2.2.8 - I contratti stipulati con i consumatori


Una disciplina particolare si applica ai contratti stipulati con il consumatore (si ricorda che tale termine indica qualsiasi persona fisica che agisca con finalità non riferibili all'attività commerciale, imprenditoriale o professionale eventualmente svolta - art. 2 D.lgs. 70/2003).

La legge applicabile e l’autorità giudiziaria competente
Si consideri che, nei contratti col consumatore, sia la legge applicabile al contratto internazionale (Regolamento CE/593/2008, art. 6) sia la determinazione dell’autorità giudiziaria competente a conoscere le eventuali controversie, sia nei contratti tra italiani (art. 33 D.lgs. 70/2003) sia nei contratti internazionali (Regolamento CE/44/2001, art. 16), dipende dal domicilio del consumatore.
Quanto alla legge applicabile, il Regolamento CE/593/2008 stabilisce che il contratto concluso da un consumatore con un’impresa (o altro “professionista”) sia disciplinato dalla legge del Paese ove il consumatore ha la propria residenza abituale; le parti possono scegliere una legge diversa, senza, tuttavia, privare il consumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni della legge del suo Paese alle quali non è consentito derogare contrattualmente. Le predette norme non si applicano ad alcuni particolari contratti, tra cui i contratti di fornitura di servizi che debbano essere forniti esclusivamente in un Paese diverso da quello del consumatore (art. 6).

Gli obblighi informativi
Poiché il contratto telematico è un contratto concluso a distanza, l’impresa è soggetta a particolari obblighi informativi, che si aggiungono a quelli già esposti. Prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, il consumatore deve ricevere, in tempo utile, le seguenti informazioni (art. 52 Codice del consumo):

  • identità dell’impresa e, in caso di contratti che prevedono il pagamento anticipato, l'indirizzo dell’impresa
  • caratteristiche essenziali del bene o del servizio
  • prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse e le imposte
  • spese di consegna
  • modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto
  • esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso, ai sensi dell'art. 55 c.2
  • modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio del diritto di recesso
  • costo dell'utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è calcolato su una base diversa dalla tariffa di base
  • durata della validità dell'offerta e del prezzo
  • durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi a esecuzione continuata o periodica.

Delle suddette informazioni il consumatore, salvo alcune eccezioni, deve ricevere conferma per iscritto o, a sua scelta, su altro supporto duraturo a sua disposizione e a lui accessibile, prima o al più tardi al momento dell’esecuzione del contratto. Entro tale termine e nelle stesse forme devono anche essere fornite al consumatore le seguenti informazioni (art. 53 Codice del consumo in recepimento della Direttiva 97/7/CE sui contratti a distanza):

  • condizioni e modalità di esercizio del diritto di recesso
  • indirizzo della sede dell’impresa a cui il consumatore può presentare reclami
  • indicazioni sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali esistenti
  • condizioni di recesso dal contratto in caso di durata indeterminata o superiore a un anno.

In proposito si consideri che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 15 luglio 2012 in causa C-49/11, ha chiarito che, quando le informazioni che si trovano sul sito Internet del venditore sono rese accessibili solamente attraverso un link comunicato al consumatore, tali informazioni non sono né “fornite” a tale consumatore né “ricevute” da quest’ultimo, come invece prescrive l’art. 5 c. 1 della Direttiva 97/7/CE. La Corte precisa, infatti, che un sito Internet non può essere considerato un «supporto duraturo» ai sensi del medesimo art. 5 c. 1, in quanto non garantisce al consumatore, analogamente a un supporto cartaceo, il possesso delle informazioni menzionate in tale disposizione per consentirgli di far valere, all’occorrenza, i suoi diritti.

Si consideri, inoltre che l'informazione sul diritto di recesso deve essere fornita nel corso della presentazione del prodotto o del servizio oggetto del contratto, compatibilmente con le particolari esigenze poste dalle caratteristiche dello strumento impiegato e dalle relative evoluzioni tecnologiche e deve essere anche fornita per iscritto, con le modalità previste sopra, non oltre il momento della consegna della merce.
In merito a questi obblighi si rimanda anche alla scheda dedicata scaricabile a fine paragrafo.

