2.3 - La responsabilità del produttore


Un ulteriore profilo di rischio del quale tenere conto è quello della responsabilità diretta del produttore per danni cagionati al consumatore che abbia acquistato un prodotto finito da un venditore eventualmente anche diverso dal produttore stesso (responsabilità prevista originariamente dalla Direttiva 374/1985/CE, attuata in Italia con Dpr 224/1988, confluito nel D.lgs. 206/2005, artt. 114 ss. Codice del consumo).

É innanzitutto utile sapere quando la suddette norme del Codice del consumo trovino applicazione (in altri Paesi dell’Unione europea vigono infatti altrettante norme che hanno recepito la medesima Direttiva): si tratta dei casi in cui è la legge italiana a dover regolare il rapporto sostanziale. Dispone in proposito il Regolamento CE/864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, il quale stabilisce (art. 5) che, nel caso di danno cagionato nel quadro di una responsabilità da prodotti, la legge applicabile è:
• la legge di tale Paese (art. 4, c. 2 richiamato dall’art. 5, c. 1) qualora il presunto responsabile e il danneggiato risiedano abitualmente nello stesso Paese al momento in cui il danno si verifica
 oppure, in subordine,
• la legge del Paese in cui il danneggiato risiedeva abitualmente quando si è verificato il danno, se il prodotto è stato commercializzato in tale Paese o, negli altri casi (art. 5, c. 1, lett. a)
• la legge del Paese in cui il prodotto è stato acquistato e commercializzato, se si tratta del medesimo Paese (art. 5, c. 1, lett. b)
oppure, in subordine  
• la legge del Paese in cui si è verificato il danno ed è stato commercializzato il prodotto, se si tratta del medesimo Paese (art. 5, c. 1, lett. c).
Qualora il collegamento non possa determinarsi alle luce delle regole di cui sopra, la legge applicabile sarà quella del luogo in cui è stato commesso il fatto illecito (art. 4, c.1)..
Si noti che la legge determinata in base alle suddette norme si applica anche se essa non è la legge di uno Stato membro (Regolamento 864/2007/CE, art. 3).

Tuttavia (art. 5, c.2):
• si applica la legge del Paese in cui il presunto responsabile risiede abitualmente, qualora tale persona non potesse ragionevolmente prevedere la commercializzazione del prodotto, o di un prodotto dello stesso tipo, nel Paese la cui legge è applicabile ai sensi delle lettere a, b e c dell’art. 5 c.1
• se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un Paese diverso da quello determinato ai sensi dell’art. 5 c.1, si applica la legge di questo altro Paese. Un tale collegamento potrebbe fondarsi, ad esempio, su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, il quale presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in questione.

Passo successivo è comprendere cosa si intende per “produttore” e per “prodotto”. Con il termine produttore ci si riferisce non solo al fabbricante del prodotto finito, ma anche al produttore di un suo componente o materia prima (art. 3, c. 1, lett. d Codice del consumo) e anche al soggetto, diverso dal fabbricante, che si presenti come produttore apponendo il proprio nome o marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla sua confezione. Con il termine prodotto ci si riferisce a ogni bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile o immobile (art. 115 c. 1 Codice del consumo) e, pertanto, anche se ha cessato, per effetto dell’incorporazione, di essere bene mobile (si pensi che vi è compresa l’elettricità).

A carico del produttore è prevista una responsabilità oggettiva in caso di prodotto difettoso, quale si considera il prodotto che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui (art. 117 Codice del consumo):
• modalità con cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite
• uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione a esso, si possono ragionevolmente prevedere
• il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.
Si consideri inoltre che:
• un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato, in qualunque tempo, messo in commercio
• un prodotto è difettoso se non offre la sicurezza garantita normalmente dagli altri esemplari della medesima serie.

La giurisprudenza ha quindi individuato quattro diverse categorie di insicurezza del prodotto:
1. insicurezza implicita nella ideazione o concezione del prodotto, ossia nella sua progettazione, se si tratta di prodotti dell’industria meccanica, o nella sua composizione chimica, se si tratta di prodotti dell’industria farmaceutica, alimentare ecc.. Ad esempio è stato ritenuto responsabile il produttore di viti metalliche (oltre che la fonderia che aveva fornito il materiale) per la rottura di una gru che ha comportato la morte di alcuni operai, a causa della scadente qualità del metallo con cui erano state fabbricate (Cass.civ. n. 1686/1980)
2. insicurezza manifestatasi nel processo di fabbricazione del prodotto. In tali casi il difetto può manifestarsi, a differenza del caso precedente, anche solo per alcuni esemplari
3. insicurezza manifestatasi nell’uso del prodotto da parte dell’utente
4. dannosità del prodotto in sé, indipendentemente da ogni vizio di progettazione o produzione e indipendentemente dalle sue modalità d’uso (è il caso dell’insetticida DDT o del farmaco Talidomide, dei quali furono scoperti effetti gravemente nocivi per la salute).

Il danneggiato è quindi tenuto a provare il difetto (o, meglio, l’insicurezza del prodotto secondo quanto sopra esposto e non un intrinseco vizio di progettazione o di fabbricazione), il danno subito e il nesso di causalità tra questi due (art. 120 Codice del consumo) ma non la colpa del produttore, che è dunque presunta.
Il produttore può evitare la suddetta responsabilità soltanto per mezzo delle prove liberatorie previste dalla legge, che illustriamo sinteticamente (art. 118 Codice del consumo):
• il prodotto non è stato fabbricato a scopo economico né nell’esercizio di un’attività professionale (causa, per la precisione, di esonero da responsabilità)
• prova del cosiddetto ”atto dell’autorità” (il difetto è dovuto al rispetto di norme imperative o provvedimenti vincolanti dei pubblici poteri)
• il danno è derivante dal fatto di un terzo, incluso lo stesso danneggiato. La prova di ciò può essere raggiunta anche per presunzioni
• non prevedibilità del danno nello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche del momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

Ricordiamo infine che i diritti del danneggiato si prescrivono, in caso di responsabilità del produttore, in 10 anni dalla messa in circolazione del prodotto o dalla sua importazione nell’Unione europea.
Il prodotto si considera messo in circolazione quando è consegnato all’acquirente o all’utilizzatore o a un ausiliario di questo anche in visione o in prova, quando sia stato consegnato al vettore o allo spedizioniere per l’invio all’acquirente o all’ausiliario, quando è utilizzato in occasione di una prestazione sanitaria, come chiarito dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 10 maggio 2001 in causa C 203/1999), ma il diritto al risarcimento si prescrive in 3 anni (sempre che non sia trascorso il periodo decennale) dal giorno in cui il danneggiato ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto del prodotto e dell’identità del responsabile (art. 126 Codice del consumo).

Occorre infine essere a conoscenza della normativa sul divieto di pratiche commerciali sleali. Informazioni su questo argomento sono contenute nella scheda dedicata.

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30/11/2017 - 17:54

Aggiornato il: 30/11/2017 - 17:54