento umano minimo, sembrerebbe possibile inquadrare lo stesso nell’ambito dei servizi prestati tramite mezzi elettronici; a tali servizi tornerebbero applicabili le regole analizzate nell’ambito del Capitolo 4 - Aspetti fiscali del commercio elettronico di prodotti digitali,  al quale si rinvia
  • in caso contrario si applicano le regole nel seguito descritte.

Si osserva che riguardo alle piattaforme del tipo AIRBNB e BOOKING-COM, l’Agenzia delle Entrate nella risposta a Federalberghi ha negato che i servizi prestati dalle stesse potessero rientrare nell’ambito dei servizi prestati a mezzo mezzi elettronici. La questione è aperta.
La piattaforma, sulla base della conoscenza del suo concreto modo di operare, dovrebbe essere in grado di stabilire, anche a mezzo di interpello all’Agenzia delle Entrate, quali sono le regole applicabili.

Nel caso in cui il servizio reso dalla piattaforma non sia allocabile nell’ambito dei servizi prestati tramite mezzi elettronici, il medesimo rientra nell’ambito dei servizi generici di cui all’articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972.
Con la conseguenza che:

  • nel caso di addebito della commissione a vettore italiano, il gestore italiano della piattaforma deve emettere fattura elettronica con Iva;
  • nel caso di addebito della commissione a vettore di altro Paese Ue, il gestore italiano della piattaforma deve emettere fattura per operazione non soggetta articolo 7-ter,comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972 - inversione contabile, con presentazione del modello Intra servizi e con inserimento della stessa nell’esterometro, salvo che la fattura venga trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX;
  • nel caso di addebito della commissione a vettore di Paese extra Ue, il gestore italiano della piattaforma deve emettere fattura per operazione non soggetta articolo 7-ter,comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972, con inserimento della stessa nell’esterometro, salvo che la fattura venga trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX;

AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI
Le piattaforme tendono a qualificare il servizio reso come un prestazione che non rientra nell’ambito delle prestazioni di intermediazione.
Nelle condizioni contrattuali di una di queste piattaforme viene, infatti, affermato che:

“2.3 Resta inteso che X si limita a mettere a disposizione dei Mittenti la Piattaforma, integrata da una forma veloce di pagamento tramite PayPal e il sistema di moneta web messo a disposizione da Banca IntesaSanPaolo e non potrà in nessun caso interferire nella scelta di luoghi, tempi e modalità delle consegne pattuite tra gli Utenti tramite la Piattaforma. In considerazione di quanto precede, X non svolge alcun ruolo attivo tra gli Utenti, non svolgendo alcuna funzione di intermediario e/o agente e/o agenzia di somministrazione al lavoro e simili.”.

In conseguenza di tale qualificazione, il vettore nazionale che corrisponde la commissione (compensandola eventualmente con il credito al medesimo spettante per la commissione) non opera la ritenuta di cui all’articolo 25-bis del Dpr n. 600/1973.


CAR SHARING

Utilizzo di un’autovettura su prenotazione, con prelevamento della stessa dal parcheggio più vicino e con pagamento di un corrispettivo in funzione dell’effettivo utilizzo di tale mezzo di trasporto.

AI FINI IVA

Nel caso considerato il servizio reso dalla piattaforma non è certamente allocabile nell’ambito dei servizi prestati tramite mezzi elettronici, e ciò in quanto la piattaforma è solo uno strumento utile per stipulare il contratto, reperire il mezzo di trasporto e pagare il prezzo.
Il servizio in argomento, in assenza di chiarimenti in merito, sembrerebbe rientrare nell’ambito del servizio di noleggio (senza conducente).
Riguardo al profilo temporale, in linea generale, si tratta, di un noleggio a breve o a brevissimo termine.