Le clausole vessatorie

Per quel che concerne le clausole vessatorie, secondo il Codice del consumo esse devono considerarsi nulle se contenute in contratti con i consumatori, a prescindere dal requisito della specifica approvazione scritta (paragrafo 2.2.5). Sebbene, il Codice del consumo faccia salve le clausole oggetto di trattativa, pare in concreto improbabile che una effettiva trattativa possa intervenire nei contratti telematici conclusi mediante la tecnica del point and click, quindi l’impresa che commercia per via elettronica con i consumatori deve avere presente l’invalidità di questo tipo di clausole.

Si considerano vessatorie, e quindi nulle, a prescindere dalla loro doppia sottoscrizione, le clausole che, malgrado la buona fede, determinano, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Innanzitutto si consideri che sono comunque nulle, anche se hanno costituito oggetto di trattativa, le clausole che abbiano per oggetto o per effetto di (articolo 36 Codice del consumo):

  • escludere o limitare la responsabilità dell’impresa in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione dell’impresa
  • escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti dell’impresa o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte dell’impresa
  • prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Questa è ipotesi piuttosto frequente nei contratti on line: molto spesso infatti le condizioni generali sono riportate in finestre di dialogo diverse da quella in cui si dichiara di accettarle, la cui presa visione, tramite link, risulta quindi opzionale e potrebbe dunque anche essere successiva alla conclusione del contratto; altre volte si rinviene un mero richiamo alle condizioni contrattuali senza che nemmeno compaia un link che permetta di accedervi, con onere quindi del consumatore di ricercare dette condizioni su tutto il sito web, talvolta senza successo. In ciò si constata una notevole differenza con il B2B, dato che in tale contesto, come già esposto al paragrafo 2.2.6, la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente, ai fini della conoscibilità delle condizioni generali, il fatto che sul sito Internet dell’impresa venisse dato risalto al richiamo e la postazione contenente la clausola richiamata fosse accessibile mediante il relativo link
La nullità di queste clausole opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.
Si presumono vessatorie, inoltre, fino a prova contraria, le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di (articolo 33 Codice del consumo):

  • escludere o limitare il diritto del consumatore di compensare i propri debiti nei confronti dell’impresa con crediti nei confronti di quest'ultima
  • prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione dell’impresa è subordinata a una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà
  • consentire all’impresa di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dall’impresa il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere
  • imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo
  • riconoscere solo all’impresa e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire all’impresa di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia l’impresa a recedere dal contratto
  • consentire all’impresa di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa
  • stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione
  • consentire all’impresa di modificare unilateralmente le clausole del contratto ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso (sono diffusi on line i casi in cui il gestore di un sito, ad esempio, si riserva questo diritto, indicando soltanto motivazioni generiche)
  • stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi non venga determinato sino al momento della consegna o della prestazione
  • consentire all’impresa di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto
  • riservare all’impresa il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto
  • limitare la responsabilità dell’impresa rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari (ad esempio agenti) o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità
  • limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore (cioè impedire o limitare la facoltà del consumatore di non adempiere alle proprie obbligazioni, ad esempio di pagamento, fintantoché l’impresa non ha adempiuto o offerto di adempiere alle proprie obbligazioni)
  • consentire all’impresa di sostituire un terzo a sé nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo
  • sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi (esempi di queste clausole sono già stati forniti nel paragrafo 2.2.6 in tema di condizioni generali ai sensi dell’art. 1341 del Codice civile)
  • stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore
  • prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati a una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà dell’impresa a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore, salva comunque la nullità delle clausole meramente potestative (ossia le clausole che condizionano l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un dovere alla mera volontà di una delle parti, art. 1355 Codice civile)
  • imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dallo stesso Codice del consumo, di rivolgersi esclusivamente ad un'unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR
  • rendere eccessivamente difficile per il consumatore l'esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dallo stesso Codice del consumo.

La norma prevede poi una serie di regole specifiche peri servizi finanziari.
Il Codice del consumo (art. 34) prevede che la valutazione della vessatorietà di una clausola vada effettuata tenendo conto del contesto generale, ossia della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro contratto collegato o da cui dipende. Si noti che la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile. Si noti inoltre che non si considerano vessatorie le clausole che siano state oggetto di trattativa individuale ma che grava sull’impresa l’onere di provare che le clausole siano state oggetto di specifica trattativa con il consumatore. Inoltre, il Codice del consumo (art. 35) prevede che le clausole proposte al consumatore per iscritto debbano sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile e che, in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevalga l’interpretazione più favorevole al consumatore.
Si ricorda che le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 del Codice del consumo sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto (art. 36) e che è nulla anche la clausola contrattuale che, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l'effetto di privare il consumatore dei suoi diritti qui esposti, laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell'Unione europea.
Nonostante quanto sopra, si rileva di frequente, nei contratti on line, che le imprese, pur probabilmente consapevoli della nullità delle clausole di cui sopra, le impongano al consumatore, tuttavia le conseguenze possono essere assai gravose.

