2.2.5 - La validità del contratto telematico


L’esistenza dei requisiti minimi richiesti dalla legge per l’esistenza di un contratto non è ancora sufficiente affinché questo possa considerarsi valido ed efficace. Tralasciando le particolari clausole del contratto che possono condizionarne l’efficacia o la risoluzione (le cosiddette condizioni sospensive o risolutive), ci occuperemo dei vizi idonei a rendere un contratto privo di effetti.

Nel nostro ordinamento esistono due diverse tipologie di vizi del contratto, che, con caratteristiche diverse, ne determinano la nullità o l’annullamento.

La nullità di un contratto determina il venir meno di tutti gli effetti da esso prodotti, come se lo stesso non fosse mai venuto ad esistenza e, salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere rilevata d'ufficio dal giudice e può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse senza limiti di tempo (salva però l’impossibilità di agire in giudizio per ottenere la restituzione di quanto indebitamento pagato, qualora sia decorso il termine decennale di prescrizione).
Le cause di nullità sono:

  • violazione di norme imperative (cioè poste a tutela di un interesse generale)
  • mancanza di uno dei requisiti essenziali del contratto (accordo, causa, oggetto, forma quando è richiesta dalla legge)
  • illiceità della causa o dei motivi (purché questi siano comuni a entrambi)
  • impossibilità, illiceità, indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto
  • tutti gli altri casi previsti dalla legge (art. 1418 Codice civile).

É possibile che sia nulla soltanto una parte del contratto: in tal caso la nullità travolge l’intero contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la clausola o le clausole colpite da nullità (art. 1419 Codice civile), salva la possibilità che singole clausole nulle siano sostituite di diritto da norme imperative (art. 1339 Codice civile).
In tema di validità del contratto è importante trattare delle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti, strumento molto utilizzato sui siti di e-commerce.

La legge stabilisce siano efficaci nei confronti dell'altro se, al momento della conclusione del contratto, questi le conosceva o avrebbe dovuto conoscerle qualora si fosse comportato con ordinaria diligenza (art. 1341, c.1 Codice civile). Con riferimento ai contratti telematici nel B2B, è stato ritenuto sufficiente, ai fini della conoscibilità delle condizioni generali, il fatto che sul sito Internet del venditore “venga dato risalto al richiamo e la postazione contenente la clausola richiamata sia accessibile mediante il relativo collegamento elettronico (link)” [Tribunale Catanzaro, ordinanza n. 18 del 30 aprile 2012, pubblicata su www.ilcaso.it]. In senso contrario, invece, si è autorevolmente pronunciata, con riferimento al B2C, la Corte di Giustizia dell’Unione europea con sentenza del 5 luglio 2012 in causa C-49/11.

Si consideri inoltre che le suddette condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti possono contenere alcune particolari clausole, dette vessatorie, che non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto (art. 1341, c. 2 Codice civile). Tale requisito è assolto, nel commercio tradizionale, dalla tipica seconda firma in calce al relativo richiamo.
La giurisprudenza ha precisato che tali clausole devono formare oggetto di una approvazione separata, specifica, autonoma e distinta dalla sottoscrizione delle altre condizioni del contratto, dato che l’obiettivo della norma è che venga richiamata l'attenzione del contraente sul significato di una determinata e specifica clausola a lui sfavorevole. Pertanto il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata di esse, sia pure sotto l'elencazione delle stesse secondo il numero d'ordine, non è ritenuta utile dalla giurisprudenza per determinare validità ed efficacia di quelle vessatorie.
Trattandosi di commercio elettronico, com’è possibile assolvere al requisito della specifica approvazione per iscritto? In tali casi la doppia sottoscrizione dovrà avvenire mediante l’apposizione della firma digitale, che, come si è detto, assolve per legge al requisito della forma scritta, mentre non è certo, allo stato, che altri strumenti di accettazione possano considerarsi sufficienti.