In questo senso depone anche la Risposta a interpello n. 396 dell'8 ottobre 2019, riferita al "bike sharing":

L’articolo 56 della Direttiva 2006/112/CE afferma che:

  1. Il luogo delle prestazioni di servizi di noleggio a breve termine di un mezzo di trasporto è il luogo in cui il mezzo di trasporto è effettivamente messo a disposizione del destinatario.
  2. Ai fini del paragrafo 1 per “noleggio a breve termine” si intende il possesso o l’uso ininterrotto del mezzo di trasporto durante un periodo non superiore a trenta giorni e, per quanto riguarda i natanti, non superiore a novanta giorni.

L'articolo 7-quater del Dpr n. 633/1972, afferma che:
"In deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, si considerano effettuate nel territorio dello Stato:
(...)
e) le prestazioni di servizi di locazione, anche finanziaria, noleggio e simili, a breve termine, di mezzi di trasporto quando gli stessi sono messi a disposizione del destinatario nel territorio dello Stato e sempre che siano utilizzate all'interno del territorio della Comunità . Le medesime prestazioni si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando i mezzi di trasporto sono messi a disposizione del destinatario al di fuori del territorio della Comunità e sono utilizzati nel territorio dello Stato.".

Alla luce di quanto sopra esposto,

  • nel caso in cui il mezzo di trasporto è messo a disposizione del cliente (operatore economico o consumatore finale) in Italia, la società italiana di car sharing deve emettere fattura elettronica con Iva; se il cliente è un operatore economico o un consumatore finale estero occorre inserire la fattura nell’esterometro, salvo che la fattura venga trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX
  • nel caso in cui il mezzo di trasporto fosse messo a disposizione del cliente (operatore economico o consumatore finale) in altro Paese Ue, la società italiana di car sharing dovrebbe disporre di una posizione Iva in tale Paese, al fine di emettere fattura con l’Iva di tale Paese ed espletare gli altri adempimenti previsti
  • nel caso in cui il mezzo di trasporto fosse messo a disposizione del cliente (operatore economico o consumatore finale) in Paese extra Ue, occorre verificare cosa disponga la normativa del Paese considerato; ai fini dell’Iva italiana, stante il disposto dell’articolo 7-quater, lettera e), ultima parte, del Dpr n. 633/1972, la società italiana di car-sharing, per la parte di utilizzo effettuato in Italia, dovrebbe emettere fattura con Iva italiana.

Al fine di individuare il luogo di utilizzo, per i mezzi di trasporto in generale valgono i criteri  fissati nella C.M. 12 dicembre 1981, n. 42/12/1587 (ribaditi dalla circolare 2 novembre 2005, n. 47/E).
La Circolare 12 dicembre 1981, n. 42, afferma che: «Ad esempio, per quanto concerne l’uso dei mezzi di trasporto potrà essere rilevante redigere un apposito elenco in cui, per ciascun mezzo, siano riportati i dati riguardanti gli estremi del contratto di utilizzo, la durata, il relativo importo, nonché gli elementi di individuazione .... Relativamente all’elemento temporale, l’elenco di cui sopra dovrebbe contenere la specifica della destinazione e della durata di utilizzazione del bene o del mezzo sul territorio nazionale nell’accezione giuridica che ad esso viene data dalla normativa nazionale regolante lo specifico settore de trasporti.».

AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI

La Risoluzione del 28/09/2016 n. 83, riferita al trattamento dell’utilizzo del car sharing da parte di dipendenti in trasferta, afferma che:
“Per quanto concerne il servizio di Car Sharing, dall'esame della documentazione prodotta dalla società istante, a seguito di apposita richiesta da parte della scrivente, si rileva che la fattura emessa dalla Società di Car Sharing nei confronti del dipendente individua il destinatario della prestazione, il percorso effettuato, con indicazione del luogo di partenza e luogo di arrivo, la distanza percorsa nonché la durata ed, infine, l'importo dovuto. Tali informazioni, presenti nel documento rilasciato dalla società che fornisce il servizio, risultano idonei ad attestare l'effettivo spostamento dalla sede di lavoro e l'utilizzo del servizio da parte del dipendente, analogamente ai documenti provenienti dal vettore.
In ragione di tale puntuale documentazione, può ritenersi, ai fini in esame, che il servizio di Car Sharing rappresenti, soprattutto nelle aree urbane, una evoluzione dei tradizionali sistemi di mobilità considerati dall'art. 51 del TUIR, e conseguentemente, i rimborsi delle relative spese in favore dei dipendenti in trasferta nel territorio comunale, documentate nei modi indicati, possano essere ricondotti nella previsione esentativa di cui al comma 5 del medesimo art. 51.
Ad analoghe conclusioni si perviene anche nell'ipotesi in cui la società/datore di lavoro è intestataria della fattura emessa dalla società di Car Sharing ed al lavoratore è rimborsata la spesa sostenuta per l'utilizzo del veicolo (cd. "utilizzo incrociato"). “.

