5.3 - La scelta delle forme sociali


Per scegliere la veste giuridica più adeguata alle nostre esigenze, dobbiamo infatti chiederci se:

  • L’attività che stiamo per avviare si configura come «impresa»;
  • Perseguiamo uno «scopo di lucro» (realizzare un profitto) o un «fine mutualistico» (ottenere altri vantaggi di carattere patrimoniale, come risparmi di spesa, salari più alti ecc.);
  • L’attività ha natura «commerciale» (ai sensi del codice civile), agricola o artigiana;
  • Vogliamo condurre l’attività in forma individuale (eventualmente con la collaborazione dei familiari) o collettiva (cioè tramite una società).

Quando avviare una società di persone

Di norma chi intende intraprendere in forma associata una piccola attività (per esempio un bar, un negozio, un’officina, ecc.) sceglie una forma giuridica che rientra nell’ambito delle società di persone, e cioè:

• la Società in nome collettivo: costituisce la soluzione normale quando tutti i soci partecipano all’impresa;
• la Società in accomandita semplice: consente di distinguere eventuali soci che non partecipano personalmente all’attività (sia ai fini della partecipazione alle decisioni gestionali, sia ai fini della responsabilità patrimoniale).

Spesso la Società in accomandita semplice viene scelta come alternativa all’Impresa familiare (soprattutto da quando è stata impedita a quest’ultima la ripartizione in parti uguali del reddito imponibile): ciò vale soprattutto nel caso che un parente (il genitore, il coniuge, ecc.) sia comproprietario dell’azienda e non partecipi all’attività.

La S.a.s. tuttavia non riguarda solo i rapporti con familiari, ma anche con estranei: in questo caso gli accomandanti sono generalmente i finanziatori dell’impresa (anzi all’origine la S.a.s. era nata proprio per questo scopo: il nobile, che per «decoro» non poteva lavorare, conferiva un capitale al mercante, che gestiva l’impresa. Il nome di questo istituto era «commenda»).

Se poi l’imprenditore vuole ottenere finanziamenti da un privato senza «portarselo in casa» può ricorrere al contratto di Associazione in partecipazione (vedi par. seguente).

La S.a.s. da alcuni anni a questa parte viene anche utilizzata per impiegare persone come «dipendenti di fatto», risparmiando i costi e gli oneri previdenziali previsti per i dipendenti a tutti gli effetti: a tal fine i soci in accomandita, anziché assumere regolarmente una persona la fanno entrare in società come socio «accomandante d’opera», che conferisce il proprio lavoro invece del capitale. Questa soluzione va utilizzata con estrema cautela, potendo debordare da un lato nel rapporto di lavoro subordinato e dall’altro in rapporto di fatto di Società in nome collettivo, in entrambi i casi con conseguenze molto sgradevoli.

Quando avviare una società di capitali

Quanto alle società di capitali, è evidente che si tratta di forme sociali riservate ad una limitata percentuale di imprese con dimensioni superiori alla media.1

Come sopra accennato, nel caso di imprese medio-grandi la scelta è ristretta:
• alle Società per azioni, che richiedono un impegno economico minore che in passato ma non ancora alla portata di tutti (dal 25.6.2014 devono avere un capitale sociale di almeno 50.000 euro, contro i 120.000 richiesti in precedenza), e
• alle Società in accomandita per azioni (poco diffuse nel nostro Paese).

Supponiamo che alla grande maggioranza dei nostri lettori non interessi aprire una S.p.a. o una S.a.p.a., per cui non ne faremo ulteriormente cenno in questa sede.

L’unica forma di società di capitali che si riscontri con relativa frequenza – soprattutto nel caso di imprese medio-piccole o medie – è la Società a responsabilità limitata.

L’utilità di ricorrere a questa forma sociale è legata sostanzialmente:
• alla limitazione di responsabilità (anche se in caso di contratti impegnativi qualunque operatore accorto richiede una serie di garanzie, personali e non, che finiscono per rendere meno significativa questa limitazione);
• alla maggior formalizzazione dei rapporti tra i soci e con i terzi, che consente una gestione adeguata nel momento in cui il capitale impegnato supera una certa soglia.