Le condizioni vessatorie

Sono considerate vessatorie le condizioni che stabiliscono, a favore di chi le ha predisposte:

  • limitazioni di responsabilità (quali le condizioni che spesso si trovano nelle clausole di garanzia). Per quanto riguarda il contratto di vendita, si consideri che una parte della giurisprudenza italiana considera infatti vessatoria, richiedendone quindi la specifica approvazione scritta (c.d. ‘doppia firma’) per la sua validità, la clausola che esclude o limita la garanzia per i vizi di cui all’articolo 1490 codice civile (Cass. 12759/1993; Cass. 4474/1988; v. anche Cass. 3418/1993, sentenza che si è pronunciata su di una clausola di rinuncia dell'azione di risoluzione da parte dell'acquirente) e così anche in caso di clausole che limitino la garanzia per vizi stabilita dall'art. 1490 c.c. a quella contrattuale di buon funzionamento (Cass. 4474/1988). Si rileva invero anche un diverso orientamento, secondo cui sarebbe valida la clausola di esclusione della garanzia per vizi del bene compravenduto, anche se non specificamente sottoscritta ai sensi dell'art. 1341 c.c. (App. Firenze 26 gennaio 2011, in Obbl. e Contr., 2011, 5, 387).
  • facoltà di recedere dal contratto (il recesso consiste nella possibilità di sciogliere unilateralmente il contratto, dunque senza il consenso della controparte)
  • facoltà di sospendere l'esecuzione del contratto (nei contratti telematici è tipico il caso in cui i gestori di siti internet sui quali si svolgono negoziazioni di vari prodotti si riservino, in determinate circostanze, di sospendere gli account dei clienti).

Sono inoltre considerate vessatorie le condizioni che sanciscono, a carico dell'altro contraente:

  • decadenze (ad esempio, sempre nelle clausole di garanzia, previsione di particolari termini per la denuncia di vizi di conformità)
  • limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (ad esempio le clausole che vietano di sospendere i pagamenti in presenza di inadempimenti nella fornitura)
  • restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi (ad esempio le clausole di non concorrenza, quale il divieto di vendere un certo bene sulla medesima piattaforma on line)
  • tacita proroga o rinnovazione del contratto (con riferimento, dunque, alla durata del contratto)
  • clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria (si tratta dei classici casi in cui si prevede che le controversie eventualmente derivanti dal contratto debbano essere decise tramite arbitrato oppure da un tribunale diverso da quello che sarebbe competente territorialmente. Si segnala che sul web si possono rinvenire clausole che prevedono l’intervento del gestore del sito Internet, il quale si riserva di svolgere indagini, potendo giungere talvolta anche a prelevare il denaro o eventuali crediti maturati dagli utenti del sito per trasferirli alla parte che ha subito l’inadempimento).

Da notare che il requisito della specifica approvazione scritta è assolto, secondo la giurisprudenza, soltanto allorché il richiamo sia effettivamente idoneo a consentire al contraente la specifica valutazione dell’onerosità delle clausole predisposte dall’altro. In particolare il riferimento non solo alle clausole onerose ma anche ad altre pattuizioni del testo contrattuale è considerato inidoneo tal fine (Cass. 12183/1991). E’ il caso del c.d. ‘richiamo cumulativo’, che ricorre quando la specifica approvazione viene riferita non solo alle clausole vessatorie ma anche ad altre pattuizioni contrattuali. Si ritiene configurato il richiamo cumulativo, sia quando esso è riferito a tutte le condizioni del contratto, sia quando sono indistintamente richiamate più clausole del contratto, di cui solo alcune siano vessatorie, dovendosi ritenere non garantita l'attenzione del contraente che subisce il contratto verso la clausola a lui sfavorevole, compresa fra le altre richiamate e quindi resa non facilmente conoscibile proprio perché confusa tra quelle (da ultimo Cass. 9492/2012).

Attenzione, quindi, che le clausole che maggiormente tutelano l’impresa, che a questo fine infatti le inserisce nelle proprie condizioni generali di contratto – pensiamo alla clausola di garanzia, potrebbero risultare inutili se non è assolto il requisito legislativo della ‘specifica approvazione scritta’, il che accade, ad esempio, in caso di richiamo cumulativo a tutte le clausole del contratto o comunque anche a clausole non vessatorie.

