L’esistenza dei requisiti minimi richiesti dalla legge per l’esistenza di un contratto non è ancora sufficiente affinché questo possa considerarsi valido ed efficace. Tralasciando le particolari clausole del contratto che possono condizionarne l’efficacia o la risoluzione (le cosiddette condizioni sospensive o risolutive), ci occuperemo dei vizi idonei a rendere un contratto privo di effetti.
Nel nostro ordinamento esistono due diverse tipologie di vizi del contratto, che, con caratteristiche diverse, ne determinano la nullità o l’annullamento.
La nullità di un contratto determina il venir meno di tutti gli effetti da esso prodotti, come se lo stesso non fosse mai venuto ad esistenza e, salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere rilevata d'ufficio dal giudice e può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse senza limiti di tempo (salva però l’impossibilità di agire in giudizio per ottenere la restituzione di quanto indebitamento pagato, qualora sia decorso il termine decennale di prescrizione). Le cause di nullità sono:
É possibile che sia nulla soltanto una parte del contratto: in tal caso la nullità travolge l’intero contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la clausola o le clausole colpite da nullità (art. 1419 Codice civile), salva la possibilità che singole clausole nulle siano sostituite di diritto da norme imperative (art. 1339 Codice civile). In tema di validità del contratto è importante trattare delle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti, strumento molto utilizzato sui siti di e-commerce.
La legge stabilisce siano efficaci nei confronti dell'altro se, al momento della conclusione del contratto, questi le conosceva o avrebbe dovuto conoscerle qualora si fosse comportato con ordinaria diligenza (art. 1341, c.1 Codice civile). Con riferimento ai contratti telematici nel B2B, è stato ritenuto sufficiente, ai fini della conoscibilità delle condizioni generali, il fatto che sul sito Internet del venditore “venga dato risalto al richiamo e la postazione contenente la clausola richiamata sia accessibile mediante il relativo collegamento elettronico (link)” [Tribunale Catanzaro, ordinanza n. 18 del 30 aprile 2012, pubblicata su www.ilcaso.it]. In senso contrario, invece, si è autorevolmente pronunciata, con riferimento al B2C, la Corte di Giustizia dell’Unione europea con sentenza del 5 luglio 2012 in causa C-49/11.
Si consideri inoltre che le suddette condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti possono contenere alcune particolari clausole, dette vessatorie, che non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto (art. 1341, c. 2 Codice civile). Tale requisito è assolto, nel commercio tradizionale, dalla tipica seconda firma in calce al relativo richiamo. La giurisprudenza ha precisato che tali clausole devono formare oggetto di una approvazione separata, specifica, autonoma e distinta dalla sottoscrizione delle altre condizioni del contratto, dato che l’obiettivo della norma è che venga richiamata l'attenzione del contraente sul significato di una determinata e specifica clausola a lui sfavorevole. Pertanto il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata di esse, sia pure sotto l'elencazione delle stesse secondo il numero d'ordine, non è ritenuta utile dalla giurisprudenza per determinare validità ed efficacia di quelle vessatorie. Trattandosi di commercio elettronico, com’è possibile assolvere al requisito della specifica approvazione per iscritto? In tali casi la doppia sottoscrizione dovrà avvenire mediante l’apposizione della firma digitale, che, come si è detto, assolve per legge al requisito della forma scritta, mentre non è certo, allo stato, che altri strumenti di accettazione possano considerarsi sufficienti.
Sono considerate vessatorie le condizioni che stabiliscono, a favore di chi le ha predisposte:
Sono inoltre considerate vessatorie le condizioni che sanciscono, a carico dell'altro contraente:
Da notare che il requisito della specifica approvazione scritta è assolto, secondo la giurisprudenza, soltanto allorché il richiamo sia effettivamente idoneo a consentire al contraente la specifica valutazione dell’onerosità delle clausole predisposte dall’altro. In particolare il riferimento non solo alle clausole onerose ma anche ad altre pattuizioni del testo contrattuale è considerato inidoneo tal fine (Cass. 12183/1991). E’ il caso del c.d. ‘richiamo cumulativo’, che ricorre quando la specifica approvazione viene riferita non solo alle clausole vessatorie ma anche ad altre pattuizioni contrattuali. Si ritiene configurato il richiamo cumulativo, sia quando esso è riferito a tutte le condizioni del contratto, sia quando sono indistintamente richiamate più clausole del contratto, di cui solo alcune siano vessatorie, dovendosi ritenere non garantita l'attenzione del contraente che subisce il contratto verso la clausola a lui sfavorevole, compresa fra le altre richiamate e quindi resa non facilmente conoscibile proprio perché confusa tra quelle (da ultimo Cass. 9492/2012).
Attenzione, quindi, che le clausole che maggiormente tutelano l’impresa, che a questo fine infatti le inserisce nelle proprie condizioni generali di contratto – pensiamo alla clausola di garanzia, potrebbero risultare inutili se non è assolto il requisito legislativo della ‘specifica approvazione scritta’, il che accade, ad esempio, in caso di richiamo cumulativo a tutte le clausole del contratto o comunque anche a clausole non vessatorie.
L’annullabilità del contratto In caso di annullabilità, invece, il contratto può essere impugnato solo dalla parte nel cui interesse il diritto è previsto e, in caso di annullamento, gli effetti del contratto vengono meno sin dal momento della sua conclusione (fatti salvi i diritti dei terzi anteriori alla trascrizione della domanda di annullamento).
Il contratto è annullabile nei casi di:
Esempi di errori che, se riconoscibili dall’altro contraente (alla luce del contenuto del contratto, delle circostanze e delle qualità dei contraenti) ed essenziali, possono consentire l’annullamento sono [cfr. Galgano, Trattato di diritto civile, Padova 2010, p. 361]:
Il dolo, invece, non è nient’altro che l’altrui induzione in errore (che può rivelarsi anche in comportamenti omissivi, tacendo, ad esempio, sui vizi di un bene). Pertanto, è necessario che tale errore abbia le caratteristiche sopra indicate. Un contratto è annullabile per dolo quando si vendono merci prive delle qualità menzionate sull’involucro o vantate dal venditore (ad esempio olio di oliva mentre in verità è di semi). Laddove non si riscontrino i raggiri si potrebbe ipotizzare una responsabilità contrattuale per inadempimento.
L'annullamento del contratto può essere richiesto solo dalla parte che ha subito i raggiri o la minaccia, oppure che è incorsa in errore, o che era incapace. Può inoltre essere richiesto:
Negli altri casi, il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto. Oltre il termine di prescrizione, comunque, pur non essendo più possibile agire in giudizio per ottenere l’annullamento del contratto, è comunque possibile opporre l’annullabilità se chiamati in causa dall’altra parte per ottenere l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere (art. 1442 Codice civile).
Sul piano del commercio elettronico, altrettanto interessante è il discorso relativo ai vizi del consenso. Si pensi ad esempio a chi intenda acquistare un prodotto diverso da quello selezionato con un click. In tali casi occorrerà valutare caso per caso, considerato che, l’immediatezza tipica dei contratti telematici e l’oggettivizzazione dello scambio rendono evidentemente sottili i confini della riconoscibilità dell’errore.