CAR POOLING

Riguardo alla possibilità o meno di classificare il servizio reso dalla piattaforma nell’ambito dei servizi prestati tramite mezzi elettronici,  vale quanto affermato in relazione al truck sharing:

  • se il servizio viene svolto con una elevata automatizzazione e con un intervento umano minimo, sembrerebbe possibile inquadrare lo stesso nell’ambito dei servizi prestati tramite mezzi elettronici; a tali servizi tornerebbero applicabili le regole analizzate nell’ambito del Capitolo 4 - Aspetti fiscali del commercio elettronico di prodotti digitali,  al quale si rinvia
  • in caso contrario si applicano le regole nel seguito descritte.

Sul piano pratico, sembra che gli operatori del settore abbiano adottato la prima soluzione.

Nel caso in cui il servizio reso dalla piattaforma, per le modalità con le quali viene svolto,  non fosse allocabile nell’ambito dei servizi prestati tramite mezzi elettronici, il medesimo rientrerebbe nell’ambito dei servizi generici, con la conseguenza che:

  • se il soggetto prestatore è un’impresa italiana, essa nel caso di addebito della commissione:
    • a consumatore finale italiano deve emettere fattura elettronica con applicazione dell’Iva, fornendo allo stesso anche una fattura analogica (cartacea o PDF)
    • a consumatore finale estero potrebbe emettere fattura analogica con applicazione dell’Iva, con inserimento nella stessa nell’esterometro, salvo che tale fattura venga trasmessa allo SDI con il codice destinatario XXXXXXX
  • se il soggetto prestatore è un soggetto passivo di altro Paese Ue (come nel caso di BlaBlacar, avente sede in Francia) e il committente è un consumatore finale italiano, ai fini dell’Iva italiana l’operazione si considera effettuata nel Paese Ue del prestatore; esso dovrebbe emettere fattura con applicazione dell’Iva francese (articolo 45 della Direttiva 2006/112/CE e articolo 7-ter, comma 1, lettera b, del Dpr n. 633/1972) o avvalersi della possibilità di non emettere fattura, come consentito anche in altri Paesi Ue (come la Francia)
  • se il soggetto prestatore è un soggetto passivo di Paese extra Ue, ai fini dell’Iva italiana l’operazione si considera effettuata all’estero; valgono le regole del Paese estero interessato.

 

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07/11/2019 - 09:37

Aggiornato il: 07/11/2019 - 09:37

4.5.4 - Servizi di formazione


L’articolo 54 della Direttiva 2006/112/CE afferma che:

  1. “Il luogo delle prestazioni di servizi relativi ad attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o affini, quali fiere ed esposizioni, ivi compresi i servizi prestati dall’organizzatore di tali attività, nonché i servizi accessori prestati a una persona che non è soggetto passivo è il luogo in cui tali attività si svolgono effettivamente.
  2. Il luogo delle prestazioni dei seguenti servizi a una persona che non è soggetto passivo è il luogo in cui le prestazioni sono materialmente eseguite:
    a) attività accessorie ai trasporti quali operazioni di carico, scarico, movimentazione e affini
    b) perizie e lavori relativi a beni mobili materiali.»”.