Infatti, al di là delle possibili azioni legali individualmente intraprese dai consumatori, le associazioni rappresentative dei consumatori possono convenire in giudizio l’impresa o l'associazione di imprese che utilizzano o che raccomandano l'utilizzo di condizioni generali di contratto abusive, richiedendo al giudice che ne inibisca l'uso, se del caso con provvedimento d’urgenza, ed il giudice può ordinare la pubblicazione dell’inibitoria in uno o più giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale (articolo 37 Codice del consumo).
È inoltre concessa tutela amministrativa contro le clausole vessatorie (articolo 37 bis Codice del consumo), per mezzo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale può applicare alle imprese sanzioni amministrativa pecuniaria fino a 20.000 euro e, qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, fino a 40.000 euro, sempre con pubblicazione del provvedimento sul sito internet dell'Autorità, sul sito dell'impresa che adotta la clausola ritenuta vessatoria e mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno in relazione all'esigenza di informare compiutamente i consumatori a cura e spese dell'impresa. In caso di inottemperanza a queste disposizioni, poi, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 50.000 euro. Si noti che le imprese hanno la possibilità di interpellare preventivamente l'Autorità in merito alla vessatorietà delle clausole che intendono utilizzare nei rapporti commerciali con i consumatori.
L’impresa che commercia per via elettronica con i consumatori deve, quindi, considerare che la previsione di clausole vessatorie nelle proprie condizioni contrattuali non solo rischia di essere inutile, in quanto tali clausole possono essere dichiarate invalide, ma la espone anche al rischio di subire un’azione giudiziale e l’applicazione di gravose sanzioni amministrative.

La piattaforma ODR: On-line dispute resolution

Si consideri infine che, in virtù del Regolamento UE 524/2013 relativo alla risoluzione delle controversie on line dei consumatori, che modifica il Regolamento CE 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (regolamento sull’ODR per i consumatori), è stato istituito un nuovo sito Internet multilingue, attivo dal 15 febbraio 2016 per la soluzione stragiudiziale delle controversie relative alle obbligazioni che derivano dai contratti di vendita e di prestazione di servizi on line tra un consumatore residente nell’Unione Europea e un’impresa (o altro “professionista”) stabilita nell’Unione Europea. La piattaforma ODR (“On line Dispute Resolution”) ha principalmente la funzione di mettere a disposizione un modulo di reclamo elettronico, che può essere compilato dalla parte ricorrente, di informare del reclamo la parte verso cui è rivolto, di individuare l’organismo o gli organismi ADR (organismi di risoluzione alternativa delle controversie, “Alternative Dispute Resolution”, ai sensi della direttiva 2013/11/UE) competenti e trasmettere il reclamo all’organismo ADR cui le parti hanno concordato di rivolgersi, di proporre uno strumento elettronico di gestione dei controversie, che consenta alle parti e all’organismo ADR di condurre on line la procedura di risoluzione della controversia mediante la piattaforma ODR.
Per ulteriori informazioni: https://ec.europa.eu/consumers/odr/main/index.cfm?event=main.home.chooseLanguage

 

Obblighi informativi precontrattuali rafforzati e diritto di recesso
Informazioni su questo argomento sono contenute nella presente scheda

L'azione di classe risarcitoria
Chi commercia tramite Internet rivolgendosi anche ai consumatori deve essere informato del fatto che, a partire dal 2009, anche in Italia è stata introdotta l’azione di classe risarcitoria (art. 49, L. 99/2009 e art. 140 bis D.lgs. 206/2005 Codice del consumo).
Informazioni su questo argomento sono contenute nella presente scheda

Altri adempimenti: la tutela della privacy
Informazioni su questo argomento sono contenute nella presente scheda

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30/11/2017 - 17:53

Aggiornato il: 30/11/2017 - 17:53