L’annullabilità del contratto
In caso di annullabilità, invece, il contratto può essere impugnato solo dalla parte nel cui interesse il diritto è previsto e, in caso di annullamento, gli effetti del contratto vengono meno sin dal momento della sua conclusione (fatti salvi i diritti dei terzi anteriori alla trascrizione della domanda di annullamento).

Il contratto è annullabile nei casi di:

  • incapacità di una delle parti a contrattare (ad esempio perché minorenne o incapace di intendere o di volere, art. 1425 Codice civile)
  • consenso dato per errore (se quest’ultimo è essenziale ed è riconoscibile dall'altro contraente, art. 1428 Codice civile)
  • consenso carpito con dolo (quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe prestato il suo consenso, art. 1439 Codice civile)
  • consenso estorto con violenza (intesa come minaccia o prospettazione di un male ingiusto, anche se esercitata da un terzo, art. 1434 codice civile).

Esempi di errori che, se riconoscibili dall’altro contraente (alla luce del contenuto del contratto, delle circostanze e delle qualità dei contraenti) ed essenziali, possono consentire l’annullamento sono [cfr. Galgano, Trattato di diritto civile, Padova 2010, p. 361]:

  • l’errore sulla natura o sull’oggetto del contratto, ad esempio la stipula di un contratto che si ritiene essere a titolo gratuito mentre poi è oneroso (ipotesi assai frequente su Internet); la stipula di un contratto di acquisto mentre si riteneva di stipulare un contratto di leasing; l’acquisto di titoli credendo che siano obbligazioni e invece sono azioni
  • l’errore sulle qualità dell’oggetto, ad esempio se si acquista un bene ritenendo che lo stesso abbia le caratteristiche che servono mentre invece non le possiede (si pensi al caso in cui una persona venda un cellulare credendo erroneamente che lo stesso non abbia una funzione che quella persona ritiene essenziale). É irrilevante l’errore sul valore: non si può ricorrere al giudice per porre rimedio a un cattivo affare. Si badi bene però che l’errore di calcolo non dà luogo ad annullamento, ma solo a rettifica, salvo che non si traduca in errore sulla quantità
  • l’errore sull’identità o sulle qualità dell’altro contraente, ipotesi rilevante soltanto per quei contratti ove risulta effettivamente determinante l’identità dei contraenti, considerato il rapporto fiduciario tra di essi intercorrente
  • a prescindere dagli errori di diritto (ignoranza di una legge o di un regolamento, come ad esempio nel caso di chi compra una villa ignorando il piano regolatore), che sono rilevanti soltanto qualora costituiscano la ragione esclusiva o principale del contratto, è altresì possibile che un contratto venga annullato nei casi in cui un soggetto dichiari qualcosa di diverso da ciò che vuole (ad esempio quando si dice di voler comprare a € 1.000, quando si vuole comprare a € 100).

Il dolo, invece, non è nient’altro che l’altrui induzione in errore (che può rivelarsi anche in comportamenti omissivi, tacendo, ad esempio, sui vizi di un bene). Pertanto, è necessario che tale errore abbia le caratteristiche sopra indicate. Un contratto è annullabile per dolo quando si vendono merci prive delle qualità menzionate sull’involucro o vantate dal venditore (ad esempio olio di oliva mentre in verità è di semi). Laddove non si riscontrino i raggiri si potrebbe ipotizzare una responsabilità contrattuale per inadempimento.

L'annullamento del contratto può essere richiesto solo dalla parte che ha subito i raggiri o la minaccia, oppure che è incorsa in errore, o che era incapace. Può inoltre essere richiesto:

  • solo entro cinque anni dal giorno in cui è stato scoperto l'errore o il dolo o è cessata la violenza, lo stato d'interdizione o d'inabilitazione, e l’eventuale minore ha raggiunto la maggiore età
  • quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso o da incapacità legale.

Negli altri casi, il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto. Oltre il termine di prescrizione, comunque, pur non essendo più possibile agire in giudizio per ottenere l’annullamento del contratto, è comunque possibile opporre l’annullabilità se chiamati in causa dall’altra parte per ottenere l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere (art. 1442 Codice civile).