L’articolo 7-quinquies del Dpr n. 633/1972, nella formulazione in vigore dal 1° gennaio 2011, afferma che:

  1. “In deroga a quanto stabilito  dall'articolo 7-ter, comma 1:
  • le prestazioni di servizi relativi ad attività culturali,  artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, le prestazioni di servizi degli  organizzatori di dette attività, nonché le prestazioni di servizi  accessorie alle precedenti rese a committenti non soggetti passivi, si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando le  medesime attività sono ivi materialmente svolte. La disposizione del  periodo precedente si applica anche alle prestazioni di servizi per  l'accesso alle manifestazioni culturali, artistiche, sportive,  scientifiche, educative, ricreative e simili, nonché alle relative prestazioni accessorie
  • le prestazioni di servizi per l'accesso a manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, nonché le prestazioni di servizi accessorie connesse con l'accesso, rese a committenti soggetti passivi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando ivi si svolgono le manifestazioni stesse.».

La Risoluzione del 07/05/2012 n. 44 avente per oggetto l’individuazione del criterio territoriale riguardo ai servizi di formazione e di aggiornamento professionale,  afferma che:

"L’art. 44 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011, in vigore dal 1° luglio 2011, ha chiarito la natura dei servizi di formazione professionale. Tale disposizione ha, infatti, stabilito che i servizi di formazione o di riqualificazione professionale “comprendono le prestazioni didattiche direttamente relative ad un’attività commerciale o professionale, nonché le prestazioni didattiche per la formazione o l’aggiornamento professionale”.
(…)
In virtù della classificazione dei servizi di formazione nell’ambito delle prestazioni didattiche, il collegamento territoriale di detti servizi deve, infatti, essere coerentemente individuato secondo i criteri previsti dall’art. 7-quinquies del d.P.R. n. 633 del 1972 (“Territorialità – Disposizioni relative alle prestazioni di servizi culturali, artistici, sportivi, scientifici, educativi, ricreativi e simili”).
(…)"

Al fine di individuare il luogo di tassazione dei servizi di formazione e aggiornamento professionale, si deve, pertanto, distinguere tra i servizi resi nei confronti di committenti non soggetti passivi IVA (definiti anche come servizi “business to consumer” ovvero “B2C”) e quelli resi nei confronti di committenti soggetti passivi IVA (definiti anche come servizi “business to business” ovvero “B2B”), così come individuati dall’art. 7-ter, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972.
In particolare, mentre i servizi di formazione e aggiornamento professionali resi nei rapporti B2C - in applicazione del richiamato art. 7-quinquies, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 633 del 1972 - si considerano effettuati nel territorio dello Stato se ivi materialmente eseguiti, i medesimi servizi, se resi nei rapporti B2B, sono territorialmente rilevanti in Italia in applicazione del criterio di carattere generale previsto dall’art. 7-ter, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 633 del 1972 se il committente è stabilito in Italia; in caso contrario si considerano effettuati all'estero.

La Corte di Giustizia nella sentenza 13 marzo 2019, C-647/17, pronunciandosi in ordine ad un’attività di formazione nel settore della contabilità e della gestione aziendale, della durata di cinque giorni, erogata previa iscrizione e previo pagamento di un corrispettivo, ha sostenuto che:

  • Le prestazioni che consistono in un’attività formativa (come i seminari) che richiede una presenza fisica del soggetto passivo committente, rientrano nell’ambito delle “manifestazioni educative”
  • Tali manifestazioni sono da inquadrare nell’ambito dei “servizi di accesso” in quanto la caratteristica essenziale della prestazione resa consiste nel dare accesso alla manifestazione stessa
  • L’operazione, sotto il profilo dell’Iva, è unica essendo in presenza di due elementi “strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica inscindibile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso”.