L’importo minimo richiesto per il capitale delle S.r.l., pari di norma a 10.000 euro, è relativamente basso e non costituisce certo un punto di riferimento per la soglia di cui parliamo, che comunque va individuata in concreto volta per volta con l’aiuto di un professionista di fiducia.

Due casi particolari sono costituiti:
• dalla S.r.l. unipersonale, che come sopra accennato consente anche ai singoli imprenditori – con aziende solitamente piccole o piccolissime – di avviare una società di capitali beneficiando della limitazione di responsabilità. Dal 1997, la possibilità di utilizzare la S.r.l. unipersonale è stata estesa anche agli artigiani; dal 2001 anche le S.r.l. pluripersonali sono iscrivibili, a certe condizioni, nell’Albo delle imprese artigiane;
• dalla S.r.l. semplificata, pensata per i neo-imprenditori senza limiti di età: per la costituzione occorre l’intervento del notaio ma vige l’esenzione dall’onorario notarile; le procedure sono ridotte ai minimi termini ed il capitale sociale è simbolico (1 euro). Si tratta comunque di una forma giuridica da considerare provvisoria nel caso in cui l’iniziativa imprenditoriale assuma dimensioni rilevanti.

Accade spesso, comunque, che in rapporto all’andamento dell’impresa e al mutare della normativa (specialmente quella fiscale) si abbiano trasformazioni da società di persone a società di capitali (soprattutto da S.n.c. a S.r.l.), e viceversa.


1Per le differenze tra imprese «micro», «piccole», «medie» e «grandi» secondo la classificazione statistica italiana v. capitolo 1; secondo la classificazione comunitaria, ai fini delle agevolazioni, vedi capitolo seguente.

Quando avviare una cooperativa

In generale, il ricorso alla forma cooperativa può essere utile soprattutto per accedere a determinate agevolazioni (v. in proposito cap. seguente).

Esistono tuttavia delle controindicazioni. Infatti alcune caratteristiche delle cooperative – l’elevato numero minimo di soci necessario per costituirle, ma anche le diverse limitazioni a cui sono sottoposte – le rendono poco compatibili con diverse attività di servizi (ad esempio un’agenzia pubblicitaria) e con le attività tradizionali di intermediazione (ad esempio il piccolo commercio al dettaglio): quindi è abbastanza improbabile che chi vuole esercitare queste attività opti per questa soluzione.

Piuttosto può accadere che una cooperativa già esistente per altri motivi aggiunga alla propria attività anche quella commerciale: ad esempio una cooperativa per la trasformazione dei prodotti agricoli (vino, olio, ecc.) può decidere di commerciare beni diversi da quelli derivanti dalla propria attività (dolci, formaggi, salumi, ecc.).

Questa forma societaria è, invece, particolarmente indicata per tutte le attività «non profit» o di particolare rilevanza sociale (es. assistenza anziani e soggetti svantaggiati in genere).

Con quale veste giuridica si può esercitare l’impresa artigiana?

L’impresa artigiana può essere esercitata sia da soli che in società. In quest’ultimo caso le forme giuridiche ammesse sono le seguenti:

• S.n.c.: questa forma sociale è la più usata per l’artigianato, e richiede che la maggioranza dei soci (o almeno uno nel caso di due soci) partecipi personalmente all’attività;
• S.a.s.: in tal caso è richiesta la partecipazione personale della maggioranza dei soci accomandatari;
• S.r.l.: in tal caso sono richiesti requisiti diversi per le S.r.l. unipersonali e per quelle ordinarie;1
• Cooperativa;
• Consorzio.

In ogni caso, l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.


1 Nelle S.r.l. unipersonali il socio unico deve partecipare personalmente all’attività; in quelle ordinarie la maggioranza dei soci deve partecipare personalmente all’attività (nel caso di due soci almeno uno), ma si richiede anche che i soci partecipanti detengano la maggioranza negli organi deliberativi ed amministrativi.

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09/11/2015 - 14:20

Aggiornato il: 09/11/2015 - 14:20