 

Cosa accade se a concludere un contratto telematico è un minore, ad esempio utilizzando la carta di credito di un genitore?

Secondo alcuni interpreti tale contratto non sarebbe annullabile in quanto troverebbe applicazione la regola generale per cui il contratto non è annullabile se il minore ha con raggiri occultato la sua minore età (art. 1426 Codice civile). Secondo questa tesi, infatti, posto che la semplice dichiarazione fatta dal minore di essere maggiorenne non è di ostacolo all'impugnazione del contratto (art. 1426 Codice civile), l’utilizzo della carta di credito potrebbe essere sufficiente a integrare il requisito dei raggiri, quindi i genitori non potrebbero chiedere al giudice che annulli il contatto.
Secondo altra tesi, invece, che ci pare preferibile, si applicano al caso le norme in materia di rappresentanza, secondo cui il minore agisce come rappresentante dei genitori, soltanto però nel caso di contratti di modico valore. Diversamente – cioè nei casi in cui il contratto abbia un valore elevato – è invece onere di chi conclude il contratto accertarsi, con mezzi idonei, dell’identità e dell’età dell’altro contraente, pena l’annullabilità del contratto (art. 1389 Codice civile).

Il caso del contratto B2B

Anche nel B2B, cioè quanto chi conclude il contratto telematico è un’impresa (o altro “professionista”, ossia non un consumatore) si pongono i medesimi problemi del contratto concluso off line in relazione al potere di impegnare l’impresa acquirente, che, nella rapidità e informalità del commercio elettronico, non viene in genere accertato. A tale proposito si può sostenere che i dipendenti dell’impresa cliente ne siano dei procuratori (articolo 2209 codice civile), ossia soggetti che, in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa, pur non essendovi preposti. Si tratta infatti di ausiliari subordinati, di grado inferiore rispetto all’institore, in quanto, a differenza di quest’ultimo, non sono posti a capo dell'impresa o di un ramo di una sede secondaria, e non sono degli ausiliari con funzioni direttive, perché il loro potere decisionale è circoscritto a un determinato settore dell'impresa (ad esempio il direttore del settore acquisti, il dirigente del personale, il direttore del settore pubblicità). Altrimenti il dipendente potrebbe aver avuto dall’imprenditore una procura di fatto a trattare, inclusa la conclusione dei contratti, con i terzi, i quali potrebbero trovare tutela nel principio dell’apparenza, volto a tutelare l’affidamento dei terzi e quindi la certezza dei traffici commerciali. A parte quanto espressamente previsti dalla legge, uno dei casi nei quali si è fatta maggior applicazione del predetto principio generale è proprio quello della rappresentanza apparente, con riferimento alla quale la giurisprudenza ha voluto riconoscere una tutela più forte del terzo di buona fede (cioè, nel nostro caso, dell’esercente dell’attività di e-commerce), ritenendo che l’impresa acquirente non possa invocare la disciplina del falsus procurator senza ratifica, e quindi rimanga vincolata al contratto stipulato da chi non ne aveva i poteri qualora sia ravvisabile un comportamento di quest’ultimo che possa essere considerato doloso, colposo, commissivo o anche omissivo, tale da giustificare nel terzo la ragionevole convinzione che al rappresentante fosse stato effettivamente e validamente conferito il relativo potere.
Anche nel commercio elettronico, è quindi consigliabile accertare l’identità del cliente e, nel caso in cui si tratti di B2B, conviene che la persona che agisce abbia il potere di rappresentare l’impresa con cui si sta per concludere il contratto telematico.

Sul piano del commercio elettronico, altrettanto interessante è il discorso relativo ai vizi del consenso. Si pensi ad esempio a chi intenda acquistare un prodotto diverso da quello selezionato con un click. In tali casi occorrerà valutare caso per caso, considerato che, l’immediatezza tipica dei contratti telematici e l’oggettivizzazione dello scambio rendono evidentemente sottili i confini della riconoscibilità dell’errore.

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30/11/2017 - 17:39

Aggiornato il: 30/11/2017 - 17:39