Come autorevolmente affermato (Emanuele Greco, Accesso ai corsi di formazione con Iva del luogo dell’evento, Eutekne Info 14 marzo 2019), “Ulteriori elementi utili si rinvengono nelle conclusioni dell’Avvocato generale del 10 gennaio 2019, nelle quali si individuava quale caratteristica essenziale dei “servizi di accesso” il fatto che il corrispettivo sia pagato in cambio del “diritto di accedere ai locali in cui si svolge una manifestazione educativa”. Si dovrebbe, pertanto, ricadere nel criterio di territorialità di cui all’art. 53 della direttiva 2006/112/CE in tutti i casi in cui “l’organizzatore di una manifestazione gestisce il numero di persone legittimate ad accedere ed esige da soggetti passivi il pagamento di un corrispettivo per l’accesso”.

L’articolo 7 del Regolamento UE 282/2011 (come modificato dal Regolamento n. 1042/2013), afferma che:
“I «servizi prestati tramite mezzi elettronici», di cui alla direttiva 2006/112/CE, comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione”.

Secondo l’Allegato I al Regolamento UE n. 282/2011 e successive modifiche, in tale ambito rientrano:

  1. Tutte le forme di insegnamento a distanza automatizzato che funziona attraverso Internet o reti elettroniche analoghe e la cui fornitura richiede un intervento umano limitato o nullo, incluse le classi virtuali, ad eccezione dei casi in cui Internet o una rete elettronica analoga vengono utilizzati semplicemente come uno strumento di comunicazione tra il docente e lo studente
  2. libri di esercizi completati dagli studenti on line e corretti e valutati automaticamente, senza intervento umano.

Secondo l’articolo 7, paragrafo 3, del Regolamento Ue n. 282/2011, tale ambito NON rientrano:
I servizi di insegnamento, per i quali il contenuto del corso è fornito da un insegnante attraverso Internet o una rete elettronica, vale a dire mediante un collegamento remoto.

Riepilogando quanto sopra esposto, è possibile delineare il seguente schema di sintesi:

  • Prestazioni di formazione on line a elevata automatizzazione: sono considerate “servizi prestati tramite mezzi elettronici”. Tornano applicabili le regole esaminate nel Capitolo 4 - Aspetti fiscali del commercio elettronico di prodotti digitali,  al quale si rinvia
  • Altre prestazioni di formazione:
    • Prestazioni di formazione svolte a favore di uno specifico committente (formazione non aperta al pubblico):
      • Se si tratta di un soggetto passivo d’imposta (ad esempio: impresa): SERVIZIO GENERICO articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del Dpr n. 633/1972 – la prestazione si considera effettuata nel Paese del committente
      • Se si tratta di un soggetto NON passivo d’imposta (ad esempio: ente pubblico “puro” e cioè non identificato ai fini Iva): SERVIZIO EDUCATIVO articolo 7-quinquies, comma 1, lettera a),  del Dpr n. 633/1972 – La prestazione si considera effettuata nel Paese di materiale svolgimento della prestazione;
    • Prestazioni di formazione svolte previa iscrizione e pagamento di un corrispettivo (formazione aperta al pubblico): SERVIZIO DI ACCESSO articolo 7-quinquies, comma 1, lettera b), del Dpr n. 633/1972 - La prestazione si considera effettuata nel Paese di effettivo svolgimento della manifestazione.

Nel caso di corso di formazione eseguito da docente in collegamento remoto nei confronti di consumatori finali:

  • NON torna applicabile la norma sui servizi elettronici (espressamente esclusi da tale ambito dall’articolo 7 del Regolamento n. 282/2011, paragrafo 3, lettera j)
  • Torna applicabile l’articolo 7-quinquies del Dpr n. 633/1972 (trattandosi di corsi svolti nei confronti di consumatori finali)
  • Pur con qualche dubbio, é da ritenere che il luogo della materiale prestazione del servizio sia rappresentato dal luogo della presenza fisica del docente.  Questo è d’altra parte il criterio che consente di semplificare e di uniformare il trattamento fiscale dell’operazione: i discenti potrebbero essere dislocati in vari Paesi del mondo, rendendo oltremodo complessa la gestione fiscale dell’operazione.

 

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07/11/2019 - 09:41

Aggiornato il: 07/11/2019 - 09:41